La gestazione della seconda opera ''parigina'' di Sacchini va collocata nel quadro della lotta delle fazioni che animava allora il mondo musicale francese, in una sorta di ripresa, a tempo scaduto, della ''[[Querelle des Bouffons]]'' di un paio di decenni prima. Le ostilità erano state aperte, a metà degli anni '70, degli italofili avversari della musica ''teutonica'' di [[Christoph Willibald Gluck|Gluck]], i quali erano riusciti ad attirare a Parigi uno dei campioni della scuola napoletana, [[Niccolò Piccinni]], praticamente coetaneo, compagno di studi e persino collaboratore, agli inizi, di Sacchini. La battaglia tra i due partiti, "gluckisti" e "piccinnisti", era continuata fino al 1779, quando Gluck, di fronte al fiasco del suo ''[[Echo et Narcisse]]'', aveva deciso di riparare provvisoriamente a [[Vienna]], ed aveva continuato da allora a covare sotto la cenere. L'arrivo di Sacchini a Parigi, nel 1781, era stato caldeggiato dallo stesso Piccinni che vedeva in lui un naturale alleato, ma il vuoto lasciato sul campo dal musicista tedesco, le trame dei nemici di Piccinni, la suscettibilità e il bisogno di denaro di Sacchini avevano finito per mettere inevitabilmente in competizione anche i due italiani, ed una specie di terzo partito musicale si era allora affacciato sulla scena parigina: i "sacchinisti", «sorta di gluckisti moderati, i quali, come disse argutamente [[Friedrich Melchior von Grimm|Grimm]], avevano aderito alla nuova setta solo per invidia nei confronti di Piccinni. Con la sua irresolutezza e debolezza, Sacchini arrivò solo a mettersi contro l'uno e l'altro partito senza riuscire ad farsi benvolere da alcuno dei due; ed al momento della lotta li ebbe entrambi contro».<ref>Jullien, p. 61</ref>
Nella stagione operistica che l<nowiki>'</nowiki>''Académie Royale'' e la ''[[Comédie Italienne]]'' avevano avuto mandato di organizzare congiuntamente per l'autunno del 1783 a corte, nel [[Castello di Fontainebleau]], era già da tempo prevista la rappresentazione di un'opera nuova di Piccinni, la ''[[Didon]]'', e Sacchini si fece convincere ad affrettare la composizione del secondo dei tre lavori che aveva in contratto con l<nowiki>'</nowiki>''Opéra'', e per il quale, come già detto, venne prescelto come soggetto quello ispirato alla tragedia ''Le Cid'' di Corneille. I due melodrammi vennero messi apertamente in competizione: «''Didon'' doveva essere rappresentata il [[16 novembre]] e ''Chimène'' il [[18 novembre]] [[1783]]. Per meglio comunque parificare le ''chances'', la Saint-Huberty [primadonna dell<nowiki>'</nowiki>''Opéra''<ref>Antoinette-Cécile Saint-Huberty (nata Clavel) era diventata la primadonna assoluta dell<nowiki>'</nowiki>''Opéra'' a seguito della morte di Marie-Joséphine Laguerre nel febbraio, e del ritiro della Levasseur (Marie-Claude-Josèphe, detta Rosalie), alla quarta rappresentazione del ''Renaud'', nel marzo di quello stesso anno 1783 (Pitou, p. 316, 349 e 484)</ref>] doveva ricoprire i ruoli del titolo in entrambe le opere ... per ciascuna [delle quali] erano state previste due rappresentazioni».<ref>Sauvé, pp. 74-75</ref> La ''Didon'', probabilmente il capolavoro di Piccinni in ambito ''serio'', risultò un trionfo, mentre ''Chimène'' ebbe più che altro un successo di stima e fu rappresentata una sola volta delle due previste, perché il «re in persona, che pure non era certo un melomane, volle riascoltare ''Didon'' una terza volta. "Quest'opera - diceva - mi fa l'effetto di una bella tragedia".» Come che siafu, sia Piccinni che Sacchini furono «presentati al re, e, siccome si era appena accordata al primo un pensione di seimila lire, unaanche egualeal secondo ne fu attribuita ancheuna al secondoeguale; Sacchini [ebbe], in più del suo emulo, il prezioso onore di essere presentato al re dalla regina medesima»,<ref>Jullien, p. 64</ref> la quale costituiva la sua grande protettrice del fiorentinopatrona, il qualeavendo avevalui probabilmente occupato nel suo cuore il posto che era stato del suo grande maestro di gioventù, Gluck, ora lontano da Parigi.
Non sempre il giudizio della corte corrispondeva però a quello del pubblico parigino, e molti aspettavano al varco le successive rappresentazioni all<nowiki>'</nowiki>''Opéra'', ospitata all'epoca nella ''Salle du Théâtre de la Porte-Saint-Martin'', nella speranza di in un eventuale riscatto dell'opera sacchiniana, dalla quale la stessa primadonna Saint-Huberty era stata rapita al punto da definirne "incantatrice" la musica.<ref>Jullien, p. 63</ref> Tuttavia, questo riscatto non si verificò appieno, né possono essere chiamate a giustificazione le difficoltà fittizie create dal Comitato dell<nowiki>'</nowiki>''Académie Royale'', che portarono ad un rinvio fino al 9 febbraio 1884 della messa in cartellone del lavoro (la ''Didon'', invece correva regolarmente dal 1° di dicembre e la Saint-Huberty fu addirittura incoronata in scena il 16 gennaio<ref>Pitou, p. 163</ref>), e neanche quelle reali connesse con un'indisposizione della primadonna, che costrinsero ad una nuova interruzione dell regolare corso delle rappresentazioni fino al 27 febbraio, quando la stessa regina si ripresentò in teatro.<ref>Sauvé, pp. 75-76</ref> Certo, il successo fu franco ed anche duraturo: l'opera fu data 21 volte nel 1784 e fu poi ripresa altre trentacinque volte prima della sua definitiva uscita dal repertorio nel 1808,<ref>Pitou, p. 116</ref> ma la vita della ''Didon'' si prolungò ben oltre, fino al 1826, godendo di un totale di duecentocinquanta rappresentazioni.<ref>Pitou, p. 163</ref> Essa può pure vantare almeno una ripresa moderna da parte del [[Teatro Petruzzelli|Petruzzelli]] di [[Bari]], nel 2001,<ref>nell'indisponibilità del teatro principale, l'opera è stata data al [[Teatro Piccinni]], intitolato al suo autore; il fatto di essere stato fiorentino solo di nascita e napoletano solo di adozione e di non poter far quindi appello ad alcun campanile, non ha certamente giovato ad Antonio Sacchini</ref> e una corrispettiva registrazione discografica, fortune queste che non risultano ancora arrise alla ''Chimène''.
d inimicarsi questa aveva avuto inizio ''première'' si tenne il 28 febbraio 1783, alla presenza della regina [[Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena|Maria Antonietta]], protettrice di musicista,<ref>la regina, "alla quale Sacchini era stato raccomandato dal [di lei] fratello [[Giuseppe II del Sacro Romano Impero|Giuseppe II]]", assisté anche alla quarta rappresentazione (Lajarte, p. 333), in occasione della quale si ebbe il passaggio del testimone tra le due primedonne Levasseur e Saint-Huberty (cfr. ''infra'')</ref> nell<nowiki>'</nowiki>''Académie Royale de Musique et de Danse'' ([[Opéra National de Paris|''Opéra'']], Salle du Théâtre de la Porte-Saint-Martin) di [[Parigi]], con la coreografia di [[Maximilien Gardel]], ''aîné'',<ref>detto cioè "il maggiore", per distinguerlo dal fratello [[Pierre Gardel]]</ref> e con un ''cast'' composto dai maggiori artisti dell<nowiki>'</nowiki>''Académie'': tra essi, il primo [[tenore]] (''[[haute-contre]]'') [[Joseph Legros]] (o Le Gros) e il [[soprano]] "di lungo corso" [[Rosalie Levasseur]] (per entrambi i quali le parti, rispettivamente, di Renaud e di Armide, costituirono i ruoli d'addio alle scene<ref>Legros aveva esordito all<nowiki>'</nowiki>''Opéra'' nel 1764 e si ritirò dalle scene nel 1783 a causa dell'ormai soverchiante obesità che ne intralciava i movimenti scenici; Marie Claude Josèphe Levasseur, detta Rosalie, aveva invece debuttato nel 1766 e fu sostituita nel ruolo di Armide, alla quarta rappresentazione, dalla nuova primadonna dell<nowiki>'</nowiki>''Opéra'', Antoinette-Cécile Saint-Huberty (Pitou, ''ad nomina'')</ref>), l'astro nascente Marie-Thérèse Maillard, anch'ella soprano,<ref>tutti le cantanti del resto venivano definite, in Francia, soprani (''dessus''), anche quando si esibivano in comode tessiture da [[mezzo-soprano]], a causa di una sorta di pregiudizio razziale secondo cui il paese non partoriva contralti. Come ebbe a riferire [[Hector Berlioz]], «all<nowiki>'</nowiki>''Opéra'' pretendevano ancora, non più tardi di trent'anni fa, che la Francia non producesse contralti. In conseguenza, i cori francesi avevano solo soprani ...» (''À travers chants, Études musicales, adorations, boutades et critiques'', Parigi, Michel Lévy Frères, 1862, p. 155 - accessibile gratuitamente ''on-line'' in [http://books.google.it/books?id=messAAAAYAAJ&pg=PA155&dq=Hector+Berlioz+%C3%80+travers+chants+les+choeurs+francais&hl=it&ei=4ng5Tbm_K9OM4gagoriyCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2&ved=0CCsQ6AEwAQ#v=onepage&q&f=false books.google])</ref> nella parte di Antiope, e il [[baritenore]] ''profondo'' François Lays, in quella di Hidraot.<ref>probabilmente [[baritono]] nel significato moderno del termine (cfr. Elizabeth Fobes, ''Lays [Lay, Lais], François'', in ''Grove Dictionary'', II, pp. 1112-1113), Lays (o Lay o Laïs), nonostante le sue lacune tecniche, avrebbe imperversato sui palcoscenici dell<nowiki>'</nowiki>''Opéra'' fino al secondo decennio dell'[[XIX secolo|Ottocento]], con uno sbalorditivo numero di sessantotto nuove creazioni (Pitou, ''ad nomen'')</ref>
Il ''Renaud'' costituiva l'opera di esordio all<nowiki>'</nowiki>''Académie Royale'' da parte di Sacchini, il quale si era risolto ad accettare le sollecitazioni dell'amico [[Nicolas-Étienne Framery|Framery]], grande estimatore della musica italiana, a trasferirsi a Parigi da [[Londra]], anche per sfuggire ai debiti ed alle difficoltà che ormai gli rendevano difficoltosa la vita nella capitale britannica. Il soggetto ''tassesco'' dell'opera non gli era, in un certo senso, nuovo: egli aveva già musicato un<nowiki>'</nowiki>''Armida'' a Milano nel 1772, su libretto di Jacopo Durandi (o Giacomo Duranti), e poi aveva rielaborato l'opera per Londra nel 1780, con il nuovo titolo di ''Rinaldo'', solo che le vicende trattate in questi lavori costituivano in effetti soltanto l'antefatto di quelle narrate nel libretto predisposto da Leboeuf per Parigi, con la collaborazione del Framery.<ref>[http://delteatro.it/dizionario_dell_opera/r/renaud.php ''Dizionario dell'opera''] (consultato il 21 gennaio 2011). Altre fonti sostengono, in maniera peraltro meno dettagliatamente motivata, che il ''Renaud'' fosse in effetti solo un "adattamento" (David DiChiera, voce: ''Sacchini, Antonio (Maria Gasparo Gioacchino)'', in ''Grove Dictionary'', IV, p. 114) o "un profondo rimaneggiamento" (voce: ''Sacchini, Antonio Maria Gaspare'', in Salvatore Caruselli (a cura di), ''Grande enciclopedia della musica lirica'', Roma, Longanesi & C. Periodici S.p.A., IV, p. 1087) dell<nowiki>'</nowiki>''Armida'' del 1772. Dennis Libby (voce: ''Armida (iii)'', in ''Grove Dictionary'', I, p. 198) precisa che «Sacchini usò questo soggetto altre due volte: come ''Rinaldo'' (1780, Londra), e come sua prima opera francese, ''Renaud'' (1783, Parigi), su libretto di Pellegrin e Leboeuf», cosa che, come si è visto, non è esatta, in quanto la trama dell'ultima opera è completamente diversa da quella delle due precedenti. Libby ammette comunque più avanti che «i particolari del rapporto tra le tre partiture non sono stati ancora investigati appieno.»</ref>
L'opera ebbe una buona riuscita, "grazie soprattutto alla partitura di Sacchini, la quale contiene delle pagine superbe", e fu messa in scena ben cinquantuno volte nel biennio successivo. Essa fu poi ripresa in altre settantasei occasioni, tra il 1789 e il 1795, ed ebbe infine un breve ''revival'' nel 1815, con altri tre spettacoli. In totale quindi, il lavoro raccolse un numero di centotrenta rappresentazioni all<nowiki>'</nowiki>''Opéra'' prima di uscire definitivamente di repertorio.<ref>Pitou, p. 463</ref>
== Soggetto ==
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