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La devozione che, seppur mai completamente acritica, [[Hector Berlioz]] provò per tutta la vita nei contronti di Gluck, risale agli anni della sua fanciullezza a [[La Côte-Saint-André]], e si approfondì dopo il suo trasferimento a Parigi per studiare medicina.<ref>Barsham, p. 84</ref> In effetti, come lo stesso Berlioz
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'''"'''Così un giorno, si trattava allora dell<nowiki>'</nowiki>''Ifigenia in Tauride'', accadde ch'io mi fossi accorto che, nel corso della rappresentazione precedente, erano stati aggiunti dei [[Piatto (strumento musicale)|piatti]] nella prima aria di danza degli Sciti in si minore, dove Gluck non ha impiegato che degli strumenti ad arco, e che nei grandi recitativi di Oreste, al terzo atto, le parti dei [[Trombone|tromboni]], così ammirevolmente motivate dalle ragioni della scena, e scritte nella partitura, non erano state eseguite. Avevo deciso che, se gli stessi errori si fossero ripetuti, li avrei segnalati. Quando dunque il balletto degli Sciti iniziò, aspettai i miei piatti al varco; si fecero sentire, come la volta precedente, all'aria che ho detta. Ribollivo dalla collera, ma mi trattenni tuttavia fino alla fine del pezzo, e, approfittando del breve momento di silenzio che separa dal brano seguente, mi misi a gridare con tutta la forza della mia voce:<br>«Non ci sono piatti lì dentro; chi dunque si permette di correggere Gluck?».<ref>In nota, a questo punto, Berlioz precisa che i piatti sono bensì previsti da Gluck, ma solo nel precedente coro degli Sciti, ''Les dieux apaisent leur courroux''.</ref><br>Si immagini il brusio! Il pubblico, che non ci vede mai molto chiaro in queste faccende d'arte, e al quale era assolutamente indifferente se si cambiava o no la strumentazione dell'autore, non capiva nulla del furore di quel giovane pazzo della platea. Ma ben di peggio accadde quando, al terzo atto, dato che, come previsto, la soppressione dei tromboni nel monologo di Oreste ebbe luogo, la medesima voce fece udire queste parole: «I tromboni non hanno attaccato! È insopportabile». [...]<br>... alla rappresentazioni seguenti tutto ritornò al dovuto ordine, i piatti tacquero, i tromboni suonarono, e io mi accontentai di borbottare tra i denti: «Ah! è ben bello!»'''"'''<ref>La traduzione italiana è tratta da: Hector Berlioz, ''Memorie'', a cura di [[Olga Visentini (musicologa)|Olga Visentini]], Pordenone, Studio Tesi, 1989, pp. 319-320. ISBN 88-7692-173-7.</ref>
</blockquote>
Berlioz mantenne viva e costante
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'''"'''È nota l'impressione profonda che produce sempre la viola nel pezzo d<nowiki>'</nowiki>''Ifigenia in Tauride'', allorquando Oreste abbattuto dalla fatica, ansante, divorato dai rimorsi, si assopisce [ripetendo]: ''Le calme rentre dans mon cœur!'' nel mentre che l'orchestra, sordamente agitata, fa sentire singhiozzi, pianti convulsivi, dominati incessantemente dallo spaventevole ed ostinato mormorar delle viole. Quantunque in codesta inesprimibile ispirazione non trovisi una nota sola, né della voce né degli strumenti senza un'intenzione sublime, è mestieri tuttavia convenire, che il fascino da essi esercitato sugli uditori, che la sensazione d'orrore trascinante alle lagrime, sono dovuti in ispecial modo alla parte della viola, e al timbro della sua terza corda, al suo ritmo sincopato ed allo strano effetto d'unisono risultante dalla sua sincope del La rotta improvvisamente nel mezzo da un altro La dei bassi marcanti un ritmo differente.'''"'''<ref>Citazione da: ''Grande trattato di istrumentazione e d'orchestrazione moderne di Ettore Berlioz'', traduzione italiana di [[Alberto Mazzucato]], Milano Ricordi, 1912, I, p. 32; la parte inserita tra parentesi quadre è stata aggiunta dai redattori della presente voce sulla base dell'originale [[Lingua francese|francese]] ("''en répétant''").</ref>
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