Conventio ad excludendum: differenze tra le versioni

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'''Conventio ad excludendum''' è una locuzione latina con la quale si intende definire un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l'esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione.
 
==Il caso del PCI==
L'espressione, molto usata nel linguaggio politico italiano, venne coniata negli [[anni 1970|anni settanta]] da [[Enrico Berlinguer]], segretario del [[Partito Comunista Italiano]], per denunciare il persistente rifiuto di molte forze politiche, sostanzialmente del [[pentapartito]] [[Democrazia Cristiana|DC]]-[[Partito Socialista Italiano (1892-1994)|PSI]]-[[PSDI]]-[[Partito Liberale Italiano (1943-1994)|PLI]]-[[Partito Repubblicano Italiano|PRI]], a considerare il [[Partito Comunista Italiano|partito comunista]] quale possibile forza democratica di governo.
Queste forze temevano il legame tra il PCI e l'Unione Sovietica e i paesi satelliti, retti tutti da sistemi di dittatura.
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Commentando l'[[autobiografia]] di [[Giorgio Napolitano]], la giornalista [[Barbara Spinelli]] sostiene che la "conventio ad excludendum" sarebbe stata, in buona parte, una "conventio ad auto-excludendum", in quanto sarebbe stato il P.C.I. a non voler scegliere una strada [[Riformismo|riformista]] e a non volersi separare dall'[[Unione Sovietica]].<ref>''[http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=40&ID_articolo=23&ID_sezione=55&sezione= La questione comunista]'', articolo di [[Barbara Spinelli]] su [[La Stampa]].it del [[14 maggio]] [[2006]]. La frase di Napolitano da cui la giornalista prende spunto è la seguente: ''"«Naturalmente era facile denunciare come causa della "democrazia bloccata" il permanere di una ''conventio ad excludendum'' nei confronti del Pci. Ma per quanto si potesse bollare questa preclusione come arbitraria, (...) sarebbe stato ormai necessario riconoscerne il fondamento nel persistente ancoraggio (...) al campo ideologico e internazionale guidato dall'Unione Sovietica»"''</ref>
 
==Il caso del MSI==
Un altro tipo di ''conventio ad excludendum'', di segno opposto, nella politica nazionale italiana fu quello che escluse per decenni il [[Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale|M.S.I.]] non solo dall'accesso al governo, ma spesso anche da qualunque tipo di collaborazione o dialogo con le altre forze politiche, a causa del legame troppo stretto tra questo partito e il disciolto [[Partito Nazionale Fascista|Partito Fascista]]. In questo caso, il tacito accordo di esclusione era formalizzato dall'espressione [[arco costituzionale]], che includeva tutte le forze (P.C.I. compreso) che avevano partecipato alla [[Resistenza italiana|Resistenza]] [[antifascismo|antifascista]] ed alla stesura della [[Costituzione della Repubblica italiana|Costituzione]], e teneva fuori i [[neofascismo|neofascisti]].
 
==Conventio ad tacendum=
Molto simile al precedente è il caso indicato da un'altra formula latina: ''Conventio ad excludendum''. La locuzione indica un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine il tacere su una particolare circostanza, dato o realtà.
 
Assume spesso funzioni di autodifesa: una minoranza, ad esempio, evita di sottolineare gli aspetti di diversità rispetto alla maggioranza, allo scopo di non suscitare sospetti o risentimenti.
 
Nella storia, si trovano anche esempi in campo politico: nella [[Spagna]] di [[Francisco Franco]], ad esempio, era un titolo di merito per una persona od un'azienda il fatto di essere italiana, almeno fino al [[1943]]. Dopo, era più opportuno evitare di citare questa circostanza, che sarebbe risultata più di svantaggio che di vantaggio. Nell'Italia successiva alla [[Seconda Guerra Mondiale]], invece, per alcuni decenni venne particolarmente colpita da questa "esclusione di menzione" la città di [[Forlì]], in quanto era percepita, essendo stata la "Città del Duce", come uno dei simboli del passato regime: in sostanza, tutte le volte che non fosse proprio inevitabile citarla, Forlì non doveva essere nemmeno nominata<ref>[http://digilander.libero.it/idea.ap/landi.htm M. Landi, ''Propaganda e antipropaganda. Il caso Forlì''].</ref>.
 
 
 
 
 
==Note==