Metilde Viscontini Dembowski: differenze tra le versioni

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Stendhal s'innomorò immediatamente di lei. La descrisse come «una figura lombarda, di quelle che Leonardo da Vinci ha riprodotto con tanto fascino nelle sue ''Erodiadi'' [...] il naso leggermente aquilino, un ovale perfetto, le labbra sottili e delicate, grandi occhi bruni melanconici e timidi e la più bella fronte, dal cui mezzo si dividono i più bei capelli castano-scuri».<ref>Stendhal, ''Promenades dans Rome'', II, 1866, p. 145.</ref> Le sue profferte furono sempre respinte, ma per tre anni s'illuse di poterla conquistare.
 
Credendo che lei lo respingesse ritenendolo un comune seduttore, s'impose di non approfittare dei favori che alcune note donne galanti era ben disposte ad accordargli, come la contessa Luigia Cassera o la celebre cantante [[Elena Viganò]].<ref>Stendhal, ''Ricordi d'egostismo'', 1997, p. 442.</ref> Dal [[3 giugno|3]] al [[10 giugno]] [[1819]] Stendhal fu a Volterra, dove «Métilde» si era recata per vedere i figli, che studiavano nel collegio San Michele. Venne invitato ad andarsene, perché la sua presenza poteva comprometterla. Le strappò la promessa di vederla a Firenze e qui l'attese inutilmente. Passato a Bologna, Stendhal, avuta notizia della morte del padre, era stato costretto a raggiungere la Francia, e ritornò a Milano il [[22 ottobre]], ricevendo una fredda accoglienza da Metilde. Nacque allora in lui l'idea di scrivere ''De l'amour''.
 
Stendhal riteneva che la freddezza di Metilde fosse dovuta all'influenza della cugina Francesca Milesi, responsabile, a suo dire, di averlo messo in cattiva luce, e si vendicherà di lei raffigurandola nella ''[[La Certosa di Parma (romanzo)|Certosa di Parma]]'' nel personaggio dell'intrigante marchesa Roversi. A volte pensò anche che Metilde avesse una relazione con il conte Pecchio.
 
«Giardiniera», ossia, nel linguaggio delle società segrete, affiliata alla Carboneria, legata a [[Maria Frecavalli]], viene ricordata come un'importante figura durante i [[Moti del 1820-1821|moti carbonari del 1821]], quando venne arrestata ed inquisita. Un suo cugino aveva denunciato il conte Federico Confalonieri come carbonaro e questi, arrestato il [[13 dicembre]] [[1821]], fece i nomi dei complici, tra i quali figuravano Metilde e Stendhal, allora già rientrato in Francia. Arrestata il [[24 dicembre]] [[1821]], la sua casa fu perquisita e vi furono trovate lettere di Giuseppe Vismara, allora rifugiato a [[Torino]], nella quali lei risultava tramite di spostamenti di denaro tra un fratello di Giuseppe Pecchio e lo stesso Vismara. Non avendo ammesso nulla, fu rilasciata il giorno dopo ed ebbe così tempo per accordarsi con il Pecchio per dare un'innocua giustificazione alle contestazioni degli inquirenti, che la interrogarono nuovamente il [[26 dicembre]] senza poter raggiungere prove sufficienti di un suo coinvolgimento nella congiura.