Ariperto II: differenze tra le versioni

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Ridusse, subito dopo, il [[ducato di Bergamo]] a [[gastaldato]] per controllare direttamente, attraverso suoi uomini di fiducia, il gruppo di potere che si era costituito a Bergamo divenuta, fin dalla morte di [[Clefi]], uno dei più forti ducati longobardi. Un nuovo tentativo di rivolta fu ordito, poco dopo, dal [[Ducato del Friuli|duca del Friuli]], [[Corvolo]]; Ariperto lo sconfisse, lo fece accecare e lo sostituì con il fedele [[Pemmone]].
 
Proseguì la politica filocattolicafilocristiana della [[Bavarese (dinastia)|dinastia bavarese]], cui apparteneva, restituendo al papa i territori sulle [[Alpi Cozie]] occupate dai suoi predecessori<ref>Cf. O. Bertolini, "Le origini del potere temporale e del dominio temporale dei Papi", in ''I problemi dell'Occidente nel secolo VIII'', Settimane di studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, Spoleto 1973, p. 247.</ref> e cercando l'amicizia tanto del pontefice quanto dei [[Impero bizantino|Bizantini]], senza approfittare dalla crisi che in quel momento colpiva l'Impero e che stava portando le sue province italiane a sempre maggiori distacco e autonomia.
 
Superate le tensioni iniziali, il regno di Ariperto fu pacifico e prosperoso ma, stando a [[Paolo Diacono]], il re maturò con il tempo una crescente e profonda diffidenza verso tutti, rasentando la mania di persecuzione. Si travestiva per poter ascoltare in incognito ciò che si pensava di lui nella corte e tra il popolo di [[Pavia]]. Leggendaria era anche la sua avarizia: quando riceveva un ambasciatore straniero, si presentava in abiti grossolani e dimessi, per non incoraggiare la voglia di bottino degli altri sovrani.
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== Bibliografia ==
{{reflist}}
* [[Jörg Jarnut]], ''Storia dei Longobardi'', Torino, Einaudi, [[2002]]. ISBN 88-464-4085-4
* Sergio Rovagnati, ''I Longobardi'', Milano, Xenia, [[2003]]. ISBN 88-7273-484-3