Segnocinema nasce nel settembre del 1981, nell’ambito del Cineforum di Vicenza. Dopo un primo decennio di assestamento, dovenel quale coesistono interventi di taglio accademico e massicce dosi di vecchia e nuova cinefilia, gli anni Novanta sono il decennio in cui si scatena il dibattito sulla teoria e la critica. La rivista diventa un vivace laboratorio dove si proiettano sul terreno concreto della critica le grandi battaglie teoriche del decennio. Spiccano i contributi di Paolo Cherchi Usai (“Il silenzio del critico”, n°45, 1990), di [[Gianni Canova]] (“Contro la cinefilia”, n° 46, 1990), di Flavio De Bernardinis (“Il falò delle verità”, n° 49, 1991), ma a dominare la scena è soprattutto il confronto senza esclusione di colpi fra l’empirista Alberto Pezzotta (“Per una critica inattuale”, n° 50, 1991) e il postmodernista Marcello Walter Bruno (“La commedia degli equivoci n° 52-53, 1991). Il dibattito si smorza verso la metà del decennio. Mentre Marcello Walter Bruno scrive un saggio significativamente intitolato “Perché non andrò più al cinema” (n° 85, 1997), su Segnocinema iniziano a farsi notare i primi due critici convintamente post-theory: Vincenzo Buccheri (“Vent’anni dopo”, n°82, 1996) e Roy Menarini (“Bugiardo e più bugiardo”, n° 87, 1997). Negli “anni zero” il rinnovamento della rivista passa attraverso i nomi di Andrea Bellavita, Luca Bandirali e Enrico Terrone, negli scritti dei quali si riprende la critica alla nozione di Autore e ai luoghi comuni della critica cinematografica, e si manifesta l’esigenza di un rinnovamento metodologico.