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Mentre a Napoli i rivoltosi ebbero come unica finalità la promulgazione della costituzione, a Torino l'insurrezione scoppiata nel gennaio 1821, accolse tensioni e inquietudini anti-austriache, già manifestatesi in quella città con i moti studenteschi soffocati nel sangue dalla polizia sabauda. Questi ultimi moti videro come protagonista alcuni degli uomini simbolo del Risorgimento come [[Santorre di Santarosa]].
 
A [[Napoli]] i moti iniziati il 1 luglio del [[1820]] ad opera di due giovani ufficiali ([[Michele Morelli]] (1790-1822) e [[Giuseppe Silvati]] (1791-1822)) culminarono con la presa della città: il comandante degli insorti il generale [[Guglielmo Pepe]] riuscì ad imporre al re [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando I]] la concessione della costituzione. In

Per rispostariportare lel'ordine [[Quadruplicenegli Alleanzastati che si erano sollevati le (1815)|potenze europee della [[Quadruplice alleanza]] si riunirono nel [[Congresso di Troppau|a congresso]] in dicembre]] convocando Ferdinando I al successivo [[Congresso di Lubiana]] nel gennaio 1821. Di fronte ai rappresentanti delle potenze il re, sconfessando gli impegni presi alla partenza da Napoli col parlamento napoletano di difendere la costituzione, richiese l'intervento militare [[Austria]]co, le cui truppe intervennero, sconfiggendo l'esercito napoletano, guidato da Pepe nella battaglia di [[Andronico]] il [[7 marzo]] [[1821]] e conquistando Napoli il [[23 marzo]]. La costituzione venne annullata <ref>Cfr. Harold Acton, ''I Borboni di Napoli (1734-1825)'', Giunti Editore, 1997</ref> e 30 rivoluzionari furono condannati a morte (tra cui Pepe, Morelli e Silvati).
 
Anche a Milano partecipò ai moti una componente patriottica e antiaustriaca guidata dal conte [[Federico Confalonieri]], rinchiuso, subito dopo il fallimento dell'insurrezione, nella [[Fortezza dello Spielberg]], dove era già custodito da alcuni mesi l'amico [[Silvio Pellico]]. <ref>Cfr. G. Candeloro, ''Storia dell'Italia moderna'', vol. II, ''Dalla Restaurazione alla rivoluzione nazionale'', 1815-1846, Milano, 1962</ref>. Le repressioni, conseguenti al fallimento dei moti spinsero all'esilio molti patrioti italiani, come [[Antonio Panizzi]], che proseguirono all'estero la loro azione, impegnandosi propagandisticamente e stabilendo contatti con personalità delle potenze straniere interessate a risolvere il problema italiano.