CCPL: differenze tra le versioni

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L’evoluzione economica genera un vivace fermento sociale che porta alla nascita del [[movimento socialista]]. Affermatosi anche grazie all’impegno di leader come [[Camillo Prampolini]] e [[Antonio Vergnanini]], il movimento conquista Reggio Emilia e provincia all’inizio del Novecento, nonostante l’elitaria legge elettorale<ref>«Il programma dei socialisti nelle pubbliche amministrazioni era manipolato in via S. Paolo alla sede della Camera del lavoro, ove il Vergnanini teneva abilmente i fili di ogni iniziativa, e comprendeva: per il Comune, lavori di ampliamento del macello e annessa costruzione delle celle frigorifere, costruzione di Scuole e del cosiddetto Palazzo Rosso alla Formentaria per adibirlo ad uffici comunali, municipalizzazione della Società del Gas e dell’Acquedotto Levi, laicizzazione delle scuole e del cimitero, forno comunale, sussidio alla Camera del lavoro, modernizzazione degli uffici comunali; per la Provincia, costruzione della Reggio-Ciano e di diverse strade carrozzabili, fra cui quella fra Puianello e Casina, lungo la vallata del Crostolo, e quella fra Casina e Felina, sistemazione delle strade delle Radici e della Val d’Enza, allacciamento di alcuni centri importanti della pianura, abolizione del pedaggio sul ponte in chiatte di Viadana, erogazione di un sussidio alla Camera del lavoro, sviluppo della Scuola di Zootecnia a Caseificio, rinnovazione degli uffici, istituzione di una Camera arbitrale per i conflitti di lavoro; per le Opere Pie, la cosiddetta democratizzazione dei servizi, la laicizzazione del servizio assistenziale ospitaliero, una più ampia beneficenza pubblica, la rinnovazione razionale dei contratti di conduzione del patrimonio degli Enti.» V. Pellizzi, ''Profili di vita reggiana agli albori del XX secolo'', Officine grafiche fasciste, Reggio Emilia, 1937, ora in Antonio Canovi, ''Cento anni CCPL. Il racconto cooperativo di un Gruppo Industriale'', Milano, Reggio Emilia, CCPL, 2004, p. 81.</ref>.
 
=== 1904-1919: la nascita e l’affermazione del Consorzio ===
[[Immagine: 1904_Statuto_CCPL.jpg|thumb|right|265px|Atto costitutivo di CCPL, 1904]]
Le singole cooperative non dispongono della forza economica e della tecnostruttura necessarie a concorrere all’appalto ferroviario, nasce perciò l’idea di unirsi in un [[Consorzio]].
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Nonostante le difficoltà nell’agosto del 1907 il [[Consorzio]] inizia i lavori ferroviari assumendosene il rischio poiché il progetto è in attesa d’approvazione.
 
Per il [[movimento operaio]] e socialista la costruzione della ferrovia diventa un’epopea popolare che comincia ad avere una sempre più forte connotazione simbolica anche a livello internazionale, tant’è che viene portata come esempio da Charles Gide, dirigente dell’[[Alleanza Cooperativa Internazionale]] <ref>“La linea non è molto lunga (30 km), ed essa non apporta grandi dividendi, ma soltanto copre le sue spese; ma io non so che vi sia al mondo un altro esempio di una cooperativa operaia concessionaria di una ferrovia. Si vede in ciò un esempio rimarchevole di questa evoluzione che tende a fare della cooperazione un servizio pubblico” . Cfr. Charles Gide in Amus Fontanesi, CCPL 1904-1994, cit. p. 4.</ref>.
 
I lavori di costruzione vengono conclusi il 15 gennaio 1911 e per il Consorzio, che conta 105 addetti, si apre la nuova fase di gestione e manutenzione della ferrovia, la quale non esaurisce l’attività del Consorzio.
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L’assemblea del 23-09-1919 elegge il primo Consiglio di amministrazione. Presidente è Giovanni Bolognesi, alla guida della Cooperativa Muratori di Reggio Emilia. Di lì a un mese, Bolognesi muore e viene sostituito da Giacomo Vezzani, presidente della Cooperativa Falegnami di Reggio Emilia.
 
=== 1920-1945: la cattura del Consorzio nella cooperazione fascista ===
Nei primi anni venti il Consorzio Reggiano sviluppa la sua funzione di servizio e supporto a favore delle cooperative associate: nel 1921 crea al proprio interno l’”Ufficio tecnico provinciale per le cooperative edili” la cui attività è finanziata dalle cooperative aderenti.
Nel 1922 si concludono le trattative con l’amministrazione provinciale per la costruzione della ferrovia Reggio-Boretto (o Reggio-Po), al Consorzio Reggiano ne è affidata la costruzione mentre al Consorzio Reggio-Ciano è delegata la gestione dell’esercizio.
 
I due Consorzi strutturano sempre meglio la loro azione sul territorio, ma nel frattempo la crisi politica precipita: lo [[squadrismo]] fascista organizza a Reggio Emilia le prime aggressioni alle sedi delle organizzazioni operaie come la [[Camera del Lavoro]], la tipografia “La Giustizia” e i circoli socialisti <ref> Testimonianza di Lice, operaia della Bloch di Reggio Emilia: “E’n dove stèva mé gh’èra la coperatìva [Dove stavo io c’era la cooperativa] e sono venuti a bruciarla. C’era lo spaccio, c’era l’osteria, tutto; lé gnìven a dèr l’òli a me péder, a me sìo… tótt i me sìo e gh’an dé l’òli [lì venivano a dare l’olio a mio padre, a mio zio… a tutti i miei zii hanno dato l’olio]. Un giorno ha cominciato a bruciare tutto, tutta la casa e noi eravamo lì. Allora [i fascisti]… e vìnen só per al schèli a ciamèrs só che s’alvòma […vengono su per le scale a chiamarci perché ci alzassimo]: «Bruciate in casa!!» L’è saltèda fora me mèdra: «Vigliàcc, a si stèr vuèter ca s’ì brusèe, e adèsa a s’al gni a dìr…». Me pèder: «Mo tès, am méten dèinter me, mo se dìt!?». Mo lèe: «Vigliàcc… – e s’an sbraghé tótt i’ós dal cambri, con chi sciòpp lé!», E lèe puvrètta la gh’ìva d’avèir già me surèla… [È venuta fuori mia madre: «Vigliacchi, siete stati voialtri a darci fuoco, e adesso venite a dircelo…». Mio padre: «Mo’ taci, che mi mettono dentro me, cosa dici!?». Ma lei: «Vigliacchi…» – e ci hanno rotto tutte le porte delle camere, con quei fucili! E lei poveretta era incinta di mia sorella…] che difatti la Renata, se ha qualcosa, mettiamo, sviene…». Cfr. N. Caiti, R. Campari, L. Cottafavi et al., Una storia, tante storie. Operaie della Bloch a Reggio Remilia 1924-1978, Roma, Ediesse, 1986, citato da Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit., p. 135. Amus Fontanesi scrive: “La pressione sulle cooperative di produzione e lavoro per farle capitolare si esercitava in questo modo:
a. si bastona qualche suo rappresentante;
b. i comuni conquistati dai fascisti non danno più lavori alle cooperative “rosse” o “bianche” ma solo alle cooperative diventate “nazionali” o “fasciste” e ai sindacati corporativi fascisti;
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A questa iniziativa, che non si concretizza, segue la proposta dell’esponente del regime fascista Natale Prampolini: trasformare il Consorzio Reggiano in una Federazione Reggiana di [[Cooperative Nazionali]]. Il rifiuto da parte del Consorzio Reggiano spinge il regime cercare altre soluzioni.
 
Nel 1924 le otto cooperative che lavorano sulla tratta ferroviara Reggio-Boretto si costituiscono nel Consorzio tra Cooperative di Produzione e Lavoro fasciste ([[CCPLF]]) <ref> Elenco delle otto cooperative fasciste che danno vita al Consorzio e loro presidenti. Cooperativa Muratori “L’indipendente” di Guastalla (Domenico Bassi), Cooperativa Braccianti agricoli di Guastalla (Luigi Benfatti), Cooperativa Birocciai di Guastalla (Giovanni Folloni), Cooperativa Muratori “La Vittoria” di Castelnuovo Sotto (Angelo Vezzani), Cooperativa braccianti “La Concordia” di Castelnuovo Sotto (Oliviero Macinini), Cooperativa Braccianti ed Affini di Boretto (Giuseppe Bonora), Cooperativa di Produzione e Lavoro Braccianti di Lentigione (Demetrio Manfrini), Cooperativa Nazionale Edile Fascista di Reggio Emilia (Mario Rinaldini). Cfr. Amus Fontanesi, CCPL 1904-1994, cit. p. 25.</ref>, l’atto porta la data 11 settembre 1924, d.l. n. 1516; la sede è a Reggio in via De Amicis, 22.
Il Consiglio di amministrazione del Consorzio fascista è presieduto da Luigi Benfatti mentre il direttore è l’ing. Enrico Nasi di Rolo.
L’amministrazione provinciale, oramai controllata dal regime, priva il Consorzio Reggiano della concessione per darla alla SAFRE, la quale avoca a sé la gestione della linea e cede i lavori di costruzione al [[CCPLF]].
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Nel 1944 il Consorzio decide di acquistare l’impianto di frantumazione di [[Montecchio]] per potenziare l’escavazione di inerti.
 
=== 1945-1970: La stagione delle grandi opere ===
Dopo la Liberazione i tre partiti antifascisti di massa costituiscono un’unica organizzazione sindacale e una sola centrale provinciale di cooperazione: la Federazione provinciale delle cooperative (Federcoop). Presidente è il socialista Arturo Bellelli, segretario della Camera del lavoro sino al 1925; vicepresidente il democristiano ing. Villani.
 
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I cantieri di [[Milano]] consentono alla cooperazione di valutare i modelli operativi dell’impresa capitalistica e confrontarli con i propri: la realtà di CCPL è meno dura rispetto a quella della metropoli nella quali i lavoratori vengono pagati a cottimo e l’organizzazione del cantiere non contempla misure previdenziali.
 
Nel 1956 viene inaugurata la nuova sede costruita sull’area di [[palazzo Vallisneri Vicedomini]] (ex-casa Guatteri), tra Corso Garibaldi e via S. Zenone 2. Il complesso polivalente (uffici, negozi, residenze) ospita la sede del Consorzio, successivamente vi viene inaugurato Coop1, il primo supermercato cooperativo <ref> “La Cooperativa di consumo: tieni conto che il primo supermercato di Reggio l’ho costruito io! Il Coop 1 di via Garibaldi era di proprietà del CCPL. Era adibito a garage, solo che l’anno prima aprì la Standa a Reggio, in mezzo a un grande scandalo perché il comune si prestò ad aprire un supermercato a Reggio, la provincia cooperativa e quant’altro! Gira e rigira, il giorno in cui Gagarin fu lanciato nello spazio – me lo ricordo perfettamente – si decise che nel garage del consorzio, che non era ancora finito, si facesse il Coop 1 […]. Cominciammo così. La gestione fu data in mano al presidente della Federcoop, Catelli mi pare. Era un dirigente politico, e cominciammo male. Perché allora praticamente nessuno aveva il senso dell’economia. Ti cito solo un caso: vennero comprate quarantacinquemila biro di riserva – in Coop 1 si vendevano anche le biro – il che vuol dire che aveva l’intenzione di inchiostrare tutta la provincia di Reggio Emilia! Dopo sei mesi, il Coop 1 andava male, e nella relazione del consiglio – si può andare a vedere – che una delle cause principali indicate per le quali la gestione non era economica era l’alto costo dell’affitto. Che non pagavano al CCPL! Ma non l’avevano mai pagato!! Ecco, vedi che costruire una classe dirigente alternativa non è una cosa facile”. Cfr. Livio Spaggiari in Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp. 252-3.</ref>.
 
Durante la demolizione del palazzo Vicedomini vengono recuperati gli affreschi che tuttora esposti nell’attuale sede di via Gandhi. Gli affreschi risalgono alla seconda metà del XVI secolo e sono stati attribuiti a Giovanni Bianchi.
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Dopo l’esperienza del convitto-scuola di Rivaltella direttamente scaturita dall’esperienza resistenziale e focalizzata sulla meccanica e sull’edilizia, nel 1960 il Consorzio acquista la villa padronale Cocconcelli in via Passo Buole dove nasce, in collaborazione con l’Associazione delle cooperative di produzione e lavoro, la Scuola edile che assolve per un decennio la funzione formativa per i quadri della cooperazione.
=== 1971-1990: Industrializzazione, lavori edili, concentrazione ===
La produzione di prefabbricati favorisce la trasformazione in prospettiva sempre più industriale di una parte delle cooperative socie. La Muratori di Castelnuovo Sotto dà vita alla Cocep (prefabbricati industriali); la Braccianti di Cadelbosco Sopra avvia la produzione di marmette per pavimenti; la fornace di Fosdondo inizia a produrre prefabbricati per abitazioni; la Muratori di Campegine avvia la produzione di ceramica e solai. Nel 1961 la Cooperativa falegnami brevetta le prime porte prefabbricate, lo stesso fa la Cementori sulla propria gamma di prodotti. Nel 1962 è la volta della Cooperfer promossa dalla Muratori di Sant’Ilario che si è unificata nel 1960 con la cooperativa edile di Calerno per entrare nel mercato di mobili e infissi.
 
Il Consorzio stesso si unisce alle principali cooperative socie per realizzare nuove iniziative industriali, si profila la stagione delle Coopre. Il terreno di base è sempre collegato all’edilizia ma la localizzazione degli impianti è dettata dalle necessità logistiche della produzione.
Nel 1975 è la volta di Metalcopre 3, azienda di carpenteria a [[Gualtieri]], frutto di un salvataggio compiuto dal CCPL ai fini occupazionali; così come a Cassina dove nel 1974 nasce Cooprecar 4, impresa per carrozzeria per autobus sostenuta assieme al CCFR.
La diversificazione industriale si collega a un processo concentrazione tra le cooperative particolarmente vivace tra il ’70 e il ’74. La dimensione d’impresa modifica anche i riferimenti culturali nella formazione interna: non più la politica, ma l’economia e l’organizzazione d’impresa sono i temi di riferimento. Viene avviato un rapporto stabile con l’[[Università Bocconi]] <ref> “Per la verità, il primo approccio alla Bocconi ce l’ha organizzato l’Associazione delle cooperative di produzione lavoro di Reggio, quindi la Lega delle cooperative. Aveva preso questo contatto dicendo – a seguito del processo unificatorio – che sarebbe stato utile per le cooperative, i dirigenti delle cooperative, darsi un’esperienza professionale nuova. E quindi aveva organizzato un corso anche qui a Reggio, in termini professionali, ai quali poi sono seguiti dei corsi in termini più specifici e più significativi a Milano. Io sono andato a fare un corso a Milano, alla Bocconi, di quaranta giorni sulla pianificazione strategica. Per il quale poi, come le ho detto, avevo mandato diversi miei collaboratori. Poi in Coopsette avevamo portato – in questi primi anni, era il ’77-’78 – come collaboratore a part-time, un docente dell’università di Padova, che insegnava organizzazione aziendale. L’avevo incontrato in uno di questi corsi; poi l’avevo chiamato a fare un corso all’interno di Coopsette; e poi dopo, visto la frequentazione e quant’altro, gli avevo proposto di entrare. E lui era entrato a part-time: lavorava quattro giorni da noi e due giorni all’università di Padova. E devo dire che questo ci ha aiutato molto, perché lui volava molto alto, noi stavamo tentando di alzarci un po’ da terra, e in qualche modo ci stimolava a misurarci con temi più elevati. C’è stato tre o quattro anni.” Cfr. Donato Fontanesi in Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp. 330-331. </ref>che rompe la monoliticità dei riferimenti culturali tradizionali.
 
L’accentuazione del profilo imprenditoriale determina anche lo scoppio delle prime vertenze sindacali nel Consorzio: prima nei [[frantoi]] (1967) e poi nelle [[fornaci]] (1969) <ref>“Il problema era trasversale, e scaturiva dal fatto che il sindacato aveva cambiato strategia, non seguiva più la cinghia di trasmissione. Il sindacato puntava alla lotta articolata; nelle aziende si impostavano le piattaforme aziendali,la contrattazione articolata. E allora c’erano ancora, sì, alcuni privati; però la struttura economica più consistente nel campo edile era il CCPL. Questa nuova strategia sindacale e politica investì in pieno il consorzio e si saldava anche con le spinte “anticonsorzio”– chiamiamole così – che erano presenti nelle cooperative in ricerca di una propria autonomia. Era una saldatura oggettiva. E in questi conflitti giocavano alcuni fattori. Non si accettava in generale – ma è punto tuttora parzialmente aperto, perché il lavoratore è anche socio,e il conflitto passa dentro di lui – che il sindacato facesse vertenze sindacali nelle cooperative. Poi, con il consorzio, la differenza era notevole: erano tutti dipendenti. E poi era vista come l’azienda economicamente più ricca, si pensava avrebbe potuto sostenere il peso dei nuovi contratti. Lì si arrivò alla vertenza frontale tra sindacato e CCPL, ed era la prima volta. In tal senso, la decisione di Spaggiari di chiamare i carabinieri non fu un gesto dettato dalla stizza, faremmo un torto all’uomo. Si trattava di una scelta meditata. E poi bisogna ricordare che lui credeva veramente al consorzio come espressione del movimento cooperativo, in rappresentanza di tutti i lavoratori soci di ogni singola cooperativa” . Cfr. Luciano Gozzi in Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp 321.</ref>.
Il personale del Consorzio non è costituito da cooperatori bensì da dipendenti ancorché legati all’organizzazione da motivazioni politiche e professionali affini a quelle del mondo cooperativo. Gli scioperi, che conoscono momenti di forte tensione, diventano per la dirigenza del CCPL anche un momento per sottolineare la diversità del Consorzio rispetto alle cooperative associate.
 
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Il 22 maggio 1975 viene deliberata l’unificazione dei Consorzi di Reggio, Parma e Piacenza al fine di rispondere adeguatamente alle esigenze di espansione dei mercati. Il Consorzio ha la direzione a Reggio e sedi decentrate a Parma e Piacenza. L’unificazione avviene per incorporazione del Consorzio parmense in quello Reggiano ma già da un paio d’anni le due organizzazioni operavano congiuntamente.
 
A partire dal 1976 il CCPL realizza a Reggio Emilia il Centro direzionale su un terreno di proprietà del Consorzio e della Cooperativa muratori di Cadelbosco; la sede del Consorzio si trasferisce così in via Gandhi, nel Centro Direzionale S. Pellegrino <ref> “Negli anni sessanta, ritenemmo che fosse giusto rielaborare il Piano Regolatore Generale precedente che era stato redatto dall’amministrazione con la collaborazione dell’architetto Albini, ma secondo il nostro giudizio aveva alcuni limiti o, meglio, eccessi che dovevano essere corretti. Per esempio, la capacità di edificabilità era del tutto sproporzionata a una previsione ragionevole di sviluppo della città,con la conseguenza che le iniziative per utilizzare il terreno edificabile erano molto ampie,per cui in fondo il disegno di sviluppo della città non sarebbe più dipeso dall’amministrazione comunale e dai suoi indirizzi ma dalle scelte dell’imprenditoria privata che aveva una tale ampiezza di possibilità di scegliere che la rendeva determinante per stabilire in quale relazione la città avrebbe dovuto svilupparsi. Per cui una delle caratteristiche del piano fu quella di ridurre drasticamente, da una capacità di edificabilità corrispondente a circa 350-400 mila abitanti, la portammo a circa 150-200 mila. In questo modo era l’amministrazione a individuare quali erano i terreni e le aree nei quali potersi sviluppare. Teniamo conto che il Piano Regolatore Generale di Reggio viene elaborato in una fase della vita politica del paese in cui si proponeva o si prospettava la possibilità di introdurre dei poteri di esproprio nella mani dei comuni che partissero dal presupposto che il terreno è un bene della comunità. Quelle intenzioni non si realizzarono, anzi… la sola possibilità di tradurle in legge provocò la crisi di governo del primo centrosinistra! […] E negli anni successivi Reggio fu una delle città che tentò di realizzare,nel modo più integrale, i cosiddetti Piani economici di edilizia popolare […]. Ecco, la realizzazione di almeno uno dei Piani Economici di Edilizia Popolare, quello verso la montagna,avvenne con la collaborazione del CCPL. Se dunque – attraverso Piacentini e la Cooperativa architetti – vi fu evidentemente un collegamento con il mondo cooperativo, vi furono anche le occasioni per interagire in modo diretto. L’amministrazione comunale, facendo questi progetti, pensava indubbiamente al CCPL per la sua esperienza costruttiva nel campo delle abitazioni popolari. D’altronde,non avremmo potuto offrire quelle condizioni di mercato che in genere il privato va cercando. Vorrei dire che, senza nemmeno bisogno di predisporlo o di pensarlo, il CCPL era l’interlocutore naturale per la realizzazione di progetti in cui il pubblico volesse mantenere un ruolo di indirizzo. A questo proposito, uno degli orientamenti per i quali ci siamo battuti all’epoca era di considerare come la cooperazione dovesse avere un titolo preferenziale negli appalti e negli incarichi che dava il comune. In molte gare tentammo di inserire – ostacolati dall’autorità governativa, di cui era emanazione la giunta provinciale amministrativa – questo preciso indirizzo: a parità di condizioni, l’assegnazione del lavoro sarebbe dovuta andare alla cooperativa. Va comunque detto che il CCPL forniva tra l’altro le maggiori garanzie, sotto il profilo tecnico e imprenditoriale, nella realizzazione di aree abitative popolari. Lo vedemmo indubbiamente come un braccio operativo per portare a termine alcuni interventi a cui tenevamo particolarmente. In particolare, vi era poi rilevante nel piano questo aspetto di individuare le aree in cui collocare i centri direzionali. E il centro direzionale divenne la prima occasione in cui il movimento cooperativo – in particolare il CCPL – interveniva nella vita urbanistica della città secondo un piano programmato dall’amministrazione.Questa collaborazione ha portato alla realizzazione del direzionale San Pellegrino, dove il CCPL ha tra l’altro la sua sede. Ricordo che,per noi, i direzionali rappresentavano una prova primaria per verificare il funzionamento del Piano Regolatore Generale. Il direzionale San Pellegrino era una delle cartine di tornasole della validità del piano. Era uno dei nuclei fra i più decisivi per lo sviluppo integrale della città. Lo affrontammo con questo spirito. Si trattava di realizzarlo, e con una risposta positiva anche da parte di importanti operatori del terziario,come è avvenuto nel caso della Cassa di risparmio. Questo polo nacque precisamente in funzione del terziario, anche la parte residenziale che in un secondo tempo si è sviluppata.” Cfr. Renzo Bonazzi (Sindaco di Reggio Emilia) in Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp 353-354.</ref>.
In questo periodo il Consorzio svolge una funzione di supporto all’attuazione della politica urbanistica del Comune collaborando alla modernizzazione del sistema viario cittadino anche attraverso la realizzazione del cavalcavia della via Emilia all’Ospizio che assicura una migliore viabilità lungo l’asse nord-sud della città.
 
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Nel 2001 il Consorzio modifica di nuovo la statuto assumendo la forma di [[società a responsabilità limitata]].
L’organizzazione in divisioni è abbandonata nel 2002 e dal modello divisionale – dove ogni specifico ramo organizzativo appartiene alla Capogruppo – si passa a un nuovo modello imprenditoriale societario che articola il CCPL intorno al ruolo della Capogruppo e di sei business unit <ref> “L’assetto delle responsabilità era coerente con la minore complessità del sistema sino allora gestito. Alle divisioni era assegnato un ambito operativo sostanzialmente limitato alla gestione caratteristica e centrato sul governo dei tradizionali fattori di generazione di costi e ricavi (principalmente la leva produttiva e commerciale). Di fatto estranei al sistema di responsabilità delle Divisioni erano invece la gestione finanziaria, l’equilibrio patrimoniale nonché la strategia di crescita del valore, presidiati direttamente dalla Capogruppo, così come le scelte di indirizzo, l’allocazione delle risorse, le politiche di investimento e di alleanza, il portafoglio delle attività.” . Cfr. Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp. 417.
</ref>.
Ciò risponde a un’esigenza di riassetto delle responsabilità e di semplificazione organizzativa.
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=== Facility Management ===
É l’area che raggruppa le aziende di costruzione e gestioni di impianti tecnologici, termici, elettrici, di distribuzione acqua e gas. Capofila dell'area è [http://www.gesta.re.it/ Gesta] che realizza impianti e successivamente li gestisce tramite global service. A quest'area fanno poi riferimento [http://www.arcoservizi.it/portal/page?_pageid=556,859925&_dad=portal&_schema=PORTAL Arcoservizi]
, operatore nella gestione calore per il mercato residenziale e privato, e '''Correggio Condotte''', specializzata nella realizzazione e manutenzione di impianti di distribuzione di acqua e gas.