Varanus komodoensis: differenze tra le versioni

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{{vedi anche|Partenogenesi}}
[[File:Parthkomodo.jpg|thumb|right|Un piccolo drago di Komodo [[Partenogenesi|partenogenetico]] allo Zoo di Chester ([[Inghilterra]]).]]
Allo Zoo di Londra, verso la fine del 2005, una femmina di drago di Komodo chiamata Sungai depose una covata di uova pur essendo stata separata dal suo compagno per più di due anni. Inizialmente gli studiosi ipotizzarono che fosse riuscita in qualche modo a immagazzinare lo [[Spermatozoo|sperma]] ricevuto dai suoi primi incontri con il maschio, attraverso un [[adattamento]] noto come superfecondazione<ref>{{Cita web |autore=Morales, Alex |editore=[[Bloomberg Television]] |url=http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601082&sid=apLYpeppu8ag&refer=canada |titolo=Komodo Dragons, World's Largest Lizards, Have Virgin Births |accesso=28 marzo 2008 |opera=}}</ref>. Il 20 dicembre 2006 anche Flora, una femmina dello Zoo di Chester ([[Inghilterra]]), depose 11 uova non fecondate; 7 di queste, contenenti solo maschi, riuscirono a schiudersi<ref>Notice by her cage in Chester Zoo in [[Inghilterra|England]]</ref>. Gli scienziati dell'Università di Liverpool effettuarono analisi genetiche su tre di queste uova, che si afflosciarono poco dopo essere rimosse dall'incubatrice, e verificarono che Flora non era mai entrata in contatto fisico con un drago maschio. Dopo aver scoperto la strana situazione delle uova di Flora, le analisi dimostrarono che anche quelle di Sungai erano state prodotte senza fecondazione esterna<ref>{{Cita news |editore=The Times |url=http://www.timesonline.co.uk/tol/news/uk/article759338.ece |titolo=Wise men testify to Dragon's virgin birth |accesso=26 novembre 2007 |pubblicazione= | ___location=London | nome=Mark | cognome=Henderson | data=21 dicembre 2006}}</ref>. Il 31 genniaiogennaio 2008 il Sedgwick County Zoo di [[Wichita]] (Kansas) divenne il primo zoo americano a documentare la partenogenesi nei draghi di Komodo. Nello zoo vi erano due femmine adulte; una di queste depose circa 17 uova tra il 19 e il 20 maggio del 2007. Per problemi di spazio ne vennero incubate solo due, che si schiusero il 31 gennaio e il 1° febbraio del 2008. Entrambi i piccoli erano maschi<ref>[http://web.archive.org/web/20080211184900/http://www.scz.org/n_recent.html "Recent News - Sedgwick County Zoo"]. Sedgwick County Zoo. Archived from [http://www.scz.org/n_recent.html the original] on 2008-02-11. Retrieved 2008-02-12.</ref><ref>{{Cita web |editore=[[MSNBC]] |url=http://www.msnbc.msn.com/id/23058689/ |titolo=Komodo dragons hatch with no male involved |accesso=12 febbraio 2008 |opera=}}</ref>.
 
Al contrario del sistema XY dei mammiferi, i draghi di Komodo presentano il [[Determinazione del sesso|sistema di determinazione del sesso]] cromosomico ZW. La progenie maschile prova che le uova non fecondate di Flora erano inizialmente cellule [[Cellula aploide|aploidi]] (n) che, in seguito a suddivisione, divennero [[Diploidia|diploidi]] (2n; essendo state fecondate da un corpo polare o da una duplicazione cromosomica senza [[divisione cellulare]]), piuttosto che cellule diploidi prodotte nelle sue [[Ovaia|ovaie]] tramite divisione [[Meiosi|meiotica]]. Quando una femmina di drago di Komodo (con cromosomi sessuali ZW) si riproduce in questo modo, provvede alla progenie con un solo cromosoma delle sue coppie di cromosomi, compreso solo uno dei suoi due cromosomi sessuali. Questo singolo set di cromosomi viene duplicato nell'uovo, che si sviluppa partenogeneticamente. Le uova che hanno ricevuto un [[cromosoma]] Z divengono ZZ (dando vita a un maschio); quelle che hanno ricevuto un cromosoma W divengono WW, ma interrompono lo sviluppo<ref name="ZW">{{Cita news |editore=BBC News |url=http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/6196225.stm |titolo=Virgin births for giant lizards |accesso=13 marzo 2008 |pubblicazione= | data=20 dicembre 2006}}</ref><ref>{{Cita web |editore=Scientific American |url=http://www.sciam.com/article.cfm?id=strange-but-true-komodo-d |titolo=Strange but True: Komodo Dragons Show that "Virgin Births" Are Possible: Scientific American |accesso=24 marzo 2008 |opera=}}</ref>.