Platone: differenze tra le versioni
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[[File:Plato-raphael.jpg|thumb|right|300px|Platone, particolare della ''[[Scuola di Atene]]'' di [[
{{Bio
|Nome = Platone
|Cognome =
|PreData = in [[lingua greca|greco]] Πλάτων, ''Pláton''
|Sesso = M
|LuogoNascita = Atene
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = [[428 a.C.]]/[[427 a.C.]]
|LuogoMorte = Atene
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = [[348 a.C.]]/[[347 a.C.]]
|Attività = filosofo
|Nazionalità = ateniese
|PostNazionalità =
}}
Assieme al suo maestro [[Socrate]] e al suo allievo [[Aristotele]] ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale.<ref>Così ad esempio il prof. Battista Mondin: «Platone è filosofo sommo, il filosofo per eccellenza. Indubbiamente anche la figura di Aristotele rifulge di luminoso fulgore. Ma […] nessun altro filosofo ha influenzato quanto Platone il destino della filosofia occidentale. Le sue dottrine gnoseologiche, metafisiche, etiche, politiche, estetiche, assimilate dal cristianesimo, sono diventate eredità permanente della cultura medioevale e della cultura moderna. La figura di Platone è fondamentale, gigantesca e poliedrica. Oltre che la storia della filosofia essa interessa la storia della poesia, della letteratura e della lingua greca. […] La straordinaria grandezza di Platone è stata riconosciuta in ogni tempo» (''Storia della metafisica'', vol. I, pag. 139, E.S.D., 1998, ISBN 978-88-7094-313-9).</ref><ref name=Whitehead>«The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a series of footnotes to Plato» (A. N. Whitehead, in ''Process and Reality'', p. 39, Free Press, 1979).</ref>
==
Nacque ad [[Atene]] da genitori aristocratici: il padre Aristone, che vantava tra i suoi antenati [[Codro]], l'ultimo leggendario re d'Atene, gli impose il nome del nonno, cioè Aristocle; anche la madre, Perittione, secondo [[Diogene Laerzio]], discendeva dal famoso legislatore [[Solone]]<ref>«Crizia, uno dei Trenta e Glaucone erano figli di Callescro. Glaucone era padre di Carmide e di Perittione. Da Perittione e Aristone, nacque Platone, sesto da Solone» (Diogene Laerzio, a cura di
La sua data di nascita viene fissata da [[Apollodoro di Atene]], nella sua ''Cronologia'', all'ottantottesima [[Olimpiade]], nel settimo giorno del mese di Targellione, ossia alla fine di maggio del 428 a.C.<ref>Fonte utilizzata anche da Diogene Laerzio (III, 1-41), cfr. [http://marin.unisal.it/Sintesi%20di%20Storiografia%20FA%202010.pdf Storiografia filosofica antica], pag. 26 e 72.</ref> Ebbe due fratelli, Adimanto e Glaucone, citati nella sua ''[[Repubblica (Platone)|Repubblica]]'', e una sorella, Potone, madre di [[Speusippo]], futuro allievo e successore, alla sua morte, alla direzione dell'[[Accademia di Atene]].
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Platone si avvale del [[dialogo]] perché lo ritiene l'unico strumento in grado di riportare l'argomento alla concretezza storica di un dibattito fra persone e di mettere in luce il carattere di ricerca della filosofia, elemento chiave del suo pensiero. Egli vuole inoltre evidenziare col ricorso al dialogo la superiorità del discorso [[oralità|orale]] rispetto allo [[scrittura|scritto]]. Certo la parola scritta è più precisa e meditata rispetto all'oralità, ma mentre questa permette un immediato scambio di opinioni sul tema in discussione quella scritta interrogata non risponde.<ref>Cfr. ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'', 275 c, dove Platone fa dire a Socrate: «La [[scrittura]] ha una strana qualità, simile veramente a quella della [[pittura]]. I prodotti della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se domandi loro qualcosa, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano i discorsi. [...] Una volta che sia messo per iscritto, ogni discorso si rivolge a tutti, tanto a chi l'intende quanto a chi non se ne fa nulla [...]; esso da solo non può difendersi né aiutarsi» (trad. it. di Piero Pucci, Laterza, 1998, pag. 119).</ref>
In genere, si suole riunire i [[dialoghi platonici]] in vari gruppi. Secondo una linea interpretativa piuttosto datata, i primi dialoghi sarebbero caratterizzati dalla viva influenza di [[Socrate]] (primo gruppo); quelli della maturità in cui avrebbe sviluppato la teoria delle [[idee]] (secondo gruppo); e l'ultimo periodo quando sentì l'urgenza di difendere la propria concezione dagli attacchi alla sua filosofia, attuando una profonda autocritica della teoria delle idee (terzo gruppo).<ref>Si tratta di un'interpretazione risalente a Schleiermarcher e fatta propria da L. Stefanini e altri studiosi inglesi, cfr. in proposito L. Stefanini, ''Platone'', 2 voll., Padova 1932-1935.</ref> Secondo il nuovo paradigma interpretativo introdotto dalla scuola di Tubinga e di Milano, invece, i dialoghi platonici, al di là dello stile in evoluzione, presentano una coerenza sistematica di fondo, dove la dottrina delle idee, per quanto importante, non costituisce più la parte fondamentale del mondo sovrasensibile.<ref>Cfr. H. Krämer per la scuola di Tubinga, G. Reale per quella di Milano.</ref> Lo stile, che imita fedelmente la peculiarità del dialogo socratico,<ref>Platone riprodusse del dialogare di Socrate «quel reinterrogare senza posa, con tutte le impennate di dubbio, con gli improvvisi squarci che maieuticamente tendono alla verità, non rivelandola ma sollecitando l'anima dell'ascoltatore a trovarla [...] in lui solo è riconoscibile l'autentica cifra del filosofare socratico, che negli altri scrittori diviene per lo più trita maniera» (G. Reale, ''I problemi del pensiero antico dalle origini a Platone'', Milano 1972, pag. 347).</ref> muta notevolmente da un periodo all'altro: nei periodi giovanili si hanno interventi brevi e briosi che danno vivacità al dibattito; negli ultimi, invece, vi sono interventi lunghi, che danno all'opera il carattere di un trattato e non di un dibattito, trattandosi piuttosto di un dialogo dell'[[anima]] con se stessa, ma senza giungere mai a esporre compiutamente la propria dottrina in forma di scienza assoluta.<ref>«Non è, questa mia, una scienza come le altre: essa non si può in alcun modo comunicare, ma come fiamma s'accende da fuoco che balza: nasce d'improvviso nell'anima dopo un lungo periodo di discussioni sull'argomento e una vita vissuta in comune, e poi si nutre di se medesima» (Platone, ''lettera VII'', 341, c-d).</ref> La rinuncia, come già in Socrate, a comunicare in forma scritta il nucleo della propria dottrina porterebbe per di più a pensare che non solo la scrittura, ma anche l'oralità non fosse per Platone in grado di trasmetterla.<ref>Cfr. M. Isnardi
In genere il protagonista dei dialoghi è [[Socrate]]; soltanto negli ultimi dialoghi costui assume una parte secondaria, fino a scomparire del tutto nell<nowiki>'</nowiki>''[[Epinomide]]'' e nelle ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]''. La caratteristica di questi dialoghi è che il soggetto principale che dà il titolo all'opera è solito discorrere molto più dell'interlocutore a cui si rivolge, il quale si limita solamente a confermare o disapprovare quello che il protagonista espone.
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[[zh-min-nan:Platon]]
[[zh-yue:柏拉圖]]
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