Socrate: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Limonc (discussione | contributi)
La scoperta dell'anima umana: anche se non fosse di Platone, il passo dell'Alcibiade è una testimonianza su Socrate
Limonc (discussione | contributi)
Riga 88:
{{quote|La scoperta comportava qualcosa di più della semplice semantica del vocabolo ''psyché''. Anche i pronomi greci, quelli personali e i riflessivi, cominciarono a trovarsi situati in nuovi contesti sintattici, ad essere usati per esempio come oggetti di verbi conoscere, o posti in antitesi col "corpo" o col "cadavere" in cui si riteneva che l'ego abitasse. Ci troviamo qui di fronte a un mutamento nella lingua greca [...] parte di una più ampia rivoluzione intellettuale che investì l'intero orizzonte dell'esperienza culturale della Grecia.|E. A. Havelock, ''Cultura orale e civiltà della scrittura'', pp. 161-162, Laterza, Roma-Bari 1973}}
 
Alcuni interpreti di formazione gramsciana hanno contestato questi esiti, in particolare la dottrina dell'anima andrebbe riportata esclusivamente al pensiero platonico per quegli storici della filosofia che accettanosecondo «la cosiddetta interpretazione "evolutiva" della filosofia platonica, cioè l’idea che nel suo lungo itinerario filosofico Platone avesse sviluppato e mutato, anche profondamente, il suo pensiero, passando gradatamente da una fase giovanile di preponderante impegno apologetico nei confronti di Socrate,<ref>«...il riconoscimento, nell’attività di Platone, di una fase letteraria giovanile, alla quale venivano fatti risalire quei dialoghi (Ippia minore, Liside, Carmide, Lachete, Protagora, Eutifrone, Apologia e Critone) nei quali manca ogni riferimento alla dottrina delle idee, qualsiasi indagine di filosofia della natura e di antropologia, non compare la dottrina dell’immortalità dell’anima e ci si limita a indagini morali, considerate tradizionalmente più proprie del Socrate storico» (G. Giannantoni, ''Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone'', ed. Bibliopolis 2005, p.18)</ref> di difesa della sua memoria e di riflessione appassionata sulla sua eredità filosofica, a una fase di progressivo distacco dal maestro (la fase della cosiddetta "crisi del socratismo"), fino alla conquista della sua piena maturità e originalità, caratterizzata dalla dottrina delle idee, dalla dottrina della natura e del destino dell’anima umana e dalla costruzione del suo grande edificio filosofico ed etico-politico».<ref>G. Giannantoni, ''Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone'', ed. Bibliopolis 2005, ''ibidem''</ref>
 
AlcuniAltri interpreti hanno sostenuto che l'anima di cui parla Socrate sarebbe piuttosto una sintesi di anima e corpo.<ref>Tesi sostenuta da Cornelia De Vogel, in ''Ripensando Platone e il Platonismo'', Vita e Pensiero, Milano 1990.</ref> Secondo il ''Fedone'' di Platone, tuttavia, Socrate afferma che solo con la morte egli potrà raggiungere la piena autenticità del proprio essere, prescindendo quindi dal corpo e sottintendendo l'immortalità della propria anima,<ref>''Fedone'', 67 d-e.</ref> e così anche nell'''Alcibiade Maggiore'' egli intesse un dialogo volto a dinstinguere nettamente l'anima dal corpo.<ref>''Alcibiade Maggiore'', 128 e - 130 e.</ref> Di seguito uno stralcio:
<poem>Socrate: L'uomo non si serve di tutto il corpo?
Alcibiade: Senz'altro.
Riga 103 ⟶ 104:
Alcibiade: Nient'altro.<ref>È stato osservato in proposito come Platone riproducesse del dialogare di Socrate «quel reinterrogare senza posa, con tutte le impennate di dubbio, con gli improvvisi squarci che maieuticamente tendono alla verità, non rivelandola ma sollecitando l'anima dell'ascoltatore a trovarla [...] in lui solo è riconoscibile l'autentica cifra del filosofare socratico» (G. Reale, ''I problemi del pensiero antico dalle origini a Platone'', Milano 1972, pag. 347).</ref>
</poem>
Al di là del fatto che la paternità dell' Alcibiade Maggiore possa essere attribuita a Platone, dato che vengono notate somiglianze con l'opera di Senofonte e Aristotele, esso rimane comunque una valida testimonianza su Socrate. In proposito è stato però rilevato:
{{quote|È da notare che troviamo questa concezione dell'anima, come sede dell'intelligenza normale e del carattere, diffusa nella letteratura della generazione immediatamente posteriore alla morte di Socrate; essa è comune a [[Isocrate]], [[Platone]], [[Senofonte]]; non può quindi essere la scoperta di nessuno di loro. Ma è del tutto o quasi assente dalla letteratura delle epoche precedenti. Deve perciò avere avuto origine con qualche contemporaneo di Socrate, ma non conosciamo nessun pensatore contemporaneo al quale essa possa essere attribuita all'infuori di Socrate, il quale nelle pagine sia di Platone che di Senofonte la professa costantemente.|Taylor, ''Socrate'', cit. in F. Sarri, ''Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima'', Vita e Pensiero, 1997}}
 
Riga 109 ⟶ 110:
{{quote|Ma posto anche che si negasse l'autenticità dell'Alcibiade Maggiore (ma io sono ben lungi dall'essere di questo parere), rimane il fatto che il ''Fedone'' dice le stesse cose, sia pure con altro linguaggio, ossia che ''il vero uomo è la sua anima''.|G. Reale, ''La concezione dell'anima in Platone'', in ''Interiorità e anima: la psychè in Platone'', pag. 222, a cura di Maurizio Migliori, Linda M. Napolitano Valditara e Arianna Fermani, Vita e Pensiero, 2007}}
 
Per quanto riguarda il "Fedone", ultimo dialogo della prima tetralogia di [[Trasillo di Mende|Trasillo]], che tratta del contesto in cui si svolge la morte di Socrate, lo studio stilistico dell'opera, più narrativa che dialogica, pur motivando alcuni studiosi ad assegnare l'opera al periodo della maturità <ref>L. Brandwood, ''Stylometry and chronology'', in [http://books.google.it/books?id=QmmBpP41slwC&printsec=frontcover&source=gbs_atb#v=onepage&q&f=false ''The Cambridge Companion to Plato''], edited by R. Kraut, Cambridge 1992, p. 109, 115.</ref> anziché a quello giovanile come sostenuto da altri,<ref>[http://www.filosofico.net/fedone.html]</ref> avvalora comunque l'autenticità del Socrate storico.<ref>W.K.C. Guthrie, ''Socrate'', trad. it., Bologna 1986.</ref> Il vero argomento di cui tratta il ''Fedone'' è infatti, come dice lo stesso Platone, «il discorso di Socrate intorno all'anima».<ref>Platone, ''Lettera XIII, 363.</ref> Secondo diversi interpreti, il fatto che in esso Platone vi esponga gran parte della propria personale dottrina non offusca l'autentico messaggio di Socrate.<ref>«Certamente la struttura dialettica delle argomentazioni svolte a livelli diversi, di crescente profondità, e la teoria delle idee appartengono a Platone, che era sui quarant'anni quando scrisse il ''Fedone'', e non a Socrate; tuttavia il messaggio della vita e della morte di Socrate, così come questo dialogo lo affida a noi, è, per quanto riguarda l'orientamento di fondo, un documento di genuino valore storico, a meno che non si voglia supporre Platone stesso capace di una conscia e deliberata falsificazione, riconoscibile come tale dalle persone che egli cita come fonti del suo racconto» (Matteo Perrini, ''[http://www.ccdc.it/UpLoadDocumenti/Fedone.pdf Fedone, o delle ultime ore di Socrate]'', ''Giornale di Brescia'', 1996).</ref>
 
=== Il ''[[Demone|Dáimon]]'' (Δαίμων) socratico ===