Fiero l'occhio svelto il passo: differenze tra le versioni
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{{Libro
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|ambientazione = [[Italia]] [[anni 1930|anni trenta]]/[[anni 1940|quaranta]]
}}
'''''Fiero l'occhio, svelto il passo''''' è un [[libro]] scritto a quattro mani da [[Luca Goldoni]] ed [[Enzo Sermasi]]. È stato pubblicato da [[Arnoldo Mondadori Editore]] nel [[1979]] e poi ristampato
==Storia==
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==Nel testo==
La parte testuale è assai dettagliata riguardo la vita quotidiana di un adolescente dei tardi [[anni 1930|anni trenta]], quando l'[[Italia fascista]], impegnata sui fronti delle [[colonialismo italiano|colonie italiane in Africa orientale]], entrava nella fase immediatamente precedente lo scoppio della seconda guerra mondiale: gli impegni scolastici alternati all'attività dell'[[Opera Nazionale Balilla]], ma anche i momenti di svago con i giochi con gli amici e le letture dei [[fumetti]] dell'epoca con il nome di eroi esotici 'italianizzati' per volere del fascismo (con le buffe incongruenze del caso), le (brevissime) vacanze estive al mare, i sacrifici dell'[[autarchia]] di un popolo che vestiva in [[orbace]], con i comunitari ''orti di guerra'', il [[cinema]] di [[Amedeo Nazzari]] anch'esso autarchico e i vestiti tinti e ritinti più volte per rinnovarne il ''[[look]]'' e lo stile, fino, con lo scoppio del conflitto mondiale, alla paura per le lunghe ore trascorse nei [[rifugio antiaereo|rifugi antiaerei]] o per la visione in lontananza delle [[munizione tracciante|munizioni traccianti]] che solcavano il cielo sopra le città bersaglio dei bombardamenti, visti da lontano ovvero dalle località in cui molte famiglie decidevano di 'sfollare' per porsi al sicuro. E poi, infine, liberatoria, la fine della guerra, un momento di gioia paragonabile, per gli autori, alla fine di un anno scolastico.
==I capitoli==
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| La macchia sul muro || La macchia sul muro era quella dovuto al cambio di quadro (e relativo formato) nel muro alle spalle della [[cattedra]] nelle aule scolastiche. Nel tempo si avvicendarono quelli di [[Vittorio Emanuele III]], [[Benito Mussolini]], [[Pietro Badoglio]], [[Umberto II di Savoia]], [[Enrico De Nicola]]. "''Negli intervalli, restavano sul muro due riquadri più chiari, dove noi, ormai cresciuti, mettevamo idealmente chi ci pareva: da [[Valerio Borghese]] a [[Pietro Nenni]] a [[Stalin|Baffone]].''"
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| "E per Benito, e Mussolini" || Numerosi erano in epoca fascista gli inni inneggianti al regime. Poco chiaro risultava però agli autori il verso: "''E per benito, e mussolini, eja eja alalà''". Dove "''Il secondo 'e' prima di Mussolini non c'era''", ma serviva forse "''come trampolino alla voce per calcare di più su Mussolini''".
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| Fatevi sotto piccioncini miei || Era il detto classico di [[Dick Fulmine]], un popolare personaggio dei [[fumetti]], i cui eroi esotici ebbero durante il fascismo i nomi italianizzati, tali da far divenire [[Topolino]] Tuffolino e [[Minnie]] Mimma, con [[Mandrake]] privato dell'[[acca]] e destinato a fare la [[spia]] per conto delle [[potenze dell'asse]]. ''[[Il Corriere dei Piccoli]]'', nel frattempo, pubblicava le avventure di Romolino e Romoletto.
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| Via le mani di lì || La difficile iniziazione sessuale che iniziava nelle [[sagrestia|sagrestie]] delle [[chiesa (istituzione)|chiese]] con l'imbarazzante momento della [[confessione religiosa|confessione]] di pensieri peccaminosi (in vista delle future escursioni per i vicoli in cui sorgevano le più gettonate [[casa di tolleranza|case di tolleranza]]).
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| Le brutte cose || La dura vita in [[collegio]] alle prese con problemi di [[fame]]. Le ''brutte cose'' cui fa riferimento il titolo del capitolo era il 'rito' della [[masturbazione]] di gruppo che conclude, in camerata, la giornata collegiale.
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|Il bar della Compagnia || Parente stretto del muretto, il bar della compagnia era, al tempo del fascio come in ogni tempo, il punto di raduno della compagnia di amici che tirava tardi davanti al locale facendo a gara a chi le sparava più grosse.
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| La tessera || È, per estensione, quella annonaria con i bollini che davano diritto al ritiro, su scala mensile, di quantitativi di prodotti alimentari. Al di là delle tessere - spesso utilizzate come 'merce' di scambio con prodotti non compresi nella lista - vi era la fantasia tipica del popolo italiano che consentiva di utilizzare, a fini alimentari, anche quelli che in altri frangenti sarebbero stati considerati scarti, come le bucce di patata con cui si poteva fare, se tostate, del simil 'caffè' o delle 'sigarette' o, se fermentate, dei liquori.
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| Quando nelle pentole bollivano i tailleur || Con l[[autarchia]] venne il momento d'oro delle [[sartoria|sartine]], abili, oltre che nel confezionare, anche nel riadattare vecchi vestiti. Ideati in colore inizialmente chiaro secondo il criterio della [[matrioska|matrioske]] ([[redingote]], chemisier, [[tailleur]]) veniva sottoposti nel tempo a nuova tintura per essere rinnovati ed assumere l'aspetto di abiti nuovi.
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| La pace arrivò, felice come l'ultimo giorno di scuola || La confusione che regnò in Italia nei giorni immediatamente successivi il [[25 aprile]] [[1945]] - giorno della Liberazione - non impedì ai ragazzi di allora di vivere l'euforia di quel giorno - il primo giorno di [[pace]] - con lo spirito di chi inizia una lunga vacanza. In definitiva, però, la pace fu "''quella sera in cui dissi a una ragazza, ti vengo a prendere dopo cena: la caricai sulla canna della bici, tenevo il naso nei suoi capelli, mi sembrava irreale pedalare nella notte dopo anni di [[coprifuoco]].'' [...] ''Poi ci mettemmo a ridere, e fu una notte bellissima''".
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