Vāc: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m r2.7.1) (Bot: Aggiungo: nn, ru, sv, ta Modifico: es |
|||
Riga 5:
Nell'Induismo la [[parola]], intendendo con questa sia la parola orale (o mentale) sia la parola rivelata, la sua genesi, il suo uso e i suoi significati nel [[linguaggio]] e nei [[culto|culti]], è sempre stata oggetto di attente speculazioni da parte di tutte le scuole [[filosofia|filosofiche]]<ref name=Tucci>[[Giuseppe Tucci]], ''Storia della filosofia indiana'', Editori Laterza, 2005, cap. 12.</ref>. L'importanza della parola è già evidente nel periodo vedico.
Nei [[Veda]], infatti, la parola umana non è considerata alla stregua di un semplice strumento per comunicare: innanzitutto è tramite la parola ("parola" nel senso di "[[comunicazione]]" verbale) che è possibile apprendere e diffondere la [[rivelazione]], i Veda stessi cioè. D'altronde, si ricorda, prima che in forma scritta, in [[India]] i testi sacri furono tramandati oralmente per generazioni. Ma la parola non è soltanto il mezzo col quale la rivelazione (''[[śruti]]'') diviene accessibile:
{{q|''Vāc'' è proprio la Parola totale vivente, vale a dire la Parola nella sua interezza compresi i suoi aspetti materiali, il suo riverbero cosmico, la sua forma visibile, il suo suono, il suo significato, il suo messaggio. ''Vāc'' è più che mero significato o suono privo di senso; è più di una semplice immagine o veicolo di determinate verità spirituali. Essa non contiene rivelazione, ''è'' rivelazione. Era al principio. È l'interezza della ''śruti''. La ''śruti'' è ''vāc''.|Raimon Panikkar, ''I Veda. Mantramañjarī'', vol. I, p. 120}}
|