Wabi-sabi: differenze tra le versioni
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Secondo Koren, il ''wabi-sabi'' è la più evidente e particolare caratteristica di ciò che consideriamo come tradizionale bellezza giapponese dove "occupa all'incirca lo stesso posto dei valori estetici come accade per gli ideali di bellezza e perfezione dell'Antica Grecia in Occidente". Andrew Juniper afferma che "se un oggetto o un'espressione può provocare dentro noi stessi una sensazione di serena malinconia e un ardore spirituale, allora si può dire che quell'oggetto è wabi-sabi". Richard R. Powell riassume dicendo "(il wabi-sabi) nutre tutto ciò che è autentico accettando tre semplici verità: nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto".
Le parole ''wabi'' e ''sabi'' non si traducono facilmente. ''Wabi'' si riferiva originariamente alla solitudine della vita nella natura, lontana dalla società; ''sabi'' significava "freddo", "povero" o "appassito". Verso il 14esimo secolo questi significati iniziarono a mutare, assumendo connotazioni più positive. .<ref name="Koren">{{
Sia ''wabi'' che ''sabi'' suggeriscono sentimenti di desolazione e solitudine. Nella visione dell'universo secondo il [[Buddhismo]] Mayahana, questi possono essere visti come caratteristiche positive, che rappresentano la liberazione dal mondo materiale e la [[trascendenza]] verso una vita più semplice. La filosofia mahayana stessa, comunque, avverte che la comprensione genuina non può essere raggiunta attraverso le parole o il linguaggio, per questo l'accettazione del wabi-sabi in termini non verbali può costituire l'approccio più giusto.
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==Uso occidentale==
Durante gli anni 90 il concetto è stato preso in prestito da sviluppatori software ed impiegato nella [[Programmazione agile]] e nelle [[Wiki]] per descrivere l'accettazione dello stato di continua imperfezione, prodotto costante di questi metodi.<ref>{{
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| url = http://c2.com/cgi/wiki?WabiSabi
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==Bibliografia==
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[[Categoria:Cultura del Giappone]]
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