Palazzo Bonet: differenze tra le versioni
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'''Palazzo Bonet''' è un palazzo [[quattrocento|quattrocentesco]] di [[Palermo]] sito nel quartiere storico della [[Kalsa]] o ''Mandamento Tribunali''.
==Storia==
L'edificio venne edificato dalla famiglia Bonet, famiglia originaria della [[Catalogna]] che ricopriva cariche politiche e militari a Palermo. Gaspare Bonet negli anni 80 del [[XV secolo]] decide la costruzione di un proprio palazzo, l'area scelta veniva chiamata della ''Guzzetta'' e si trovava all'interno del mercato dei [[Lattarini]]. La data esatta di inizio dei lavori di costruzione non è nota, ma si ipotizza intorno al [[1485]], l'unico documento che ci aiuta a datare il cantiere è il contratto stipulato nell'aprile del [[1488]] con lo scultore Andrea Mancino, appartenente alla scuola di [[Domenico Gagini]], il contratto prevedeva il taglio dei materiali su pietra e marmo. Si ipotizza che il completamento dell'edificio sia avvenuto nei primi anni 90 del quattrocento, infatti nel [[1490]] Francesco Abatellis richiedeva, per il suo palazzo, opere marmoree simili a quelle di Palazzo Bonet.
Negli anni Ottanta del XV secolo Gaspare Bonet, ricco mercante catalano, decide di far realizzare la sua domus magna nella contrada della Guzzetta, poi quartiere dei Lattarini. Non conosciamo la data esatta dell’inizio della costruzione e, purtroppo, non è stato trovato il capitolato d’appalto; tuttavia, dai documenti rinvenuti, abbiamo certezza che nel 1488 i lavori erano già in corso. I documenti non ci danno altresì elementi utili a comprendere in che modo siano stati accorpati fra loro più edifici preesistenti; il cantiere di restauro ci aiuta a ritenere che diversificati corpi di case vennero acquisite ed accorpate, di cui rimasero superstiti quegli elementi ritenuti di pregio, quali i portali ancora rintracciabili nel corpo orientale del palazzo. ▼
Riguardo alla matrice tipologica, il palazzo Bonet annovera proprio le costanti “peculiari” dei palazzi quattrocenteschi: l’edificio si presenta come un blocco compatto i cui limiti spaziali sono sottolineati da cantonali in pietra viva; i merli di coronamento, la torre e la colonna con lo stemma araldico angolari costituiscono elementi diffusi e dall’unico significato, quello cioè di significare l’affermazione e il prestigio del proprietario e del suo casato. Il Villabianca citando nel suo Diario e nei suoi Opuscoli palermitani i palazzi e le chiese ancora caratterizzati –all’epoca della stesura dei suoi manoscritti- da merli, torri angolari e colonne alzate nelle cantonate, annoverava anche il convento di S. Anna la Misericordia, dal momento che l’antico nucleo di casa Bonet era già stato inglobato nella fabbrica monastica ▼
Il piano terra presenta allo stato attuale sulla piazza e su strada aperture rettangolari caratterizzate da cornici e delicate decorazioni scultoree che testimoniano la continua presenza degli scalpellini e dei maestri lapicidi per tutta la durata del cantiere ; queste illuminavano dall’alto i locali adibiti a magazzini, stalle e cucine; tali finestre sostituirono presumibilmente originarie feritoie o piccole monofore trecentesche. Rileviamo come se in termini di impianto e caratteri tipologici la fabbrica testimonia uniformità a modelli precostituiti ed iterati, nel campo della decorazione si rintracciano invece elementi differenti ed originali, indici di quell’eclettismo e delle diverse matrici culturali appannaggio di maestranze operanti nei cantieri pubblici e privati. ▼
Il cortile centrale, dalla forma pseudo quadrangolare, si qualifica alla stregua di spazio interno determinante sia dal punto di vista distributivo che funzionale; ad esso si accede per mezzo di un andito e di un loggiato, quasi a voler segnalare il passaggio dall’esterno al cuore della casa in modo progressivo e filtrato: dal buio dell’androne alla penombra del porticato. Non è dato con precisione ubicare la sede della scala, giacché non è stata trovata alcuna traccia; l’ipotesi della presenza di una scala escuberta alla catalana viene in parte confutata dal mancato ritrovamento nel cortile di strutture fondali di tale collegamento verticale, anche se ciò appare anomalo perché elemento tipico dell’architettura palaziale del periodo risulta il sistema patio-loggia-scala-salone di rappresentanza. La loggia è contrassegnata da tre archi acuti impostati su pilastri ottagoni; riteniamo utile sottolineare come l’utilizzo dell’arco acuto avvicini la fabbrica più alla corrente lombarda goticheggiante che a quella catalana. L’arco depresso, utilizzato già a palazzo Speciale e a palazzo Marchesi, qui non viene riproposto.▼
La pianta a “C” era come riferito chiusa nel lato libero dal muro di cinta di un giardino al quale si accedeva dal cortile; anche la presenza del giardino è per G. Bellafiore un elemento del lessico aragonese , rinvenuto anche nei palazzi napoletani e messinesi.▼
Il piano nobile risulta invece caratterizzato da ampi saloni e da grandi bifore, queste ultime in pietra di intaglio dalla perfetta stereotomia, con esile colonnina centrale in marmo di Carrara; le foglioline alla base della colonna sono analoghe al motivo decorativo delle colonne del cortile di Palazzo Abatellis, ad ulteriore dimostrazione della derivazione di esso dal modello di riferimento costituito proprio dal palazzo Bonet. ▼
Quanto ai principali caratteri costruttivi, le strutture murarie sono realizzate con calcarenite conchiliare dalla cromia grigio-beige (i banchi più antichi), in conci abbozzatamente squadrati messi in opera con poca malta, mentre per i cantonali, i portali, le mostre di finestre ed altre aperture, gli elementi modanati, si utilizzarono conci di intaglio e con lavorazioni accessorie, gli orizzontamenti di piano erano costituiti da solai a doppio ordito decorati all’intradosso da pitture policrome.▼
▲Secondo quanto riportato dal Verchiani, Ottavio Bonet donò il palazzo nel 1604 a Don Francesco Bologna; durante questo periodo riteniamo che la facies interna ed esterna dell’edificio restò immutata e che, invece, al possesso dei Bologna siano da attribuire la modifica delle bifore in grandi finestroni architravati, la decorazione dei solai lignei del piano nobile e, probabilmente, la prima mano di intonaco a rivestimento delle fronti in pietra a vista.
Nel [[1618]] l'edificio venne acquistato dall’attiguo convento di S. Maria della Misericordia, da questo momento iniziarono i lavori per adeguare l'edificio alle esigenze conventuali. Fra le modifiche degne di nota possono annoverarsi la realizzazione in copertura di un volume edilizio utile a costituire lo “stenditoio” del convento, caratterizzato da ampie archeggiature, la sopraelevazione della torre angolare convertita in campanile, l’eliminazione dei merli con l’abbassamento del solaio di copertura per ricavare una ulteriore elevazione; ancora, la chiusura delle grandi finestre in corrispondenza del piano nobile, sostituite da una serie di più piccole aperture, il tamponamento delle finestre a piano terra e l’apertura di porte di botteghe da concedere in affitto, oltre alla generale e diffusa frammentazione dei volumi interni, con l’introduzione di nuovi sistemi di divisori e di ulteriori orizzontamenti.
Dalla descrizione dei corpi di fabbrica, desumiamo quale fosse la configurazione della fronte principale (sull’attuale via S. Anna) a quel momento, infatti si parla di tre porte grandi che corrispondono cioè una per l’intrata di ditta casa, l’altra intra la vanella della Correria (attuale vicolo dei Corrieri) et l’altra de lo medesimo giardino che corrisponde in detta vanella vicino la chiesa . ▼
Con l’acquisizione di casa Bonet e del suo giardino i Padri francescani poterono mettere in pratica i loro grandiosi programmi: fu possibile realizzare, infatti, il refettorio e il chiostro. ▼
▲Fra le modifiche degne di nota possono annoverarsi la realizzazione in copertura di un volume edilizio utile a costituire lo “stenditoio” del convento, caratterizzato da ampie archeggiature, la sopraelevazione della torre angolare convertita in campanile, l’eliminazione dei merli con l’abbassamento del solaio di copertura per ricavare una ulteriore elevazione; ancora, la chiusura delle grandi finestre in corrispondenza del piano nobile, sostituite da una serie di più piccole aperture, il tamponamento delle finestre a piano terra e l’apertura di porte di botteghe da concedere in affitto, oltre alla generale e diffusa frammentazione dei volumi interni, con l’introduzione di nuovi sistemi di divisori e di ulteriori orizzontamenti.
Intorno alla metà del XVII secolo la costruzione del convento doveva essere già a buon punto, con il chiostro in fase di completamento, il grande scalone che avrebbe collegato la fabbrica conventuale al primigenio palazzo quasi ultimato. La percezione unitaria delle fronti, avvenne presumibilmente nel 1771, quando si decise di sopraelevare l’ala del convento sulla via S. Anna per realizzare un nuovo coro e nuovi dormitori per i frati; nell’ambito dell’unificazione funzionale dei due organismi architettonici, si inserisce la trasformazione della torre angolare del palazzo Bonet in campanile, così come ben documentato dalla pianta di Gaetano Lazzara del 1703.
Dalla fine del XVIII secolo, l’edificio fu interessato da massicci interventi di sostituzione di brani murari nelle parti basamentali, come si può osservare dall’analisi della pezzatura e della natura geologica dei conci, oltre che dalla presenza di fori aventi inclinazione verso l’esterno nello spessore murario che lascerebbero in questo modo supporre l’impiego di sistemi di puntellamento.
Il terremoto del marzo 1823 provocò gravi danni alla chiesa, tanto che il 27 luglio 1825 Francesco I autorizzava il convento ad ipotecare i beni di sua proprietà per la restaurazione delle fabbriche della chiesa del detto Convento . Circa eventuali danni al convento non si fa invece esplicito riferimento; tuttavia, la presenza di catene metalliche con testa filettata e piastre nervate in ghisa, di chiara matrice ottocentesca, farebbero ipotizzare consolidamenti eseguiti per fronteggiare i danni.
Al XIX secolo, epoca di grande crisi finanziaria per i Francescani, dovrebbe risalire la creazione del piano ammezzato, che parcellizzava il corpo di fabbrica destinato un tempo ai locali di servizio del palazzo Bonet, per la realizzazione di appartamenti dapprima affittati e in seguito venduti a privati. Tutto ciò contribuì a determinare forti modifiche, soprattutto in facciata: si aprirono nuovi vani, si realizzarono balconi e sporti, senza alcuna regola di corrispondenza dei vuoti e senza alcun rispetto per la qualità estetica della preesistenza.
L’insediamento nel 1818 nell’edificio delle Regie Scuole Normali, attraverso contratto di locazione con i religiosi, provocò radicali cambiamenti dell’assetto distributivo, di cui l’elemento più evidente fu costituito da una scala a struttura voltata in mattoni pieni -ubicata nel corpo settentrionale- che collegava il cortile al primo piano. Come è noto, con Regio Decreto del 7 luglio 1866 che sanciva la soppressione degli Ordini religiosi, gli edifici conventuali e le chiese della città passarono allo Stato, ed il convento da allora in poi fu adibito a varie destinazioni d’uso. Dal 1870 il secondo piano di Palazzo Bonet diventò quartiere delle Guardie Daziarie Municipali e Ufficio Amministrativo dei Dazi Comunali e del Saggio del Gas; l’8 Gennaio 1872 l’Amministrazione per il Fondo di Culto cedeva e consegnava al Comune di Palermo i locali dell’ex convento e la Chiesa di S. Anna per destinarli ad uffici.
Alcuni ambienti di piano terra all’interno del chiostro furono riservati ai Bersaglieri Municipali-Guardie Daziarie. Risale invece 1878 l’utilizzo dei locali al primo piano quale sede del liceo classico Umberto I: tale circostanza determinò ulteriori e drastici cambiamenti nella distribuzione dei locali, sebbene gli stessi da tempo erano già stati destinati ad usi scolastici.
Nel 1898 il Comune commissionava all’ing. Pietro Giordano il rilievo dell’intero complesso conventuale, che rappresentò una istantanea delle fabbriche alla fine di quel secolo; in particolare, tale rilievo ha consentito di individuare la presenza dell’ex stenditoio del convento e della scala per accedervi, dimostrando come risultasse errata la datazione agli anni Cinquanta .
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Questi curati dall'Ufficio del Centro Storico si basavano su una progettazzione della Società ITALTER s.p.a.
Con l’amara consapevolezza dell’inadeguatezza delle indagini conoscitive preliminari al progetto effettuate, i lavori di restauro iniziarono nel 1996 avviando due fondamentali interventi: la dismissione dei recenti (anni 50)intonaci esterni, effettuata con le cautele del caso, e la demolizione delle evidenti superfetazioni non storicizzate che, oltre a compromettere la lettura dell’edificio, ne mutavano i comportamenti strutturali.
A dirigere i Lavori furono chiamati gli architetti Mario Li Castri e Carmelo Bustinto e l'ing. Giuseppe Letizia. L’attivazione del cantiere fece riscoprire anche il rifugio antiaereo –dimenticato- risalente al secondo conflitto mondiale, posto al di sotto della pavimentazione del chiostro e che le indagini geognostiche già redatte non avevano rilevato, provvedendo altresì ad una nuova campagna di saggi per ottenere una dettagliata conoscenza del terreno di fondazione, sia attraverso trivellazioni che tramite indagini soniche effettuate sulle murature. ▼
▲L’attivazione del cantiere fece riscoprire anche il rifugio antiaereo –dimenticato- risalente al secondo conflitto mondiale, posto al di sotto della pavimentazione del chiostro e che le indagini geognostiche già redatte non avevano rilevato, provvedendo altresì ad una nuova campagna di saggi per ottenere una dettagliata conoscenza del terreno di fondazione, sia attraverso trivellazioni che tramite indagini soniche effettuate sulle murature.
Soprattutto la dismissione degli intonaci e le indagini conoscitive sulle strutture murarie hanno consentito di riportare alla luce il partito architettonico di pregio appartenente all’antica facies della fabbrica rinascimentale.
Il “cantiere della conoscenza” si rivelò così una fase imprescindibile di collazione di dati utili per nuovo indirizzo progettuale da mettere in atto, ben differente da quello in precedenza appaltato; in particolare, tale mutato atteggiamento fu motivato anche dal ritrovamento di alcune porzioni dell’originario Palazzo Bonet, che sinteticamente enumeriamo:
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- con i depositi alluvionali, a partire dall’XI secolo circa, il bordo del porto interno si ritira progressivamente sino a scomparire, dando vita al piano della Guzzetta; si rendono così disponibili nuove aree edificabili ed i Bonet -giunti in città al seguito degli Aragonesi - acquistano case e terreni liberi per costruirvi la loro domus magna, accorpando le unità edilizie esistenti o per acquisto diretto o tramite la nota ed utilizzata Prammatica di Re Martino. Gran parte dell’area viene destinata a giardino proprio per la fertilità dei terreni alluvionali; il terreno coltivabile risultava perimetrato da due attraversamenti pubblici, il vicolo su cui i Francescani erigeranno nel ‘600 lo scalone e l’attuale bordo occidentale del chiostro che, anche dopo la realizzazione dello stesso, mantiene ancora oggi l’uso pubblico;
- la successiva evoluzione e trasformazione della fabbrica è nota attraverso i riscontri documentari e passa attraverso l’acquisizione del palazzo ai Francescani, con la trasformazione del viridario in chiostro, la saturazione del vicolo con lo scalone, la trasformazione della torre in campanile, la realizzazione della loggia stenditoio e le manomissioni ottocentesche precedentemente descritte ed enumerate.
[[Categoria:Palermo]]▼
==Architettura==
Nella prima metà del [[XV secolo]] si iniziano a seguire nuove influenze iberiche tardo-gotiche e temi rinascimentali, in particolare vediamo che alla tradizione locale vengono sovrapposte due differenti correnti, quella lombarda e quella catalana.
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▲Riguardo alla matrice tipologica, il palazzo Bonet annovera proprio le costanti “peculiari” dei palazzi quattrocenteschi: l’edificio si presenta come un blocco compatto i cui limiti spaziali sono sottolineati da cantonali in pietra viva; i merli di coronamento, la torre e la colonna con lo stemma araldico angolari costituiscono elementi diffusi e dall’unico significato, quello cioè di significare l’affermazione e il prestigio del proprietario e del suo casato.
▲Il piano terra presenta allo stato attuale sulla piazza e su strada aperture rettangolari caratterizzate da cornici e delicate decorazioni scultoree che testimoniano la continua presenza degli scalpellini e dei maestri lapicidi per tutta la durata del cantiere ; queste illuminavano dall’alto i locali adibiti a magazzini, stalle e cucine; tali finestre sostituirono presumibilmente originarie feritoie o piccole monofore trecentesche. Rileviamo come se in termini di impianto e caratteri tipologici la fabbrica testimonia uniformità a modelli precostituiti ed iterati, nel campo della decorazione si rintracciano invece elementi differenti ed originali, indici di quell’eclettismo e delle diverse matrici culturali appannaggio di maestranze operanti nei cantieri pubblici e privati.
▲Il cortile centrale, dalla forma pseudo quadrangolare, si qualifica alla stregua di spazio interno determinante sia dal punto di vista distributivo che funzionale; ad esso si accede per mezzo di un andito e di un loggiato, quasi a voler segnalare il passaggio dall’esterno al cuore della casa in modo progressivo e filtrato: dal buio dell’androne alla penombra del porticato. Non è dato con precisione ubicare la sede della scala, giacché non è stata trovata alcuna traccia; l’ipotesi della presenza di una scala escuberta alla catalana viene in parte confutata dal mancato ritrovamento nel cortile di strutture fondali di tale collegamento verticale, anche se ciò appare anomalo perché elemento tipico dell’architettura palaziale del periodo risulta il sistema patio-loggia-scala-salone di rappresentanza. La loggia è contrassegnata da tre archi acuti impostati su pilastri ottagoni; riteniamo utile sottolineare come l’utilizzo dell’arco acuto avvicini la fabbrica più alla corrente lombarda goticheggiante che a quella catalana. L’arco depresso, utilizzato già a palazzo Speciale e a palazzo Marchesi, qui non viene riproposto.
▲La pianta a “C” era come riferito chiusa nel lato libero dal muro di cinta di un giardino al quale si accedeva dal cortile; anche la presenza del giardino è per G. Bellafiore un elemento del lessico aragonese , rinvenuto anche nei palazzi napoletani e messinesi.
▲Il piano nobile risulta invece caratterizzato da ampi saloni e da grandi bifore, queste ultime in pietra di intaglio dalla perfetta stereotomia, con esile colonnina centrale in marmo di Carrara; le foglioline alla base della colonna sono analoghe al motivo decorativo delle colonne del cortile di Palazzo Abatellis, ad ulteriore dimostrazione della derivazione di esso dal modello di riferimento costituito proprio dal palazzo Bonet.
▲Quanto ai principali caratteri costruttivi, le strutture murarie sono realizzate con calcarenite conchiliare dalla cromia grigio-beige (i banchi più antichi), in conci abbozzatamente squadrati messi in opera con poca malta, mentre per i cantonali, i portali, le mostre di finestre ed altre aperture, gli elementi modanati, si utilizzarono conci di intaglio e con lavorazioni accessorie, gli orizzontamenti di piano erano costituiti da solai a doppio ordito decorati all’intradosso da pitture policrome.
▲Dalla descrizione dei corpi di fabbrica, desumiamo quale fosse la configurazione della fronte principale (sull’attuale via S. Anna) a quel momento, infatti si parla di tre porte grandi che corrispondono cioè una per l’intrata di ditta casa, l’altra intra la vanella della Correria (attuale vicolo dei Corrieri) et l’altra de lo medesimo giardino che corrisponde in detta vanella vicino la chiesa .
▲Con l’acquisizione di casa Bonet e del suo giardino i Padri francescani poterono mettere in pratica i loro grandiosi programmi: fu possibile realizzare, infatti, il refettorio e il chiostro.
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▲[[Categoria:Palazzi di Palermo]]
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