Attentato di via Rasella: differenze tra le versioni

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[[File:Via Rasella (insieme).JPG|thumb|260px|Via Rasella (aprile 2007). La via si trova nel pieno centro storico di [[Roma]], nel [[Trevi (rione di Roma)|rione Trevi]]; congiunge la via delle Quattro Fontane (a fianco a [[palazzo Barberini]]) con la via del Traforo, e prende il nome "''dalla proprietà che ivi esisteva della famiglia Raselli''"<ref>Fonte: [http://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=9240 Servizio Topografico online] del Comune di Roma</ref>]]
Il [[23 marzo]] [[1944]] in '''via Rasella''' a [[Roma]] alcuni [[partigiani]] dei [[Gruppi di Azione Patriottica]] attaccarono un [[unità militare terrestre|reparto]] delle [[occupazione tedesca di Roma|truppe di occupazione tedesche]], lo ''[[SS-PolizeiregimentPolizei-Regiment [[Bozen]]''.
 
Tale azione si svolse nell'ambito della [[Resistenza italiana|lotta di liberazione nazionale]] condotta contro il [[nazifascismo]]<ref>È questa la lettura più diffusa in ambito storiografico a livello internazionale. Dopo la sua esecuzione, e per via delle dimensioni della susseguente strage delle Ardeatine, l'azione è stata oggetto di polemiche e controversie anche aspre di natura politica e di conseguenti opinioni critiche a livello storiografico, con molteplici riflessi nell'ambito giudiziario italiano che, nelle sue massime istanze, ha più volte definito l'episodio una "legittima azione di guerra". Per una panoramica delle sentenze, vedere il [[Fatti_di_via_Rasella#Riepilogo_delle_sentenze|riepilogo dedicato]].</ref>. L'attacco fu sferrato contro un reparto di [[Ordnungspolizei|polizia militare tedesca]] (dipendente dal comando delle [[SS]]<ref>Al momento dell'attacco il reparto era a disposizione del comando militare tedesco della città di Roma.</ref>), e causò 42 morti (37 soldati tedeschi e 5 civili italiani)<ref>Dei circa 160 uomini dell'11<sup>a</sup> compagnia del 3<sup>a</sup> battaglione del ''Polizeiregiment'dell'[[SS-Polizei-Regiment "Bozen"]] (unità della [[Ordnungspolizei]] dipendente dalle [[SS]]), oggetto dell'attacco, oltre venti caddero sul posto e parecchie decine rimasero feriti, alcuni gravemente: il bilancio si fissò a trentadue morti entro la serata, un trentatreesimo morì nella tarda mattinata del 24 marzo. Altri nove morirono successivamente, con un bilancio totale di 42 caduti. Nell'immediatezza dell'azione morirono almeno due civili italiani, il tredicenne Pietro Zuccheretti e un uomo mai identificato con certezza. Durante la sparatorie successive, caddero sotto il fuoco tedesco almeno altri tre civili, Antonio Chiaretti (48 anni, da alcune fonti ritenuto il non identificato di cui sopra), Pasquale Di Marco (34 anni) e Annetta Baglioni (66 anni), mentre 11 rimasero feriti. Il poliziotto italiano Erminio Rossetti, l'autista che aveva accompagnato il questore fascista [[Pietro Caruso]] sul posto, fu ucciso dai tedeschi perché scambiato per un partigiano: era sceso in borghese, e pistola in pugno dall'auto di servizio. L'[[Agenzia Stefani]], il 26 marzo, riportò in tutto sette morti italiani, indicandoli come "quasi tutti donne e bambini", ed attribuendoli interamente ai "comunisti badogliani", tesi rilanciata ancor oggi dalla pubblicistica e dalla stampa di destra. Tutti e dodici i gappisti protagonisti dell'attentato restarono illesi e sfuggirono all'arresto. (Fonti: * Alessandro Portelli, ''L'ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria'', Donzelli Editore, Roma, 2005, ISBN 88-7989-793-4, p. 191 per i due civili morti nell'immediatezza dell'azione; p. 192 per Di Marco, Baglioni ed i feriti civili; p. 194 per Chiaretti, l'autista di Caruso, i sette morti italiani; p. 198 per l'identificazione del reparto del Bozen; p. 411 per la Stefani e polemiche successive. * Robert Katz, ''Roma Città Aperta - settembre 1943 - giugno 1944'', Il Saggiatore, Milano, 2003, ISBN 88-428-1122-X, p. 240 per la dipendenza dalle SS, p. 241 per il numero dei tedeschi; p. 252 per il numero di gappisti; p. 260 per i tedeschi caduti sul colpo e la stima dei feriti invalidati, 60% della compagnia distrutta; p. 283 per il trentatreesimo caduto tedesco; p. 441 per il nome di Rossetti ed i feriti civili, tra i quali "un passante". * Cassazione - Sezione I Penale sent. n. 1560/99, par. IV, num. 6, lett. a, per il numero totale di caduti tedeschi. * Lutz Klinkhammer, ''Stragi Naziste in Italia 1943-44'', Roma, Donzelli Editore, 2006. ISBN 88-6036-054-4, p. 12 per l'appartenenza alla Ordnungspolizei.)</ref><ref>La ricostruzione esatta del numero dei caduti italiani, della loro identità e delle cause esatte della morte di ciascuno di essi, è resa estremamente difficile dalla mancanza di una reale indagine sui fatti, che non risulta essere stata condotta, all'epoca nella quale essi si svolsero, da nessuna autorità, fascista repubblicana o tedesca, e dalla non totale coincidenza nei dati forniti dalle fonti consultate, pur tra le più autorevoli disponibili in materia.</ref>. Seguì l'efferata rappresaglia consumata alle [[eccidio delle Fosse Ardeatine|Fosse Ardeatine]].
 
== Il contesto storico ==
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[[Giorgio Amendola]]<ref>Giorgio era figlio di [[Giovanni Amendola]], preminente esponente politico liberaldemocratico ed irriducibile oppositore del fascismo, massacrato dagli [[squadrismo|squadristi fascisti]] nel [[1926]]</ref> rappresentante del [[Partito Comunista Italiano]] presso la giunta militare del [[Comitato di Liberazione Nazionale]] (CLN), dichiarò di aver ideato l'azione partigiana<ref name="amendola">[http://www.larchivio.org/xoom/rasellaamendola.htm ''Lettera di Giorgio Amendola a Leone Cattani sulle vicende di via Rasella''], pubblicata sul sito dell'Associazione Italiana Autori Scrittori Artisti "L'ARCHIVIO".</ref>. Gli altri membri della giunta, [[Riccardo Bauer]] ([[Partito d'Azione|PdA]]), [[Manlio Brosio]] ([[Partito Liberale Italiano|PLI]]), [[Mario Cevolotto]] ([[Democrazia del Lavoro|DL]]), [[Sandro Pertini]] ([[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria|PSIUP]]) e [[Giuseppe Spataro]] ([[Democrazia Cristiana|DC]]), non furono informati preventivamente del piano, come da consuetudine e per «ragioni di sicurezza cospirativa», secondo quanto dichiarato dallo stesso Amendola.
 
Nel dopoguerra Amendola dichiarò inoltre<ref name="amendola"/> di aver scelto personalmente il l''PolizeiregimentSS-Polizei-Regiment "Bozen"'' come obiettivo, avendo notato la quotidiana puntualità del reggimento nel passare per via Rasella di ritorno dalle esercitazioni di addestramento a piazzale Flaminio<ref>Giorgio Amendola, lettera a [[Leone Cattani]]: «''Dell'attentato di Via Rasella mi sono assunto – in diverse sedi – piena e personale responsabilità, non solo come comandante delle [[Brigate Garibaldi]] per Roma e per l'Italia centrale, e come tale membro della Giunta militare del C.L.N., ma perché fui io personalmente che, andando più volte in [[Piazza di Spagna]], in casa di [[Sergio Amidei]] – dove c'era in quel momento la sede clandestina della redazione de "[[l'Unità]]" – ebbi occasione di vedere passare ogni pomeriggio un reparto di gendarmeria tedesca in pieno assetto di guerra, ciò che era aperta e provocatoria violazione dello statuto di città aperta. Avevo segnalato perciò al comando dei GAP questo reparto perché fosse oggetto di un attacco, lasciando poi – come sempre avveniva – al comando assoluta libertà d'iniziativa, e di preparare l'operazione con le modalità ritenute più opportune.''»</ref>. Successivamente fu dato ordine al comando dei [[Gruppi di Azione Patriottica]], formazioni partigiane direttamente ed esclusivamente dipendenti dal PCI,<ref>Santo Peli, ''La Resistenza in Italia. Storia e critica'', Einaudi, 2004, p. 44 e 250.</ref> di progettare l'attentato nei particolari operativi<ref>. Giorgio Amendola intervistato da [[Gianni Bisiach]] in [[Gianni Bisiach]], ''Pertini racconta'', Milano, Mondadori, 1983, p. 130: «''L'azione di via Rasella nacque perché sostando parecchie ore in piazza di Spagna, mi accorsi che ogni giorno il plotone tedesco della formazione Bozen passava alla stessa ora, con precisione teutonica. Passava cantando, quasi a sottolineare la sicurezza delle forze d'occupazione. Come comandante delle Brigate Garibaldi, decisi che fosse questo plotone l'obiettivo di una azione di carattere anche politico. Diedi al comando dei GAP l'ordine di eseguire l'attacco. Non entrai nei particolari per ragioni cospirative: spettava a loro scegliere il giorno e l'ora. Mi limitai a dare le disposizioni generali e a indicare anche il punto dell'esplosione: via Rasella.''»</ref>
 
== Circostanze degli eventi ==
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Per alcuni giorni, quindi, furono studiati gli spostamenti di questi soldati, che percorrevano in tenuta di guerra le strade di Roma cantando, preceduti e seguiti da pattuglie motorizzate munite di mitragliatrice pesante.
 
Si trattava della 11ª [[Compagnia (unità militare)|compagnia]] del III [[battaglione]] dello ''SS-Polizeiregiment''Polizei-Regiment [[Bozen]], composta da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, altoatesini/sudtirolesi arruolati nella polizia in seguito all'occupazione tedesca dopo il 1º ottobre 1943 delle province di [[Bolzano]], [[Trento]] e [[Belluno]] (riunite nel cosiddetto "[[Zona d'Operazione delle Prealpi|Alpenvorland]]" sul quale la sovranità della RSI era meno che nominale)<ref>Cfr. Christoph v. Hartungen, ''Die Südtiroler Polizeiregimenter 1943-1945'', in "[[Der Schlern]]", 55, 1981, p. 494-516.</ref>. Altri reparti dello stesso reggimento (che come l'11ª compagnia erano impiegati nella guerra anti-partigiana, nella caccia agli ebrei, agli antifascisti, ai renitenti alla leva militare e del lavoro, ecc.) operarono nel Bellunese, nella Valle del [[Biois]], in [[Istria]], ecc. e furono processati e condannati alla fine della guerra da tribunali militari [[Alleati]] per aver compiuto crimini di guerra.
 
Risultò quindi, in seguito ai diversi appostamenti, che tale compagnia percorreva quotidianamente lo stesso tratto di strada alla stessa ora (verso le due del pomeriggio) e che il punto migliore per attaccarla sarebbe stata appunto via Rasella, una strada in salita poco frequentata, scelta, oltre che per creare un imbottigliamento alla compagnia, anche per la scarsa presenza di botteghe e portoni, quindi per lo scarso transito di civili.
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Nell'immediatezza dell'evento rimasero uccisi 32 militari tedeschi e 110 rimasero feriti, oltre a 2 vittime civili. Dei feriti, uno morì poco dopo il ricovero, mentre era in corso la preparazione della rappresaglia, che fu dunque calcolata in base a 33 vittime germaniche. Nei giorni seguenti sarebbero deceduti altri 9 militari feriti, portando così a 42 il totale dei caduti.<ref name=autogenerato1>Cassazione - Sezione I Penale sent. n. 1560/99, par. IV, num. 6, lett. a, ove si legge: «L'azione fu attuata facendo esplodere, mediante detonatore collegato ad una miccia, 18 kg. di tritolo contenuti in un carretto per la spazzatura, in coincidenza del passaggio, usuale e previsto, di una compagnia del battaglione "Bozen". Secondo la ricostruzione del consulente tecnico della parte offesa Zuccheretti, riportata nel provvedimento impugnato (pag. 14), l'esplosione dell'ordigno ebbe a determinare la morte di 42 soldati tedeschi (dei quali 32 morti quasi immediatamente e gli altri), e di almeno due civili italiani, il minore Pietro Zuccheretti e Antonio Chiaretti.»</ref>
 
== IlL'SS-Polizei-Regiment Polizeiregiment "Bozen" secondo [[Robert Katz]] ==
Sull'appartenenza organica alle [[SS]] dei militari tedeschi colpiti in via Rasella così ha scritto [[Robert Katz]] nel suo ''Roma Città Aperta - settembre 1943 - giugno 1944''<ref>[[Robert Katz]], ''Roma Città Aperta - settembre 1943 - giugno 1944'', Il Saggiatore, Milano, 2003, ISBN 88-428-1122-X</ref>:
{{quote|I nazisti avevano trasferito in città circa cinquecento uomini della 9<sup>a</sup>, 10<sup>a</sup> e 11<sup>a</sup> compagnia del 3<sup>o</sup> battaglione SS del Polizeiregiment Bozen. Il reggimento, nato nel 1943, era composto di reclute altoatesine. [...] Le reclute erano "optanti", ossia, al tempo dell'unione con la Germania, avevano scelto la cittadinanza tedesca e, di fronte all'obbligo del servizio militare, avevano compiuto l'ulteriore scelta di arruolarsi nelle SS piuttosto che nella Wehrmacht.