Vāc: differenze tra le versioni
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{{q|''Vāc'' è proprio la Parola totale vivente, vale a dire la Parola nella sua interezza compresi i suoi aspetti materiali, il suo riverbero cosmico, la sua forma visibile, il suo suono, il suo significato, il suo messaggio. ''Vāc'' è più che mero significato o suono privo di senso; è più di una semplice immagine o veicolo di determinate verità spirituali. Essa non contiene rivelazione, ''è'' rivelazione. Era al principio. È l'interezza della ''śruti''. La ''śruti'' è ''vāc''.|Raimon Panikkar, ''I Veda. Mantramañjarī'', vol. I, p. 120}}
Vāc già esisteva sin dal principio: fu la prima manifestazione dell'[[Assoluto]], ed è proprio nella Parola che [[Dio]] e l'uomo si incontrano<ref
{{q|Quella Sacra Parola che nacque per prima a Est - il Veggente l'ha rivelata dall'orizzonte splendente. - Egli dischiuse i suoi svariati aspetti, alto e basso, - il grembo dell'Esistente e del Nonesistente. -- Possa questa Regina ancestrale che dimora tra gli esseri - avanzare verso la creazione primordiale! - Io ho portato a lei questo splendente Uccello Solare. - Possano essi offrire latte caldo a colei che è assetata di adorazione.|''[[Atharvaveda|Atharvavedasaṃhitā]]'' IV, 1-2; citato in Raimon Panikkar, ''I Veda. Mantramañjarī'', vol. I, p. 142}}
Secondo la tradizione, i ''[[ṛṣi]]'', cioè i saggi che per primi cantarono le strofe dei Veda, lo fecero in uno stato di ispirazione nel quale ''videro'' i versi stessi, difatti uno dei significati attribuiti al termine ''ṛṣi'' è "veggente".
Nella ''saṃhitā'' del ''[[Ṛgveda]]'' l'inno dedicato a Vāc è uno dei più splendidi<ref>"Questo inno, sebbene il termine ''vāc'' non vi compaia mai, è il canto più splendido mai dedicato a questo principio femminile, la ''devī'' del potere supremo, che sarà in seguito conosciuta con il nome di ''śakti''.": Raimon
{{q|Mi muovo con i Rudra e anche con i Vasu, - mi muovo con gli Àditya e tutti gli Dei. - Sostengo sia Mitra che Varuna, - lndra e Agni e i due Asvin. -- Sostengo Soma l'esuberante; - sostengo Tvastar, Pusan e Bhaga. - Riverso ricchezza su colui che offre l'oblazione, - l'adoratore e il pio spremitore di Soma. -- Io sono la Regina che governa, colei che accumula tesori, - piena di saggezza, la prima di coloro che sono degni di adorazione. - In diversi luoghi le energie divine mi hanno posta. - Io entro in molte case e assumo numerose forme. -- L'uomo che vede, che respira, che sente parole pronunciate, - ottiene il proprio nutrimento solo attraverso me. - Pur non riconoscendomi, egli dimora in me. - Ascolta, tu che conosci! Ciò che io dico è degno di fede.|''Ṛgvedasaṃhitā'' X, 125, 1-4; citato in Raimon Panikkar, ''I Veda. Mantramañjarī'', vol. I, pp. 130}}
==Vāc nei Brāhmaṇa==
Nei ''[[Brāhmaṇa]]'', i testi religiosi in prosa che seguirono le ''saṃhitā'' dei Veda, la parola si riveste di significati ancora più pregnanti, acquistando quasi un potere magico, ma al contempo comincia a perdere la sua autorità, incalzata da ''manas'', la [[mente]]. È un vero e proprio conflitto per la supremazia quello che sorge fra Mente e Parola, fra pensiero meditativo e formula orale, fra parola interiore e parola pronunciata. Se da un lato vediamo che Vāc, la Dea, diviene così importante da identificarsi col [[yajña|sacrificio]], da diventare la consorte di [[Prajapati]], il Creatore nella letteratura dei ''Brāhmaṇa'', dall'altro ''manas'', il pensiero che si svolge nell'intimo dell'uomo, si propone come mezzo per il divino.<ref>Raimon
Questo passo del ''[[Tāṇḍya Mahā Brāhmaṇa]]'' (uno dei ''Brāhmaṇa'' più antichi<ref>vedi Maurice Winternitz, [http://books.google.it/books?id=FYPOVdzZ2UIC&pg=PR14&dq=A+History+of+Indian+Literature,+Volume+1+Di+Maurice+Winternitz,Moriz+Winternitz,V.+Srinivasa+Sarma&hl=it&ei=rFCpTuXoMuX34QSO78wj&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CC0Q6AEwAA#v=onepage&q&f=false ''A History of Indian Literature'' Volume 1], Dehli, 2003; p.177.</ref>) anticipa l'incipit del ''[[Vangelo secondo Giovanni]]'' e mette in evidenza il ruolo primario della Parola nella [[creazione (teologia)|creazione]] del mondo:
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==Vāc nelle Upaniṣad==
Nelle ''[[Upaniṣad]]'', i commenti di natura filosofica in parte contemporanei, in parte successivi ai ''Brāhmaṇa'', dove l'attenzione è ormai spostata verso la realizzazione individuale, dove il rito e la liturgia hanno perso la loro importanza primaria, Vāc non può più assicurare la mediazione verso il divino, anzi proprio perché si colloca fra l'uomo e Dio, diventa ostacolo. L'interesse è tutto verso Chi rende manifesta la Parola:
{{q|Colui che dimora nella parola, che è diverso dalla parola e interno a essa, colui che la parola non conosce, colui per il quale la parola è il corpo, colui che ispira la parola dall'interno, egli è il Sé, l'Ispiratore interno, l'Immortale.|''[[Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad]]'' III, 7, 17; ; citato in Raimon Panikkar, ''I Veda. Mantramañjarī'', vol. I, p. 150}}
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