Discussione:Mantra/sandbox: differenze tra le versioni

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L'atto di enunciare un mantra è detto ''uccāra'' in sanscrito; la sua ripetizione rituale va sotto il nome di ''japa'', e di solito è praticata servendosi dell<nowiki>'</nowiki>''akṣamālā'', un rosario risalente all'epoca vedica. Ci sono mantra che vengono ripetuti fino a un milione di volte:
{{q|Ogni ripetizione indefinita conduce alla distruzione del linguaggio; in alcune tradizioni mistiche, questa distruzione sembra essere la condizione delle ulteriori esperienze.|Mircea Eliade , ''Lo Yoga'', a cura di Furio Jesi, BUR, 2010; p. 207}}
 
Un aspetto importante nell<nowiki>'</nowiki>''uccāra'' è il controllo della resipirazione. Frequente, soprattutto nelle tradizioni tantriche, è l'accompagnamento della ''japa'' con le ''[[mudrā]]'', gesti simbolici effettuati con le mani, e con pratiche di visualizazione. Uno dei significati di ''uccāra'' è "movimento verso l'alto", e difatti nella visualizzazione interiore il mantra è immaginato risalire nel corpo del praticante lungo lo stesso percorso della ''[[kundalini|kuṇḍalinī]]'', l<nowiki>'</nowiki>''energia'' interiore.<ref>A. Padoux, ''Tantra'', ''Op. cit.'', p. 142 e segg.</ref>.
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