Gotescalco: differenze tra le versioni
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== I suoi critici ==
Incmaro distinse, nella controversia, la prescienza divina, consistente nella preventiva conoscenza delle azioni degli uomini, dalla predestinazione, in cui si realizza il premio dei buoni e il castigo dei malvagi. Nel mezzo sta la Chiesa, la cui indispensabile funzione è pertanto garantita: essa si inserisce in quest'ordine che essa pretende sia stato voluto da Dio stesso.
Tuttavia il dibattito sulle tesi del monaco sassone continuò: la distinzione fra prescienza e predestinazione non sembra risolvere la difficoltà del problema, avendo distinto, nella [[Onnipotenza|potenza di Dio]], il momento cognitivo dal momento della volontà di salvezza o condanna, come se Dio, pur conoscendo ''[[ab aeterno]]'' la condotta di ogni uomo, sappia e prenda decisioni a suo riguardo solo in un successivo momento.
Nell'[[850]], su richiesta di Incmaro, [[Giovanni Scoto Eriugena]] scrisse a confutazione di Gotescalco la ''De praedestinatione'': vi combatte la tesi della [[doppia predestinazione]], sostenendo che non esiste una predestinazione dei dannati. Infatti, come una è l'essenza divina, così unica è la sua volontà e da un'unica volontà non possono derivare due effetti contrari. Sempre a motivo della sua [[essenza (filosofia)|essenza]], Dio può essere solo causa di bene, perché il male è per lui, [[Platonismo|platonicamente]] e [[Agostinismo|agostinianamente]], un non-essere; inoltre non è possibile attribuire a Dio una ''pre-destinazione'', un ''destinare prima'', in quanto Dio è fuori dal tempo, in lui non esiste un ''prima'' né un ''dopo''. In Dio non vi può dunque essere né prescienza del male dell'uomo, né predestinazione al male.
== Bibliografia ==
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