Massimo d'Azeglio: differenze tra le versioni
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[[Immagine:Massimo d'Azeglio - Collines près d'un lac.jpg|thumb|left|300px|Massimo D'Azeglio, ''Colline presso un lago'']]
Per via dell'occupazione napoleonica, Massimo bambino (con la famiglia) fu costretto a vivere per qualche anno a [[Firenze]]. Qui ricevette una educazione severa, studiando presso le Scuole Pie di Via Larga.
[[Immagine:Busto di Massimo D'Azeglio, Vincenzo Vela.jpg|thumb|right|Busto di Massimo D'Azeglio,
Dopo la caduta di [[Napoleone]], i Taparelli tornarono a [[Torino]], dove Massimo frequentò l'Università di filosofia, da giovanissimo. Entrò quindi come allievo ufficiale militare sottotenente di Cavalleria ("Reale Piemonte"), sulle orme del padre. Tuttavia, dopo qualche mese, abbandonò la carriera militare per dissensi nei confronti della classe aristocratica, ed entrò nella semplice fanteria (Guardia provinciale) con mansioni di segretariato, presso l'ambasciata sarda di [[Roma]].
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Divenne primo ministro del [[Regno di Sardegna]] dal [[1849]] al [[1852]], in uno dei momenti più drammatici della storia del paese (in seguito alla sconfitta subita dall'[[Austria]]) al termine della [[Prima guerra d'Indipendenza]]. Sarà senatore del Regno di Sardegna dal [[1853]].
L'[[11 luglio]] [[1859]] ebbe l'incarico di costituire un governo provvisorio a [[Bologna]], dopo la cacciata delle truppe pontificie. Il [[25 gennaio]] [[1860]] venne nominato Governatore della [[Provincia di Milano]], carica che tenne fino al [[17 marzo]] [[1861]], allorquando fu nominato prefetto [[Giulio Pasolini]].
Durante la sua vita politica continuò comunque a dedicarsi alle sue passioni, la pittura e la letteratura, quest'ultima sia in veste di scrittore politico che di romanziere. Da gaudente, il nobile Massimo si guadagnò, fra le dame di corte, il nomignolo di ''"sporcaciun"'', mentre [[Francesco De Sanctis]] descrisse la sua attitudine come «un certo amabile folleggiare... pieno di buon umore».
▲[[Immagine:Busto di Massimo D'Azeglio, Vincenzo Vela.jpg|thumb|right|Busto di Massimo D'Azeglio, Veincenzo Vela]]
Queste connotazioni posero in secondo piano le sue doti di politico con la capacità di intravedere sia i limiti della riunificazione ("Abbiamo fatto l'Italia ora dobbiamo fare gli italiani"), sia della dirigenza sabauda (lasciò la scuola di cavalleria per i contrasti con l'aristocrazia) e che propose una sua soluzione personale sia dal punto di vista costituzionale (stato federale), sia da quello economico (liberale)<ref>http://www.laterza.it/leggi_brano.asp?id=1160</ref>.
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