Conventio ad excludendum: differenze tra le versioni

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Un altro tipo di ''conventio ad excludendum'', di segno opposto, nella politica nazionale italiana fu quello che escluse per decenni il [[Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale|M.S.I.]] non solo dall'accesso al governo, ma spesso anche da qualunque tipo di collaborazione o dialogo con le altre forze politiche, a causa del legame troppo stretto tra questo partito e il disciolto [[Partito Nazionale Fascista|Partito Fascista]]. In questo caso, il tacito accordo di esclusione era formalizzato dall'espressione [[arco costituzionale]], che includeva tutte le forze (P.C.I. compreso) che avevano partecipato alla [[Resistenza italiana|Resistenza]] [[antifascismo|antifascista]] ed alla stesura della [[Costituzione]], e teneva fuori i [[neofascismo|neofascisti]].
 
Legata, per certi versi, a quest'ultimo tipo di esclusione, c'è un'altra forma di ''conventio ad excludendum'', che si è presentata sotto le vesti di una ''conventio ad tacendum''. Riguarda in particolare quella che, durante il Ventennio, era conosciuta come ''la città del Duce'': [[Forlì]]. La sovraesposizione mediatica che la propaganda fascista le procurò allora venne controbilanciata per quasi un mezzo secolo, dopo la [[Seconda guerra mondiale]], con un'implicita ''conventio ad tacendum'': tutte le volte che non fosse proprio inevitabile citarla, Forlì non doveva essere nemmeno menzionata<ref>[http://digilander.libero.it/idea.ap/landi.htm M. Landi, ''Propaganda e antipropaganda. Il caso Forlì''].</ref>. Solamente con gli inizi del nuovo secolo, il XXI, il presupposto per cui parlare di Forlì sarebbe sintomo di nostalgie fasciste sta cominciando a cadere.
==Note==
<references />