Francesco Calabrò: differenze tra le versioni

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{{W|biografie|febbraio 2012}}
'''Francesco Calabrò'''
 
" ''Sopportò con grande dignità i rovesci della vita; non cercò il prestigio personale né il profitto,
amò il bene pubblico e si dedicò a dare sollievo ai bisognosi''"
 
{{Bio
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|Epoca = 1800
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità =, autore dei primi studi sul [[bergamotto]] a attento conoscitore delle problematiche umane analizzate dall' occhio clinico scevro da qualsivoglia approccio riduzionistico. Oltre che «di una profonda istruzione pratica e teorica nelle molteplici branche dell’ dell'arte da lui professata, era fornito di tante virtù morali e civili”civili» <ref>Alfredo Focà,''Francesco Calabrò, medico, patriota, autore dei primi studi sul bergamotto'', Laruffa Editore, 1998., Pagp. 44</ref>.
}}
 
==Biografia==
===Adolescenza: educazione,studi e desideri===
E’ il settimo e ultimo figlio di una famiglia in vista nel panorama reggino del tempo:il suo nome infatti deriva da quelle del Governatore di Reggio Calabria Principe [[Francesco Pignatelli]] che lo battezzò.Grazie all’ educazione fondamentalmente cristiana che gli viene impartita in famiglia il giovane Francesco cresce con una particolare sensibilità alla percezione dei bisogni fondamentali degli individui e della società. Curare le sofferenze degli ammalati e impegnarsi attivamente per alleviare i dolori di una società ancora ancorata al [[feudalesimo]], come era quella reggina del tempo, saranno i due elementi che caratterizzeranno tutta la vita del giovane Calabrò. Inizia i suoi studi con molta diligenza a Reggio appassionandosi alle materie scientifiche e sicuro che non lascerà mai la sua amata città , ma nel febbraio del [[ 1783]] un terribile terremoto rade al suolo le antiche mura di cinta, la casupole e gli odorosi giardini che caratterizzavano il paesaggio reggino segnando profondamente il carattere di Francesco. Segue un difficile periodo di ricostruzione costellato da controversie politiche e aspre lotte sociali che segnano radicalmente il carattere dei cittadini rendendolo sempre più disincantato di fronte alle speranze future perché rassegnato ormai ad un presente di patimenti. I giovani invece animati da aspirazioni liberali spesso marcatamente rivoluzionarie emigrano verso Napoli, capitale del regno e centro della cultura illuministica come testimonia la presenza di numerosi licei, università di prestigio e scuole militari. Punta di diamante della Napoli di metà settecento è l’ [[Ospedale degli Incurabili]] che oltre ad ospitare 1300 posti letto prevedeva la presenza anche delle cliniche universitarie;accedervi diventa l’ obiettivo principale di Francesco Calabrò che ormai desidera ardentemente diventare un medico.
 
===Maturità e Rivoluzione===
Per accedere all’ ospedale le norme sono parecchio severe. Esse prevedono un’ età minima di 18 anni, il superamento di un corso di filosofia e di un esame in latino. Dopo aver studiato infaticabilmente riesce a superare l’ esame brillantemente traducendo la temuta versione di latino e può cosi avviarsi agli studi in medicina come praticante presso l’ [[Ospedale degli Incurabili]]. Ben presto riesce a farsi spazio nel “più bel paese dell’ universo abitato dalla specie umana più abbruttita” <ref>Ibid. Pag 17</ref>. Diventa il preferito dal rettore per la sua dedizione e disponibilità. Ma la situazione politica napoletana degenera sempre di più fino a terminare con la fuga del re Ferdinando IV e della regina Maria Carolina di Napoli a Palermo che provoca nella città la più tremenda anarchia. Persino l’ ospedale nel quale studia Francesco è preso di mira dalle scorribande dei [[Lazzari]] e molto sono costretti ad abbandonarlo. Tra questi c’è anche Calabrò. In un momento così tragico è però straziante la distanza dai malati e da tutti coloro che al suo ospedale avevano bisogno di lui, perciò decide di riprendere il suo posto accanto a loro. Si arruola presto nella Guardia Nazionale in seguito si trasferisce nella fortezza delle Legione Calabra pur mantenendo i suoi contatti con l’ Ospedale dove egli continua i suoi studi e ad assistere gli infermi;cose queste che gli sono più congeniale della guerra in sé. Nasce nel [[1799]] la [[Repubblica Napoletana]] al costo di un intera generazione di intellettuali decapitati, del sacrificio del bene più grande dell’ dell'uomo: la sua stessa vita. Questi avvenimenti rabbuiarono grandemente l’ l'animo del giovane Francesco che non smise però di prodigarsi per l’ l'assistenza dei feriti e alla ricerca medica. La guerra sembra però più forte dei nobili ideali del Calabrò. Quest’ ultimo infatti viene stipato in una barca di esuli, in attesa dell’ esilio in Francia poi commutato in anni di prigione e dure vessazioni. La professione medica viene presa di mira dalla persecuzione contro-rivoluzionaria e lo stesso Calabrò è condannato a venti anni di esilio in Francia.
 
===Esilio e Laurea===
La Francia del tempo è aperta all’ accoglienza dei perseguitati politici e uomini di cultura e accorda loro sussidi finanziari per incentivarne l’ inventiva e dare così maggior lustro al paese.A Marsiglia incontra un medico cosentino, Il Dott. Giuseppe Greco, che gli affida un suo ricco paziente affetto da febbre petecchiale. Contrarrà anche egli questo genere di malattia, cosa che gli consentirà di sviluppare numerose deduzione sulla febbre petecchiale che compendierà nel volume “Cenno istorico-medico di Febbre petecchiale nel [[1830]] in Reggio”. Inizia ad inserirsi ottimamente nella società francese diventando ufficiale di salute prima a Lione poi a Montpellier dove continua a frequentare la prestigiosa università di Montpellier distinguendosi per l infaticabile volontà.Dopo il trattato di pace di Firenze del [[1801]]ritorna a Pavia dove ricomincia i suoi studi in Medicina. Nell’università ha ancora la possibilità di mettersi di fronte alla febbre petecchiale che proprio in quel periodo si diffonde con esplosioni epidemiche.Osservando il trattamento scellerato riservato alla febbre petecchial da parte di celebri medici ha la possibilità di accorgersi che “Anche gli uomini grandi non vanno esenti dalle illusioni e più sono grandi altrettanto più funeste sono le conseguenze dei loro traviamenti” <ref> Ibid.pag.34</ref>. Trasferitosi a Genova,città legata commercialmente a Reggio, per chiedere sostentamenti economici ai familiari consegue la laurea in Filosofia e Medicina nel [[1802]] discutendo la tesi “ Della balsamica virtù dell’ essenza di bergamotto nelle ferite” e a Salerno ottiene dal Collegio Medico il “il privilegio dottorale” <ref> Ibid. pag 34 </ref>, l’ idoneità professionale di quel tempo.
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[[Immagine:Etichetta_1800_bergamotto_reggio_calabria.jpg|right|frame|Etichetta:Bergamotto|40px]]
Tornato nella sua amata Reggio Calabria nel 1805 sposa Maria Surace che muore poco dopo e alla quale Francesco rimarrà fedele per tutta la vita. Orientato a curare lo spirito insieme all’ anima( “Dei poveretti gli ebbe assidua cura, sapea dell’ egro raddolcir le pene” <ref> Ibid. pag.44 </ref> con incrollabile fede inizia ad impegnarsi su più fronti: è medico maggiore all’ ospedale militare, medico dell’ Orfanotrofio, medico del Comitato provinciale di Vaccinazione;è infatti Francesco Calabrò a portare a Reggio la [[Jenner|vaccinazione jenneriana]], fu uno dei primi a parlare di medicina “preservativa” <ref> Ibid. pag 44 </ref> interessandosi non solo alle malattie in sé, ma anche ai loro rapporti con gli agenti esterni(” Converrebbe che ogni buon medico dopo apprese le sode istituzioni studiasse l’ influenza degli agenti naturali imponderabili sulla fibra viva” <ref> Ibid. pag. 44 </ref>).Un’ altra grande intuizione è la [[Scuola medica salernitana|dottrina delle predisposizioni]]. Inoltre non rinuncia al ruolo politico che la sua fama gli conferiva. Egli infatti incoraggia la modernizzazione dell’ industria e dell’ agricoltura con “ la franca parola che al buon fu sprone e al malvagio il freno” <ref> Ibid. pag 45 </ref>. Francesco cura con attenzione lo studio del bergamotto, notando che le lavoratrici impegnate al taglio e alla spremitura del bergamotto si provocavano spesse volte delle ferite da taglio che rimarginavano però velocemente e senza il necessario intervento del medico.
 
===Batteri e Problemi Psicosomatici===Principalmente gli studi sulla febbre petecchiale glii permettono di porsi nuove domande addirittura rivoluzionare per quel tempo sul carattere infettivologico dell’ epidemia: “ D’ onde l’ origine, d’ onde la comunicazione?”<ref> Ibid. pag.52 </ref>. Ecco quindi che il nostro Calabrò si inserisce in una discussione pregnante di quel periodo: quella che vedeva contrapporsi gli aristotelici che ammettevano la [[Origine della vita|generazione spontanea]] e coloro che invece credevano fermamente nelle biogenesi. Egli è convinto che ogni essere vivente abbia origine da un altro essere vivente e che l’ origine dell’ infezione è da ricercarsi “negli [[Robert Koch|animaletti]] per cagione effettrice de’ contagi in generale” <ref> Ibid. pag.52 </ref>. Un’ altra importante intuizione è il credere che “ le passioni tristi dell’ animo dispongono l’ organismo animale all’ impressione de’ contagi” <ref> Ibid. pag.52 </ref> Un meccanismo che solo oggi trova dimostrazione negli studi della relazione del sistema nervoso-ormonale e del sistema immunitario.
===Batteri e problemi psicosomatici===
Una delle ultime battaglie intraprese dal Calabrò è quella contro l’ alcolismo e l’ abuso eccessivo di “ spirito di anisi” <ref> Ibid. pag.53 </ref> ormai pienamente diffuso in America.Muore infine nel 1859 a 82 anni. La sua morte fu seguita da un commovente rito funebre nel quale familiari e amici ricordarono tutte le virtù che lo caratterizzarono, l’ impegno profuso per il bene dell’ umanità e la dedizione infaticabile che non lo abbandonarono neppure durante la sua anzianità.
===Batteri e Problemi Psicosomatici===Principalmente gli studi sulla febbre petecchiale glii permettono di porsi nuove domande addirittura rivoluzionare per quel tempo sul carattere infettivologico dell’ epidemiadell’epidemia: “D’onde D’ onde l’ originel’origine, d’ onded’onde la comunicazione?”<ref> Ibid. pag.52 </ref>. Ecco quindi che il nostro Calabrò si inserisce in una discussione pregnante di quel periodo: quella che vedeva contrapporsi gli aristotelici che ammettevano la [[Origine della vita|generazione spontanea]] e coloro che invece credevano fermamente nelle biogenesi. Egli è convinto che ogni essere vivente abbia origine da un altro essere vivente e che l’ origine dell’ infezione è da ricercarsi “negli [[Robert Koch|animaletti]] per cagione effettrice de’ contagi in generale” <ref> Ibid. pagp.52 </ref>. Un’ altra importante intuizione è il credere che “ le passioni tristi dell’ animo dispongono l’ organismo animale all’ impressione de’ contagi” <ref> Ibid. pag.52 </ref> Un meccanismo che solo oggi trova dimostrazione negli studi della relazione del sistema nervoso-ormonale e del sistema immunitario.
Una delle ultime battaglie intraprese dal Calabrò è quella contro l’ l'alcolismo e l’ l'abuso eccessivo di “ spirito di anisi” <ref> Ibid. pag.53 </ref> ormai pienamente diffuso in America.Muore infine nel 1859 a 82 anni. La sua morte fu seguita da un commovente rito funebre nel quale familiari e amici ricordarono tutte le virtù che lo caratterizzarono, l’ impegno profuso per il bene dell’ umanità e la dedizione infaticabile che non lo abbandonarono neppure durante la sua anzianità.
 
==Opere==
===Della balsamica virtù dell' essenza di bergamotta nelle ferite===
L’opera disi apre con un’ un'accorata dedica al dottore Sig. D. Gaetano Palloni dalla quale risalta subito il nobile animo di Francesco Calabro. Egli scrive infatti al dedicatario che: “ Non pei vostri rari talenti, non pelle vostre estese cognizioni nelle Fisiche Scienze che tra la moltitudine de’ Fisici vi particolarizzano abbastanza, non pella vostra sana filosofia che tra i pochi nomini grandi vi ha destinato luogo distinto, ma per quell’ Amicizia di cui mi avete onorato” <ref> Ibid. pagp.61 </ref >, e soprattutto egli ci informa esplicitamente anche sul motivo dei suoi studi:” per lo vantaggio dell’ umanità,…,perché interessa all’ umanità, interessa agli infelici.” <ref> Ibid. pag 62 </ref>. La sua dissertazione sulla balsamica virtù dell’ essenza di bergamotta sulle ferite incomincia con una riflessione filosofica sul [[Caso]]. Egli afferma che al Caso siamo debitori delle più celebri scoperte <ref> Ibid. pag. 63 </ref> citando anche alcuni esempi: l’ [[Jenner|inoculaziolazione del vaiolo]], la scoperta dell’ [[Galvani| elettricità animale]] e infine anche la sua scoperta illuminata dall’ osservazione attente “della pronta guarigione, che succedeva alla ferite de’ giardinieri per accidente spesso cagionate dal coltello affilato a rasojo, che adopravano nel taglio delle scorze della Bergamotta”<ref> Ibid. pag.71 </ref>.Segue un’ attenta descrizione dei limiti della chirurgia d’ allora ancora legata alla [[Vis medicatrix naturae]]: “ la guarigione dalla sola Natura in buona parte si eseguisce, mentre l’ arte non fa che riunire e fissare gli orli della ferita colle cuciture.” <ref> Ibid. pag. 82 </ref>. E’ interessante anche osservare che idea si avesse allora delle piastrine: una [[Piastrine|glutinosa materia]] che “i vasi divisi trasudano” <ref> Ibid. pag. 81 </ref>. Poi Francesco Calabrò passa a descriverci il metoto di cura mettendo facendoci notare quanto l’ influenza di Ippocrate fosse ancora forte per quanto riguarda l’ igiene e l’ importanza dei [[Teoria umorale|temperamenti]] e inoltre quanto ancora nella medicina dell’ [[800]] uno dei parametri indicanti l’ utilità della terapia fosse la mancanza di dolore:” Prima di tutto si spremerà la ferita, si farà quindi gocciolare dell’ essenza sulla ferita e il tutto si fermerà con adatta fasciatura. La fasciatura farà d’uopo che si sciogliesse ogni giorno.Tre medicature alcune volte di più altre volte di meno a seconda dei temperamenti basteranno a perfezionare la cura, ciò che verrà indicato dalla mancanza di dolore” <ref> Ibid.pag. 84 </ref>.Prima di concludere passa in rassegna alcune “ tra le cento e mille osservazionni”, quelle che gli sembrano “ pervenute da persone degne di tutta fede <ref> Ibid. pag 85 </ref>. Dimostra quanto la medicina sia ancora un’ arte bastata sull’ osservazione e descrizione dei fenomeni, ma ancora poco adatta all’ intervento risolutivo . Quello che sembra più interessante da citare è ciò che accadde al sacerdote Sig. D. Antonio Auteri:” di notte ritornando a casa dalla vicina campagna andò con forza ad urtare con la faccia della gamba contra un legno. Il colpo fu strepitoso, che g’i cagionò una ferita lacerata e lunga cinque dita traversi con grande effusione di sangue. Il paziente arrivato a casa medicò la ferita con l’ essenza e tra lo spazio corto di due giorni restò perfettamente guarito” <ref> Ibid. pag. 89 </ref>. L’ opera si conclude con l’ esposizione dei motivi che rendono l’ utilizzo dell’ “ essenza” necessario agli umani vantaggi e con una violenta invettiva contro l'immoralità dilagante in ambito medico.Tra in vantaggi si annovera principalmente la capacità di mantenere pressocchè inalterate le proprietà balsamiche nonostante l’ evaporazione della soluzione nella quale sono discolte o il “ cambiamento delle Stagioni” <ref> Ibid. pag.99 </ref> e che “ ogni misero uomo con 3 carlini puo fare l’ acquisto di tanta essenza da essergli bastante per la cura di molte ferite” <ref> Ibid. pag.99 </ref>.Per quanto riguarda “ l’ immorale Chirurgo” <ref> Ibid. pag.99 </ref> egli critica la sua tendenza a celebrare medicamenti poco utili soltanto per ricavarne un maggiore guardagno definendola “ vergognosa ingordigia” <ref> Ibid. pagp. 101 </ref>.
 
== Note ==