Perché non possiamo non dirci "cristiani": differenze tra le versioni

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L'opera quindi pur essendo stata scritta di getto fu meticolosamente riveduta e corretta, testimonianza questa dell'importanza che Croce attrubuiva a questo piccolo scritto a cominciare dal titolo che non a caso segnava tra virgolette il termine "cristiani" volendo indicare un significato diverso da quello comunemente adottato per la parola: fin dall'inizio cioè Croce voleva indicare la particolare prospettiva che assumeva nella sua analisi il fenomeno del cristianesimo.
 
Nel 1942 la Chiesa cattolica incominciava a rendere esplicito il suo dissenso dal regime fascista che reagiva con una violenta campagna di stampa che investì anche Croce fatto scherno dal [[Ministero dell'Educazione Nazionale|ministro dell'Educazione Nazionale]], Giuseppe Bottai che alludeva ironicamente all'operetta crociana con un articolo intitolato ''Benedetto Croce rincristianito per dispetto'' <ref>Ruggiero Romano, ''Paese Italia: venti secoli di identità'', Donzelli Editore, 1997 p.3</ref>

==La rivoluzione cristiana==
In vero Croce non aveva abbandonato la sua convinzione laica né si schierava a difesa della Chiesa romana ma semplicemente osservava come «con l'appello alla storia non possiamo non riconoscersi e non dirci cristiani». La storia dimostrava cioè che era stato il successo storico del Cristianesimo più che il suo messaggio religioso a imporsi nelle coscienze.<ref>Rocco Pezzimenti, ''Politica e religione: la secolarizzazione nella modernità'', Città Nuova, 2004, p.229</ref>
Scrive Croce:
{{Quote|Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuta:...}}
Volenti o nolenti dunque noi siamo gli eredi di una rivoluzione: termine che non a caso usa Croce volendo significare il carattere dirompente, e costruttivo assieme, che storicamente hanno operato tutte le rivoluzioni eche però «tutte le altre rivoluzioni... non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate». Non possono paragonarsi alla rivoluzione culturale cristiana né le «rivoluzioni» antiche, come quella del pensiero in Grecia e del diritto a Roma, né le rivoluzioni moderne che «non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana», sono «in relazione di dipendenza da lei».
 
La rivoluzione cristiana rappresenta un evento unico nella storia dell'umanità perché a differenza di tutte le altre essa «operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale»; «la sua legge attinse unicamente dalla voce interiore» e «la coscienza morale, all’apparire del cristianesimo, si avvivò, esultò e si travagliò in modi nuovi».
 
 
 
 
 
 
 
Non possono infatti paragonarsi alla rivoluzione culturale cristiana né le «rivoluzioni» antiche, come quella del pensiero in Grecia e del diritto a Roma, né le rivoluzioni moderne che «non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana», sono «in relazione di dipendenza da lei».
 
La rivoluzione cristiana rappresenta infatti un evento unico nella storia dell'umanità perché a differenza di tutte le altre essa «operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale»; «la sua legge attinse unicamente dalla voce interiore» e «la coscienza morale, all’apparire del cristianesimo, si avvivò, esultò e si travagliò in modi nuovi».
 
Quella cristiana è stata una rivoluzione «così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non maraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane». Ma la rivoluzione cristiana «non fu un miracolo», «perché lo spirito è sempre la pienezza di sé stesso».
 
==I filosofi e il Cristianesimo==
del quale non possiamo non dirci epigoni è non la religione ma la "rivoluzione" culturale, una rivoluzione «così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non maraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane». Croce vuole rivendicare la piena legittimità della filosofia nel proporre interpretazioni e letture di quanto il cristianesimo ha portato all'interno della tradizione culturale e filosofica dell’occidente.Il passo centrale dell’argomentazione crociana, infatti, consiste in una vigorosa polemica contro alcune pretese della chiesa cattolica. Dopo aver ricapitolato, in poche stringenti righe, duemila anni di storia del pensiero filosofico, Croce rileva come tutti i filosofi, dai medievali ai rinascimentali, dagli illuministi francesi ai vari Vico, Kant, Fichte, Hegel, siano stati, in modi diversi, influenzati dai concetti-chiave della religione cristiana e, pertanto, siano a essa debitori. Croce rivendica, per il filosofo e per la filosofia, la piena legittimità delle proprie interpretazioni del cristianesimo. Infatti, Croce ricorda:«questi (filosofi), e tutti gli altri come essi, che la chiesa di Roma, sollecita (come non poteva non essere) di proteggere il suo istituto e l'assetto che aveva dato ai suoi dommi nel concilio di Trento, doveva di conseguenza sconoscere e perseguitare e, in ultimo, condannare con tutta quanta l'età moderna in un suo sillabo, senza per altro essere in grado di contrapporre alla scienza, alla cultura e alla civiltà moderna del laicato un'altra e sua propria e vigorosa scienza, cultura e civiltà».Croce, quindi, sostiene che le novità introdotte dal cristianesimo in ambito filosofico sono state comprese e rese feconde proprio da quei filosofi laici che la chiesa ha perseguitato e condannato, mentre la stessa chiesa cattolica non è stata capace di mettere a frutto fino in fondo le potenzialità della «rivoluzione cristiana». Il motivo di questa incapacità della chiesa risiede nel fatto che essa ha, per necessario processo storico, trasformato l’originale e rivoluzionario messaggio cristiano in un deposito, cioè in un insieme fisso e intangibile di dottrine, mentre il cristianesimo, come tutti i grandi sistemi d
Quello spirito che presente in tutti i filosofi, dai medievali ai rinascimentali, dagli illuministi francesi ai vari Vico, Kant, Fichte, Hegel, li rese debitori dei valori del cristianesimo ma nello stesso tempo, legittimi interpreti di quella religione ne hanno diffuso i principi, proprio «questi, e tutti gli altri come essi, che la chiesa di Roma, sollecita (come non poteva non essere) di proteggere il suo istituto e l'assetto che aveva dato ai suoi dommi nel concilio di Trento, doveva di conseguenza sconoscere e perseguitare e, in ultimo, condannare con tutta quanta l'età moderna in un suo sillabo, senza per altro essere in grado di contrapporre alla scienza, alla cultura e alla civiltà moderna del laicato un'altra e sua propria e vigorosa scienza, cultura e civiltà».
Il primo motivo per cui «non possiamo non dirci cristiani» consiste nel fatto che «il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta». Non è certo indifferente che qui Croce ricorra al concetto di «rivoluzione», cioè a un concetto che ha un significato storiografico, e che vuole indicare una forte discontinuità nel processo storico. Infatti, spiega, «tutte le altre rivoluzioni non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate». Non sostengono il confronto né le «rivoluzioni» antiche, a cominciare dalla nascita della filosofia in Grecia e del diritto a Roma, né le rivoluzioni moderne: queste ultime, infatti, presuppongono la rivoluzione cristiana, «non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana», sono «in relazione di dipendenza da lei». Il motivo specifico per cui alla rivoluzione cristiana deve essere assegnato questo primato consiste nel fatto che essa, a differenza di tutte le altre, «operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale»; «la sua legge attinse unicamente dalla voce interiore»; e ancora: «la coscienza morale, all’apparire del cristianesimo, si avvivò, esultò e si travagliò in modi nuovi».
 
==Note==