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L'arte tuttavia, in particolare [[pittura]] e [[scultura]], interpreta anche un ulteriore parametro, quello [[estetica|estetico]], difficilmente attribuibile o riducibile a un discorso religioso, sociale e psicologico. La differente sensibilità con cui i popoli, in epoche diverse, hanno percepito le sembianze dei mostri testimonia, infatti, un approccio altrettanto distinto a categorie come "bello/brutto", "giusto/sbagliato", "bene/male", "armonia/disarmonia" (dove il discorso estetico sconfina dunque in una valenza [[etica]]).
Figure mostruose venivano dipinte nei [[Incisioni rupestri|graffiti]] già dai popoli primitivi, spesso in connessione con il sacro. Si tratta di espressioni figurative molto diffuse, destinate a suscitare stupore e orrore, forse – come ritengono alcuni studiosi – con un senso di compiacimento.<br>
In [[India]] e nel [[Vicino Oriente]], la mostruosità è un elemento che quasi mai si accompagna in modo netto e puro ad un'espressione del male. Le forme fantastiche presentano una varietà tale, quanto a deformità e abnormità, da essere piuttosto indice della fantasia dell’autore (e del contesto culturale in cui agisce) e di una simbologia assai complessa. Divinità senza testa e quadrupedi privi delle zampe anteriori, come nei [[bronzi del Lūristān]], sono esempi estremi di un approccio molto libero nei confronti della [[natura]] nel suo aspetto terrifico ma non necessariamente inquietante. Il "mostruoso", anzi, è letto come una forma d'arte originale e raffinata. Frequenti inoltre, nel vicino Oriente, sono le raffigurazioni di tori alati, [[grifone|grifoni]] e [[drago|draghi]].
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