Benedetto Croce: differenze tra le versioni

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{{Quote|... e su questo terreno, traballante a ogni passo, dobbiamo fare il meglio che possiamo per vivere degnamente, da uomini, pensando, operando, coltivando gli affetti gentili; e tenerci sempre pronti alle rinunzie senza per esse disanimarci|Benedetto Croce dai ''Taccuini'' (marzo 1944) in ''Scritti e discorsi politici'', Vol. I, pp. 276-277 }}
{{Membro delle istituzioni italiane
|nome = Benedetto Croce
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{{quote|Ardenti e vivacissime furono in quei dieci mesi le polemiche tra «interventisti» e «neutralisti», come erano chiamati. [...] non si può dire che [gli interventisti] avessero torto, come non si può dire che l'avessero i loro oppositori, perché dissidî di questa sorta non sono materia, nonché di tribunali, neppure di critica scientifica, e hanno questo carattere entrambe le tesi, appassionatamente difese, sono necessarie per l'effetto politico e, come suona il motto, che, se una delle due opposizioni non ci fosse, converrebbe inventarla. Più di un cosiddetto «neutralista» si sentiva talvolta scosso dalla tesi avversaria e inclinava ad accoglierla, e il medesimo accadeva a più di un «interventista».|{{cita libro|Benedetto|Croce|Storia d'Italia dal 1871 al 1915|1943|[[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|Laterza]]|Bari}}}}
 
Il filosofo, nella scelta tra le due posizioni, neutralismo o interventismo alla [[prima guerra mondiale]], si rivolse alla prima. Ma il suo era un neutralismo che contemperava le posizioni liberali con la possibilità dell'intervento<ref>Cfr. A. Jannazzo, ''Croce e la corsa verso la guerra'', in Idem, ''Croce e il prepartito degli intellettuali'', La [[Zisa]], Palermo 1996, pp. 102-119.</ref>. Infatti, come scriveva a [[Henry Bigot]] nel 1914, era
{{q|«pronto ad accettare quella guerra che saremo costretti a fare, quale che sia, anche contro la Germania, ad accettarla come una dolorosa necessità, risoluto a non provocarla per ragioni antinazionali e settarie»|B. Croce, ''Epistolario'', vol. I, Napoli 1967, p. 3.}}
 
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Tuttavia egli critica Hegel, poiché secondo lui il filosofo ha concepito la dialettica in modo riduttivo, ovvero semplicemente come dialettica degli opposti, mentre secondo Croce sussiste anche una logica dei distinti, ovvero il fatto che certi atti ed eventi vadano sempre considerati appunto distinti rispetto ad altri ordini di atti ed eventi. Elabora, quindi, un vero e proprio [[sistema]], da lui denominato la ''filosofia dello spirito ''.
 
Qui la realtà in quanto attività (ovvero produzione dello spirito o della storia) è articolata in quattro forme fondamentali, suddivise per modo ([[teoria|teoretico]] o [[Azione (filosofia)|pratico]]) e grado (particolare o universale): [[estetica]] (teoretica - particolare), [[logica]] (teoretica - universale), [[economia]] (pratica - particolare), [[etica]] (pratica - universale). La relazione tra queste quattro forme opera la suddetta logica dei distinti, mentre all'interno di ognuna di esse si ha la dialettica degli opposti.
 
{{Vedi anche|Dialettica crociana}}