Alasdair MacIntyre: differenze tra le versioni

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Qui la sua impostazione si allontana ben presto da quella della [[filosofia continentale]], acquistando tratti ibridi e per certi versi innovativi, che gli fanno assumere un carattere anglosassone e [[filosofia analitica|analitico]] nel metodo ma decisamente "postanalitico" per quanto riguarda il contenuto. MacIntyre, infatti, appartiene alla cosiddetta "quarta generazione" dei filosofi angloamericani, quella cioè nata intorno agli anni Trenta ed apparsa sulla scena negli anni Sessanta. È una generazione ricchissima di pensatori fertili di stimoli culturali che hanno contribuito ad approfondire il dibattito filosofico in varie direzioni: [[pragmatismo]] (R.J. Bernstein), filosofia del linguaggio ordinario di matrice [[John Langshaw Austin|austiniana]] (ultimo [[Paul Grice]] e [[John Searle]]), filosofie anti-positivistiche ([[Noam Chomsky]], [[Jerry Fodor]], [[John Katz]]), filosofia della scienza di impostazione positivistico-logica ([[Thomas Kuhn]], [[Paul Feyerabend]], [[Imre Lakatos]]), filosofia quineana ([[Donald Davidson]], primo [[Saul Kripke]], [[Hilary Putnam]]), tematica delle logiche modali e dei mondi possibili ([[David Lewis]], A. Plantinga, Montague ed altri). Tra i tanti filoni, quello di taglio prettamente etico-politico-giuridico interessa filosofi come [[John Rawls]], [[Robert Nozick]], [[Ronald Dworkin]]; si sposta dal piano metaetico a quello dell'etica pratica con [[Hilary Putnam]] (per la relazione mente-corpo), [[Thomas Nagel]], [[Donald Davidson]], [[Derek Parfit]], [[Richard Rorty]], [[Daniel Dennett]] ed altri; esce infine dal campo della filosofia tout-court prospettando soluzioni nuove e differenti, ma tutte appartenenti al "post", cioè al salto ormai operato dai nuovi intellettuali con filosofi quali Richard Rorty, Alasdair MacIntyre e per certi versi [[Charles Taylor]].
 
L'interesse di MacIntyre, inizialmente rivolto a questioni religiose, si sposta gradualmente verso temi etico-politici; in ''Marxism and Christianity'' la sua posizione si fa scettica nei confronti sia del marxismo che del cristianesimo. Nella Prefazioneprefazione a proposito del suo mutamento di posizione rispetto al 1953, scrive: «''Then I aspired to be both a Christian and a Marxist, at least as much of each as was compatible with allegiance to the other and with a doubting turn of mind; now I am skeptical of both, although also believing that one cannot entirely discard either without discarding truths not otherwise available''».
Come nel volume precedente l'Autore considera il marxismo un prodotto della cultura cristiana. Infatti egli afferma che, con la secolarizzazione della morale e l'avvento dell'[[Illuminismo]], il senso della vita umana così come era concepito dalla tradizione cristiana, fu sostituito da una interpretazione razionalistica dei concetti di uomo e di natura. Gli interrogativi tipici della cultura religiosa, come le questioni teologiche relative a Dio, l'immortalità, la libertà e la morale, non poterono ricevere più le risposte attinenti a quel contesto, ma acquisirono un nuovo contenuto laico.
 
Tra la molteplicità delle dottrine secolari che emersero, solo il [[marxismo]] salvò lo scopo del cristianesimo medievale, ovvero quello di conservare la ricerca del senso di una vita umana vista non solo come identità sociale e appartenenza ad un gruppo, ma anche come superamento deldei propri limiti in una tensione ideale verso la perfezione. Scrive MacIntyre: «''Only one secular doctrine retains the scope of traditional religion in offering an interpretation of human existence by means of which men may situate themselves in the world and direct their actions to ends that trascend those offered by their immediate situation: Marxism''».
Non solo quindi il marxismo conserva alcuni aspetti della tradizione cristiana, ma anche la religione può essere considerata, così come fa Marx, l'espressione di determinate strutture sociali e di particolari concezioni politiche. MacIntyre analizza come Hegel, nonché la [[destra]] e la [[sinistra hegeliana]], trascendendo i limiti dell'Illuminismo ed introducendo per la prima volta alcuni dei temi salienti del marxismo, trasportarono la discussione della religione sul piano filosofico.
Il passaggio dalla filosofia alla pratica è attuato da [[Karl Marx|Marx]]. Egli dimostra che il fallimento della teoria politica hegeliana e della pratica politica prussiana è avvenuto per non aver tenuto conto che «"politics is a human activity and that the ultimate reality is that of man"».
 
MacIntyre spiega come la teologia si conservò in maniera latente lungo la linea della tradizione inaugurata da Hegel sino a giungere al marxismo più maturo, per il quale la religione svolge due funzioni: quella di giustificare per autorità divina un certo ordine sociale insieme a quella di fornire un modello di comportamento umano. Se, da una parte, il [[comunismo]] considera la religione come "l'oppio dei popoli", dall'altra, riconosce che essa originariamente possedeva un vero e proprio spirito rivoluzionario, come quello espresso dal millenarismo, e che andò perduto quando il tentativo di attuare la liberazione sulla terra fallì. In conclusione sia il marxismo che il cristianesimo sono accomunati poiché essi "rescue individual lives from the insignificance of finitude (to use an Hegelian expression) by showing the individual that he has or can have a role in a world-historical drama" .