Metilde Viscontini Dembowski: differenze tra le versioni
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== Biografia ==
[[File:Kauffmann Elena Bianca Viscontini.jpg|thumb|left|200px|[[Angelika Kauffmann]]: ritratto di Bianca Ferrario, nonna materna di Metilde, con la figlia Elena Viscontini, ca 1772]]
Elena Maria Metilde<ref>Questi i suoi nomi registrati all'anagrafe parrocchiale: in particolare risulta Metilde, e non Matilde, come spesso viene chiamata. Cfr. M. Boneschi, ''La donna segreta'', 2010, p. 22.</ref> fu la seconda figlia di Carlo Viscontini e di Luigia Marliani. La primogenita Maria Beatrice era nata nel [[1788]]
Metilde era nata suddita austriaca, regnando ancora l'imperatore [[Giuseppe II del Sacro Romano Impero|Giuseppe II]], cui succedette venti giorni dopo [[Leopoldo II del Sacro Romano Impero|Leopoldo II]], e [[Milano]] era già una moderna e avanzata città europea, ricca di traffici, di palazzi prestigiosi e di vita mondana, al cui centro stava il [[teatro alla Scala]], inaugurato poco più di dieci anni prima. Aveva appena cominciato la propria istruzione, che sarà varia e accurata, quando il [[15 maggio]] [[1796]] nella città entrava il generale [[Napoleone Bonaparte|Bonaparte]] e con l'aiuto delle truppe francesi Milano diveniva la capitale della [[Repubblica Cisalpina]]. Dopo la breve riconquista austriaca, tornarono i francesi costituendo la [[Repubblica Italiana (1802-1805)|Repubblica]] e poi, dal [[1805]], il [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]] di Napoleone e di [[Eugenio di Beauharnais]].
La ragazza crebbe con i fratelli e le cugine Milesi, indipendenti e versatili come [[Bianca Milesi|Bianca]], che studiò filosofia, anatomia, economia con [[Melchiorre Gioia]], pittura con [[Andrea Appiani]], e s'impegnò in politica, disinibite come Francesca, che sposerà l'avvocato Giovanni Battista Traversi, uno spregiudicato finanziere legato alla politica come lo zio materno di Metilde, l'avvocato Rocco Marliani, «uno dei più rispettabili cittadini di Milano [...], uomo virtuoso [...], uno dei padri coscritti» della Milano democratica.<ref>Stendhal, ''Rome, Naples et Florence'', I, 1826, p. 116.</ref>
=== Il matrimonio ===
[[File:Ugo Foscolo.jpg|thumb|150px|Ugo Foscolo]]
Il [[6 luglio]] [[1807]] Metilde sposò [[Jan Dembowski]] ([[1773]]-[[1823]]), ufficiale [[Regno d'Italia (1805-1814)|napoleonico]] di diciassette anni più vecchio di lei. Questo militare polacco, coraggioso apprezzato dai suoi superiori, aveva fatto la campagna d'Italia del [[1800]] ed era divenuto cittadino della Repubblica nel [[1803]]. I genitori di Metilde gli accordarono il fidanzamento con Metilde nel [[1806]] senza badare alla volontà della figlia, e il matrimonio risultò sorprendente per l'assoluta diversità di caratteri e di interessi tra il Dembowski, persona dura e sbrigativa, e Metilde, delicata e riflessiva. I due coniugi andarono ad abitare in un appartamento dei Viscontini in via San Maurilio, da dove il marito partì qualche mese dopo per la [[Spagna]], senza poter vedere la nascita del primo figlio Carlo, avvenuta il [[9 aprile]] [[1808]].
Metilde fu una delle tante donne corteggiate dal [[Ugo Foscolo|Foscolo]], ma non gli corrispose, mantenendo con lui rapporti di sincera amicizia. Sembra invece che durante la lunga assenza del marito Metilde si sia innamorata di un corteggiatore rimasto sconosciuto. Non si sa quanto importante fosse quella relazione, ma le voci corsero e giunsero fino al marito, quando questi tornò in Italia il [[10 agosto]] [[1810]] con il grado di [[generale di brigata]], il titolo di [[barone]] e l'[[Ordine della Corona Ferrea|ordine della Corona di ferro]]. La convivenza si fece sempre più difficile a causa dei comportamenti violenti del Dembowski, né valse a temperarli la nascita, il [[12 gennaio]] del [[1812]], del secondogenito [[Ercole Dembowski|Ercole]].
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=== La separazione ===
[[File:Anna Fjodorovna orosz nagyhercegné.jpg|thumb|150px|Julie di Sassonia Coburgo]]
Metilde, stanca delle sue violenze, a luglio lo lasciò e trovò ospitalità presso il fratello Ercole. Chiesta la separazione dal marito, nel marzo del [[1815]] partì con il figlio più piccolo per la [[Svizzera]]. Grazie alle raccomandazioni dei suoi parenti, Metilde fu accolta a [[Berna]] dai coniugi Beuther: il signor Beuther era un banchiere, la moglie Anne la sorella di [[Karl Ludwig von Haller]], che faceva parte del Gran Consiglio della Repubblica. Della vasta cerchia delle loro amicizie rientrava la granduchessa [[Giuliana di Sassonia-Coburgo-Gotha|Julie di Sassonia-Coburgo-Sachfeld]], sorella del duca [[Ernesto I di Sassonia-Coburgo-Gotha|Ernesto]] e già cognata dello zar [[Alessandro I di Russia|Alessandro I]] in quanto moglie separata del granduca Costantino. Da parte loro, le autorità cittadine raccoglievano informazioni sul conto di Metilde. Un rapporto del [[1816]] del procuratore di Berna riferisce le dicerie circolanti a Milano, secondo le quali ella avrebbe avuto, quando il marito era in Spagna, «con un'altra persona un qualche intrigo amoroso di cui restarono delle conseguenze».<ref>Michel
Da [[Zurigo|Hottingen]] riceveva le lettere del Foscolo, che aveva lasciato l'Italia poche settimane dopo di lei, e aveva saputo da comuni conoscenti della sua presenza a Berna. I due s'incontrarono nel maggio del [[1816]] a [[Berna|Brunnadern]], dove Metilde aveva affittato una casa per passarvi la bella stagione. In giugno Metilde tornò brevemente a Milano per abbracciare il figlio Carlo, che il marito aveva deciso di mandare nel collegio degli scolopi di [[Volterra]]. In agosto ritrovò a Berna per l'ultima volta il Foscolo, che il [[12 settembre]] si stabiliva a [[Londra]].
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[[File:Stendhal fr.jpg|thumb|right|140px|Stendhal]]
Stendhal s'innomorò immediatamente di lei. La descrisse come «una figura lombarda, di quelle che Leonardo da Vinci ha riprodotto con tanto fascino nelle sue ''Erodiadi'' [...], il naso leggermente aquilino, un ovale perfetto, le labbra sottili e delicate, grandi occhi bruni melanconici e timidi e la più bella fronte, dal cui mezzo si dividono i più bei capelli castano-scuri».<ref>Stendhal, ''Promenades dans Rome'', II, 1866, p. 145.</ref> Le sue profferte furono sempre respinte, ma per tre anni s'illuse di poterla conquistare.
Credendo che lei lo respingesse ritenendolo un comune seduttore, s'impose di non approfittare dei favori che alcune note donne galanti era ben disposte ad accordargli, come la contessa Luigia Cassera o la celebre cantante [[Elena Viganò]].<ref>Stendhal, ''Ricordi d'
Egli riteneva che la freddezza di Metilde fosse dovuta all'influenza della cugina Francesca Milesi, responsabile, a suo dire, di averlo messo in cattiva luce, e si vendicherà di lei raffigurandola nella ''[[La Certosa di Parma (romanzo)|Certosa di Parma]]'' nel personaggio dell'intrigante marchesa Roversi, mentre a Metilde dedicherà le figure delle due protagoniste de ''[[Il rosso e il nero]]'': l'orgogliosa marchesa de La Mole porta il nome di Mathilde, e la dolce e infelice Madame de Rênal ha il carattere della Viscontini. Stendhal la vide per l'ultima volta il [[7 giugno]] [[1821]], e il [[13 giugno]] lasciò Milano per la Svizzera, diretto in Francia.
=== «Maestra giardiniera» ===
Forse, come sospettava Stendhal, Metilde aveva una relazione con il conte Giuseppe Pecchio, ed entrambi erano affiliati alla ''Società dei Federati'', un circolo cospirativo legato ai liberali piemontesi, che si proponeva di suscitare un'[[Moti del 1820-1821|insurrezione]] a Milano contando sull'appoggio del [[Carlo Alberto di Savoia|principe di Carignano]]. Federati erano quasi tutti gli amici di Metilde, Federico Confalonieri e la moglie Teresa Casati, Giuseppe Vismara, [[Giovanni Arrivabene]], [[Pietro Borsieri]], [[Benigno Bossi (patriota)|Benigno Bossi]], [[Gaetano de Castilla]], i cugini [[Emanuele Marliani]] e Bianca Milesi, [[Camilla Besana Fé]], [[Maria Frecavalli]]. Le donne erano chiamate «maestre giardiniere».
A seguito della denuncia di Carlo de Castilla, fratello di Gaetano, Confalonieri fu arrestato il [[13 dicembre]] [[1821]] e fece i nomi dei complici, tra i quali figuravano Metilde e Stendhal, allora già rientrato in Francia.
[[Alexandre Andryane]], anch'egli implicato nei processi del [[1821]] e imprigionato allo [[Spielberg]], la ricorda nei suoi ''Mémoires d'un prisonnier d'État'', pubblicati nel [[1837]]. Stendhal scrisse di lei che «ella disperava della società, quasi della natura umana, aveva come rinunciato a trovarvi ciò che era necessario al suo cuore». Come donna separata, avvertiva infatti la disapprovazione della società e non era infelice soltanto per questo: nelle sue ultime lettere alla granduchessa Julie si «mostra disperata per l'avvenire dei suoi figli, per l'Italia asservita, sognando l'esilio e il ritorno agli anni» trascorsi in Svizzera, come i meno infelici della sua vita.<ref>M.
La ricordarono anche Teresa Casati come «donna angelica» che «riuniva in sé tutte le perfezioni di un'adorabile sensibilità con l'energia che rende capaci delle azioni più sublimi», e la contessa Maria Frecavalli, che la descrisse quale «modello di madre» che «amava anche la gloria del suo paese [...] e la sua anima energica soffrì troppo a lungo per il suo asservimento e per la perdita dei suoi amici».<ref>M.
== Bibliografia ==
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*Michel Crouzet, ''Stendhal : il signor Me stesso'', Roma, Editori Riuniti, 1990 <small>ISBN 88-359-3413-3</small>
*''Profili di donne lombarde : quattro protagoniste dell'aristocrazia nel XIX e XX secolo : Metilde Viscontini Dembowski, Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Paolina Calegari Torri, Maura Dal Pozzo d'Annone'', a cura di Franca Pizzini, Milano, Mazzotta, 2009 <small>ISBN 978-88-202-1939-0</small> (il capitolo su Metilde Dembowski è di M. Boneschi)
*Marta Boneschi, ''La donna segreta : storia di Metilde Viscontini Dembowski'', Venezia, Marsilio, 2010 <small>ISBN 978-88-317-0730-5</small>
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