Giuseppe Ferrari (filosofo): differenze tra le versioni

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Ferrari riconosce come unico fondamento della [[proprietà]] il [[lavoro]]: propone quindi un socialismo che, non strettamente in opposizione al [[liberalismo]], fosse fondato sul merito individuale e sul diritto di godere dei frutti del proprio lavoro. Più che con la nascente [[borghesia]], Ferrari si pone dunque in contrasto con i residui feudali ancora presenti in Italia, ed auspica uno sviluppo industriale ed una rivoluzione borghese.
 
Partecipa anche attivamente al dibattito [[risorgimento|risorgimentale]]: contrario all'unificazione della penisola, propone come obiettivo la formazione di una federazione di repubbliche, in modo da tutelare le particolarità e l'unicità delle singole regioni. Questo progetto doveva essere attuato attraverso un'insurrezione armata, aiutata dall'intervento francese. Lontano dalla maggioranza dei teorici risorgimentali (in particolare [[Giuseppe Mazzini]]), che credevano che l'Italia avesse una ''missione storica'', egli credeva -abbastanza pragmaticamente- che fosse necessario l'intervento di uno stato estero per sconfiggere gli eserciti organizzati dei diversi stati italiani.
 
L'opinione pubblica doveva essere preparata alla rivoluzione (che doveva avvenire spontaneamente e non guidata da un gruppo di cospiratori) da un partito di stampo [[democrazia|democratico]], [[Repubblica (forma statuale)|repubblica]]no, [[federalismo|federalista]] e [[socialismo|socialista]] (la questione sociale era infatti inscindibile da quella istituzionale). Il futuro stato federale sarebbe stato gestito da un'assemblea nazionale e da tante assemblee regionali.