Pittoresco: differenze tra le versioni

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Ma è nell'Inghilterra della metà del XVIII secolo che il termine viene meglio definito, nel [[1756]] [[Edmund Burke]] in ''A philosophical inquiry into origin of our ideas of Sublime and Beatiful'', definisce pittoresca la pittura di [[Claude Lorrain]] e [[Nicolas Poussin]], e [[Sublime]] quella di Salvator Rosa. Nel [[1770]] [[William Gilpin]] in ''Observations on the River Wye, and several parts of South Wales, Ec. relative chiefly to Picturesque Beauty'', una guida illustrata con una serie di resoconti sulle impressioni ricavate da alcuni viaggi nelle regioni piú selvagge dell’Inghilterra, osserva: "Il seguente piccolo lavoro propone un nuovo oggetto di ricerca; quello di non esaminare semplicemente l’aspetto esteriore di un paese; ma di esaminarlo attraverso le regole della bellezza pittoresca: quello di non limitarsi alla descrizione; ma di adattare la descrizione dello scenario naturale ai principî del paesaggio artificiale; e quello di aprire le fonti di quei piaceri che derivano dal paragone". Sempre Gilpin, in ''Three Essays: On Picturesque Beauty; On Picturesque Travel; and On Sketching Landscape'', del [[1792]], in relazione alla pittura parlerà della "... levigatezza del tutto, troppo perfetta, e come dovrebbe essere in natura, offende in pittura. Trasforma il prato in un pezzo di terreno spezzato: pianta querce ruvide al posto di cespugli fioriti: rompi i bordi del vialetto e dagli la rozzezza di una strada: segnalala con tracce di carri; spargi alcune pietre e rami secchi; in una parola invece di rendere il tutto liscio, rendilo ruvido; e lo renderai anche pittoresco" in particolare saranno i "resti di antica architettura; la torre diroccata, l’arco gotico, i ruderi di castelli, e abbazie".
 
Nel [[1805]] [[Richard Payne Knight]] in ''An Analytical Inquiry into Principles of Taste'', nega ogni l'esistenza stessa del pittoresco, ma era solamente l'occhio dello spettatore a scoprirlo nei contrasti chiaroscurali presenti in ceri quadri o negli spettacoli naturali, poiché "lo spettatore, avendo un pensiero arricchito dagli abbellimenti del pittore e del poeta, le applica [le esperienze dell’arte] attraverso una associazione spontanea di idee agli oggetti naturali che si presentano al suo occhio, i quali cosí acquisiscono bellezze ideali e immaginarie; cioè bellezze che non sono percepite dal senso organico della vista; ma dall’intelletto e dalla fantasia per mezzo di quel senso". [[Uvedale Price]] pose il pittoresco come terza categoria estetica accanto al Bello e al Sublime, considerandolo come una qualità oggettiva della natura. In ''Essays on the Picturesque, As Compared with the Sublime and the Beautiful, and on the Use of Studying Pictures, for the Purpose of Improving Real Landscape'', del [[1810]], fornisce gli ingredienti del paesaggio pittoresco: una vecchia e pesante [[quercia]] o un nodoso [[olmo]], soprattutto quando siano "...ruvidi, muscosi, con un aspetto secolare, e con improvvise variazioni nelle forme", un [[asino]] o un cavallo, purché da tiro, una capra piuttosto che una pecora, gruppi di [[zingaro|zingari]] e mendicanti accanto a vecchi [[mulini]] e povere capanne e ancora rovine [[gotico|gotiche]] di cattedrali e abbazie.
 
[[categoria:Estetica|Estetica]]