Storia dell'Egitto fatimide: differenze tra le versioni
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Dopo il suo imamato la politica fatimide cominciò a conoscere un lento processo di declino che si esaurirà però parecchi anni più tardi. L'Egitto - a pochi anni appena da una descrizione assolutamente lusinghiera della civiltà fatimide lasciataci dal viaggiatore ismailita [[Amir Khosrow]] - conobbe otto anni consecutivi di gravissime e devastanti carestie, accompagnate da una virulenta epidemia di peste che ebbero come risultato di decimare la popolazione e di impoverire e demoralizzare i sopravvissuti. Ne fu infiacchita inevitabilmente anche l'azione di governo che, fino ad allora, era stata tutto sommato meritevole di ogni considerazione.
Al degrado - che attizzò fra l'altro feroci dispute fra le componenti berbere, africane e turche delle forze armate - gli Imām reagirono investendo di ogni potere militare e politico il governatore armeno di [[Acri (Israele)|Acri]] [[Badr al-Jamali|Badr al-Jamālī]] che riuscì a raddrizzare nel corso di numerosi anni la periclitante macchina amministrativa e l'economia del Paese.
La sua opera di "[[vizir]] militare" e quella del figlio [[al-Afdal Shahanshah]] (suo successore nella carica tutta speciale di ''Amīr al-juyūsh'' "Comandante degli eserciti") riuscirono in parte a salvare la situazione e a prolungare la vita dell'Imamato per altri lunghi decenni ma l'arrivo dei [[Crociate|Crociati]] in Siria-Palestina dette il colpo finale alla dinastia.
Nel quadro del confronti fra forze cristiane e forze musulmane, fra alleanze di musulmani con cristiani contro altri cristiani e altri musulmani, lo [[Zengidi|zengide]] [[Norandino]] inviò al seguito del suo comandante curdo [[Shirkuh|Shīrkūh]] il nipote di questi [[Saladino]] che, morto lo zio, ne ereditò il comando delle truppe, imponendosi agli ultimi deboli Imām fatimidi come vizir dello Stato ismailita malgrado la sua fede sunnita.
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