Lapidazione di santo Stefano (Gentile da Fabriano): differenze tra le versioni

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==Storia==
L'opera è probabilmente lo scomparto di una predela[[predella]] di altarolo, e venne a lungo considerato un falso, reintegrato nel catalogo dell'artista solo di recente. La datazione è di solito legata al periodo fiorentino. La parte superiore è stata mutilata.
 
==Descrizione e stile==
In una radura ai piedi di un monte e vicino a una via che conduce a un boschetto, avviene la lapidazione di [[santo Stefano]]. Il santo, inginocchiato con la [[dalmatica]] indosso, riceve in testa una pietra che lo ferisce, ma prega impassibiliimpassibile, confortato dall'apparizione divina in una nube di [[cherubino|cherubini]] (in parte mutila), creata solo tramite l'incisione dell'oro, una prerogativa raffinatissima dell'arte di Gentile. Tutto inotrno si trovano le pietre del martirio.
 
Quattro carnefici si dimenano per lanciare le pietre, mentre due uomini, a sinistra, assistono impassibili: uno è l'ordinante del martirio, che dirige l'operazione con un gesto della mano. I movimenti ritmici, quasi da balletto, degli aguzzini, richiamano alcuni epidosi della porta Nord del [[Battistero di Firenze]], opera di [[Lorenzo Ghiberti]], e scene simili sono documentate in area fiorentina fin dal Trecento, con lavori di [[Bernardo Daddi]] e [[Gherardo Starnina]]. Le pose appaiono studiatamente elegante, così mcomecome l'esuberanza decorativa delle vesti, paragonabile ai personaggi della ''[[Pala Strozzi]]'', con un ampio ricorso dell'oro e delle lacche rosse.
 
==Bibliografia==