Sette piani: differenze tra le versioni

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{{C|il riferimento al tema dell'ipocondria non è supportato da riferimenti a testi critici, e non è esplicito nell'opera|letteratura|febbraio 2011|firma=Tommaso 16:57, 16 feb 2011 (CEST)}}
 
'''''Sette piani''''' è un racconto scritto da [[Dino Buzzati]] che analizza le nevrosi e le paure umane (con particolare riferimento al terrore delle malattie, l'[[ipocondria]]) con protagonista Giuseppe Corte. È contenuto nel libro ''[[Sessanta racconti]]'', edito da Mondadori.
 
Il racconto ha ispirato il film ''[[Il fischio al naso]]'' diretto e interpretato da [[Ugo Tognazzi]].
 
== La trama ==
L'avvocato Giuseppe Corte, [[ipocondria|ipocondriaco]] somatizzatore di gravi malattie, dopo aver letto un volantino pubblicitario, in un giorno di marzo si fa ricoverare in un moderno ospedale di una grande città italiana,molto probabilmente , specializzato nella cura del male che lui crede di avere. L'ospedale, strutturato in 7 livelli, pone i sani all'ultimo e poi gli altri nei piani inferiori. Ogni livello inferiore corrisponde ad un aggravamento del male. Ovviamente Corte, affetto solo da manie, viene installatoaccolto subito al settimo livello, in attesa che i medici riescano a convincerlo che non ha nulla e lo rispediscano a casa. Corte inizia un buon ''iter'' verso la guarigione, ma una serie di cause concatenate fa sì che venga trasferito nei piani più bassi. Prima il ricovero di una donna che vorrebbe, al settimo piano, tre camere (per lei e i 2 figli), poi gli scrupoli di un medico allarmista, successivamente un [[eczema]] (presumibilmente da stress) che gli appare su una gamba e lo fa scendere addirittura di due piani, poi un errore amministrativo, infine le ferie dei dipendenti. Via via Giuseppe Corte discende i vari piani della clinica, purmentre nonè essendosilasciato affattoall' aggravatointuizione (nondel halettore nulla).se Laun cosaeffettivo loaggravamento condizionadel amale talci puntosia dao farlono. ammalareNonostante sulle serio,continue proteste e litigi nei finchéconfronti del personale dell'ospedale, in piena estate, l'ultimo errore lo conduce al temutissimo piano terra (raccontatogli, quand'erasulla alcui settimo,desolazione dae untristezza altroera ipocondriacostato ricoveratoinformato dal da due mesi). In pratica si tratta della sala mortuaria. Qui, sulla folliavicino di Corte, finisce il racconto, che lascia trapelare la sua morte per paurastanza.
Ricoverato a questo livello, Croce, poco cosciente dell' "enorme peso interiore" che lo affligge, tenta ancora una volta di persuadere se stesso e le infermiere circa la sua sanità. Ma inesorabilmente in tutta la stanza si fa sempre più buia dato che le serrande cominciano a chiudersi automaticamento in risposta ad un "misterioso comando".
 
== Significato ==
 
Come tutte le opere di Dino Buzzati, l'ambientazione surreale è funzionale al messaggio e alle tematiche che lo scrittore vuole comunicare.
Il racconto diventa dunque metafora della caducità e transitorietà della vita e sulla incapacità psicologica da parte dell'uomo di adattarsi alla realtà della morte.
La disperazione del protagonista cresce contemporaneamente alla discesa verso il basso. Egli non si informa mai circa la natura della sua malattia, proietta la sua desolazione al di fuori di sè, ricercando la causa all'esterno, verso il mondo dei vivi. Rifiuta di guardarsi dentro. Fino a che è circondato da persone sane, ovvero i ricoverati del settimo piano, il suo sguardo è libero di vagare nella natura circostane e gode della vastità dell'ambiente che lo circonda. Il piano terra (la morte) appare lontana, e rifiuta categoricamente di accettarla. Fa di tutto per non parlare dei lamenti che da esso provengono, e prova spantosi brividi ogni volta che ne contempla le serrande abbassate. Ma la discesa al piano terra dal settimo è inevitabile, non se ne può sfuggire. La morte arriva anche quando non si è in grado di accettarla. Croce urla, litiga e si attacca ai dottori, alle infermiere per ribadire che è sano, rifiutando di staccarsi del mondo dei sani e la saggezza di chi sa accettare il triste destino della precarietà della vita. Nel fare ciò non si cura di ciò che avviene dentro di lui, ovvero della malattia, su cui anche il lettore rimane all'oscuro. Non guarda dentro di sè, non sa accettare la legge naturale che vale per ogni uomo. Proiettando all'esterno il problema, ed evitando di risolvere con sè stesso il drammatico conflitto, cade nella solitudine e in una disperazione senza possibilità di ritorno. Ecco che dalla finestra del piano terra, a differenza del settimo piano, tutto appare immobile. Il suo sguardo non riesce andare oltre le foglie degli alberi che lo circondano, e anch'esse appaiono, almeno alla vista un po' annebbiata del paziente, ferme: non c'è futuro per la sua vita. Solo inforcando gli occhiali (che potrebbero simboleggiare la ragione o la saggezza), vede muoversi qualcosa, un alito di vento che fa oscillare debolmente i rami. E' lasciata al lettore se ciò equivalga ad un piccolo messaggio di speranza.
 
[[categoria:opere di Dino Buzzati]]