Origene: differenze tra le versioni
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==Dottrina==
Le speculazioni filosofiche del grande direttore del ''Didaskaleion'' lo esposero a feroci critiche e condanne, soprattutto dal IV secolo in poi. Tuttavia, egli, nella prefazione al ''De principiis'', scrisse una regola, così formulata nella traduzione di Rufino: «''Illa sola credenda est veritas quae in nullo ab ecclesiastica et apostolica discordat traditione''». Pressoché la stessa norma viene espressa in termini equivalenti in molti altri passaggi dell'opera: «''non debemus credere nisi quemadmodum per successionem Ecclesiae Dei tradiderunt nobis''» (In Matt., ser. 46, [[Patrologia Latina|Migne]], XIII 1667). In base a questi principi, Origene si appellava continuamente alla preghiera ecclesiastica, all'insegnamento ecclesiastico, e alla regola ecclesiastica della fede (''kanon''). Egli accettava solamente i quattro [[Vangelo#Vangeli canonici|Vangeli Canonici]] perché la tradizione non ne ammetteva altri; sosteneva la necessità del [[battesimo]] perché era concorde con la pratica della Chiesa fondata sulla tradizione Apostolica; avvertiva coloro che interpretavano le Sacre scritture, di non fare affidamento sul proprio giudizio ma "sulla regola della Chiesa istituita da Cristo". Per questo, aggiungeva, noi abbiamo solamente due luci che ci possano guidare, Cristo e la Chiesa; la Chiesa riflette fedelmente la luce ricevuta da Cristo, come la luna riflette i raggi del sole. Il segno distintivo del cattolico è l'appartenenza alla Chiesa, al di fuori della quale non c'è salvezza; al contrario, colui che abbandona la Chiesa cammina nell'oscurità, è un eretico. È attraverso il principio dell'autorità che Origene era solito smascherare e combattere gli errori dottrinali ed era lo stesso principio che invocava quando enumerava i [[dogma|dogmi]] della fede. Un uomo animato da tali sentimenti può commettere errori, perché è umano, ma la sua disposizione d'animo è essenzialmente cattolica e non merita di essere enumerato fra i promotori dell'eresia.
Sulla base di tali presupposti si può iniziare ad esaminare la dottrina di Origene, basata su tre punti fondamentali:
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Insieme a questi testi perfettamente ortodossi ci sono alcuni che devono essere interpretati con estrema attenzione, ricordando che la lingua della teologia ancora non era perfettamente sviluppata e che Origene fu il primo ad affrontare questi spesso difficili problemi. Apparirà allora, che la subordinazione delle Persone Divine, così grandemente utilizzata contro Origene consisteva, generalmente, in differenze di attribuzioni (il Padre creatore, il Figlio redentore, lo Spirito santificatore) che sembravano assegnare alle Persone un diverso campo d'azione, o nella pratica liturgica di pregare il Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo, o nella teoria così diffusa all'interno della Chiesa greca dei primi cinque secoli, che il Padre aveva una preminenza (''taxis'') sulle altre due Persone, per il solo fatto che ordinariamente il Padre era preminente per dignità (''axioma''), poiché rappresentava l'intera Divinità, della quale era il principio (''arché''), l'origine (''aitios''), e la fonte (''pege''). Ecco perché Atanasio difendeva l'ortodossia di Origene sulla Trinità e perché Basilio e Gregorio di Nazianzo risposero agli eretici che rivendicavano l'appoggio della sua autorità che lo avevano frainteso.
Con le sue teorie, Origene propose una estensione del [[monismo]] [[emanazionismo|emanazionistico]] di [[Plotino]] che postulava tre [[ipostasi (filosofia e teologia)|ipostasi]] a fondamento dell'universo, riconoscendo nell'Uno la persona del Padre, nel pensiero-essere la persona dello Spirito Santo(relazione di amore fra il Padre e il Figlio, fra l'Uno e la materia), e nella materia (intesa unita alla forma) il Figlio, non più come tre ipostasi degradanti ma come tre entità pari, distinte ed identiche nello stesso tempo. Tale visione rappresenta il primo tentativo di aggancio della filosofia antica al Cristianesimo.
===Origine e destino degli esseri razionali===
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Due nuovi personaggi, a questo punto, irruppero nella mischia. Fin dai tempi in cui Girolamo e Rufino si stabilirono uno a [[Betlemme]] e l'altro sul [[Monte Oliveto]], erano vissuti in amicizia fraterna. Entrambi ammirarono, imitarono, e tradussero Origene, ed erano in buoni rapporti col loro vescovo, finché, nel [[392]], Aterbio, un monaco di Sceta, venne a Gerusalemme e li accusò entrambi di origenismo. Girolamo, molto sensibile alla questione dell'ortodossia, si risentì molto dell'insinuazione di Aterbio e, due anni più tardi, passò dalla parte di Epifanio, di cui tradusse in latino la replica a Giovanni di Gerusalemme. Rufino, non si sa come, venne a conoscenza di questa traduzione che non doveva essere pubblica e Girolamo lo sospettò di averla ottenuta con dei sotterfugi. Poco tempo dopo si riconciliarono, ma non durò a lungo. Nel [[397]] Rufino, che si era trasferito a Roma, tradusse in latino il ''De principiis'' di Origene e, nella sua prefazione, seguì l'esempio di Girolamo di cui ricordava l'elogio in [[ditirambo|ditirambi]] che questi aveva indirizzato al catechista alessandrino. L'[[eremita]] di Betlemme, fortemente indispettito da questa azione, scrisse ai suoi amici per confutare il suo coinvolgimento tramite Rufino, denunciare gli errori di Origene a [[Papa Anastasio I]], tentare di portare il Patriarca di Alessandria alla causa antiorigenista e iniziare una disputa con Rufino, caratterizzata da grande acredine da ambo le parti.
Fino al [[400]] [[Teofilo di Alessandria]] fu un noto origenista. Era in confidenza con Isidoro, un ex monaco di Nitria, ed i suoi amici, "gli Alti Fratelli", leader accreditati del partito origenista. Questi aveva sostenuto Giovanni di Gerusalemme contro Epifanio, il cui antropomorfismo aveva denunciato a [[papa Siricio]]. Improvvisamente cambiò idea, non se ne seppe mai la ragione. Si disse che i monaci di Sceta, dispiaciuti per la sua lettera pasquale del [[399]], occuparono la sua residenza episcopale e lo minacciarono di morte se non avesse salmodiato la palinodia. Tuttavia, la cosa certa è che litigò per questioni economiche con Isidoro e "gli Alti Fratelli" che lo criticavano per la sua [[avidità]] e la sua mondanità. Quando Isidoro e "gli Alti Fratelli" ripararono a Costantinopoli, dove Crisostomo gli offrì ospitalità ed intercedette per loro senza, tuttavia,
È ben noto come Teofilo, convocato dall'imperatore per giustificare la sua condotta nei confronti di Isidoro e degli "Alti Fratelli", grazie alle sue macchinazioni riuscì abilmente a cambiare ruolo. Invece di essere l'accusato, divenne l'accusatore. Fece convocare Crisostomo di fronte al conciliabolo della Quercia (ad Quercum) e ne provocò la condanna. Non appena la sete di vendetta di Teofilo si fu saziata, non si sentì più nulla dell'origenismo. Il Patriarca di Alessandria cominciò a leggere Origene, pretendendo di poter dividere le rose dalle spine, e si riconciliò con gli "Alti Fratelli" senza chiedergli di ritrattare. Appena le dispute personali si sopirono, lo spettro dell'origenismo svanì.
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