Antonio Gramsci: differenze tra le versioni

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Analizzando la storia italiana e il [[Risorgimento]] in particolare, Gramsci rileva che l'azione della borghesia avrebbe potuto assumere un carattere rivoluzionario se avesse acquisito l'appoggio di vaste masse popolari, in particolare dei contadini, che costituivano la maggioranza della popolazione. Il limite della rivoluzione borghese in Italia consistette nel non essere capeggiata da un partito [[giacobino]], come in [[Francia]], dove le campagne, appoggiando la [[Rivoluzione francese|Rivoluzione]], furono decisive per la sconfitta delle forze della reazione aristocratica.
 
[[File:Camillo Benso conte di Cavour.jpg|thumb|left|190px|[[Camillo Benso conte di Cavour|Cavour]]]]
Il partito politico italiano allora più avanzato fu il [[Partito d'Azione]] di [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]] e [[Garibaldi]], che non seppe impostare il problema dell'alleanza delle forze borghesi progressive con la classe contadina: Garibaldi in [[Sicilia]] distribuì le terre demaniali ai contadini, ma gli stessi garibaldini repressero le rivolte contadine contro i baroni latifondisti. Per conquistare l'egemonia contro i moderati guidati da [[Camillo Benso conte di Cavour|Cavour]], il Partito d'Azione avrebbe dovuto «legarsi alle masse rurali, specialmente meridionali, essere giacobino [...] specialmente per il contenuto economico-sociale: il collegamento delle diverse classi rurali che si realizzava in un blocco reazionario attraverso i diversi ceti intellettuali legittimisti-clericali poteva essere dissolto per addivenire ad una nuova formazione liberale-nazionale solo se si faceva forza in due direzioni: sui contadini di base, accettandone le rivendicazione di base [...] e sugli intellettuali degli strati medi e inferiori».<ref>Quaderni del carcere, cit., p. 81</ref>