Vāc: differenze tra le versioni

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Nuova pagina: '''Vāc''', sostantivo femminile dal significato di "parola", "voce", o anche "suono"; come nome, identifica la Dea della Parola nel periodo vedico de...
 
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==Vāc, la Parola==
[[File:Gayatri Mantra.tif|thumb|290px|Il celebre [[Gāyatrī]] mantra scritto in caratteri devanāgarī. L'inno è un'invocazione al dio saloare [[Savitṛ]], ed è considerato «madre dei Veda». La ''Chāndogya Upaniṣad'' identifica Gāyatrī con la Parola.]]
Nell'Induismo la [[parola]], intendendo con questa sia la parola orale (o mentale) sia la parola rivelata, la sua genesi, il suo uso e i suoi significati nel [[linguaggio]] e nei [[culto|culti]], è sempre stata oggetto di attente speculazioni da parte di tutte le scuole [[filosofia|filosofiche]]<ref name=Tucci>[[Giuseppe Tucci]], ''Storia della filosofia indiana'', Editori Laterza, 2005, cap. 12.</ref>. L'importanza della parola è già evidente nel periodo vedico.
 
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In quest'altro del ''[[Śatapatha Brāhmaṇa]]'' è possibile invece cogliere il conflitto fra Mente e Parola:
{{q|In principio questo universo non era né Essere né Nonessere. In principio, in verità, questo universo esisteva e non esisteva: solo la Mente esisteva. - ...Questa Mente non era, per così dire, né esistente né non-esistente. - Questa Mente, una volta creata, desiderò di divenire manifesta... - Quella Mente allora creò la Parola. Questa Parola, una volta creata, desiderò di divenire manifesta, più visibile, più fisica. Cercò un sé. Praticò una fervida concentrazione. Acquisì una sostanza. Essa era i trentaseimila fuochi del suo stesso sé, fatti della Parola, costituiti dalla Parola... con la Parola essi cantarono e con la Parola essi recitarono. Qualunque rito si compia nel sacrificio, qualunque rito sacrificale esista, esso è compiuto dalla sola Parola, come rappresentazione vocale, su fuochi composti di Parola, costituiti da Parola... - Quella Parola creò il Respiro Vitale.|''Śatapatha Brāhmaṇa'' X, 5, 3, 1-5; citato in Raimon Panikkar, ''I Veda. Mantramañjarī'', vol. I, p. 146}}
 
==Vāc nelle Upaniṣad==
Nelle ''[[Upaniṣad]]'', i commenti di natura filosofica in parte contemporanei, in parte successivi ai ''Brāhmaṇa'', dove l'attenzione è ormai spostata verso la realizzazione individuale, dove il rito e la liturgia hanno perso la loro importanza primaria, Vāc non può più assicurare la mediazione verso il divino, anzi proprio perché si colloca fra l'uomo e Dio, diventa ostacolo. L'interesse è tutto verso Chi rende manifesta la Parola:<ref name=Panikkar/>
{{q|Colui che dimora nella parola, che è diverso dalla parola e interno a essa, colui che la parola non conosce, colui per il quale la parola è il corpo, colui che ispira la parola dall'interno, egli è il Sé, l'Ispiratore interno, l'Immortale.|''[[Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad]]'' III, 7, 17; ; citato in Raimon Panikkar, ''I Veda. Mantramañjarī'', vol. I, p. 150}}
 
Con le ''Upaniṣad'' lo storico conflitto fra Mente e Parola si chiude a favore della prima:
{{q|La mente invero è più della parola. [...] Perché il Sé, ''atman'', è mente, il mondo è mente, il ''brahman'' è mente. Venera la mente.|''[[Chāndogya Upaniṣad]]'' 7, 3, 1; citato in Roberto Calasso, ''L'ardore'', ''Op. cit.'', pp. 153-154}}
 
E il saggista [[Roberto Calasso]] così commenta:
{{q|Lo spartiacque fra Oriente e Occidente, a cui tanta pensosità è stata dedicata, viene tracciata in questo punto. Tutto il resto consegue da quella divergenza radicale, a cui l'India non avrebbe mai rinunciato, dal Veda al Vedānta.|Roberto Calasso, ''L'ardore'', ''Op. cit.'', p. 153}}
 
Nel periodo post-vedico, la Dea Vāc verrà assimilata nella Dea della Sapienza, [[Sarasvatī]].