Computer to plate: differenze tra le versioni

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Oltre che in tipolitografia, I CTP hanno anche la loro applicazione in [[flessografia]]. La stampa flessografica, anche se necessaria e indispensabile (basti pensare agli ''shopper'', i familiari sacchetti di plastica dei supermercati in cui riporre la spesa) è stata per molto tempo la Cenerentola della "stampa di qualità". A partire dal 2010 la produzione digitale di lastre flessografiche è in questi CTP non solo veloce ed ecologica (il sistema precedente infatti, richiedeva pellicola di fotocomposizione, esposizione e quindi sviluppo di lastre in fotopolimero in solventi maleodoranti e dannosi i cui rifiuti dovevano essere classificati e smaltiti come "tossici - nocivi", e dal 1997 come "pericolosi" così come da normativa europea), ma accurata nella definizione di piccoli particolari producendo un buon "registro" indispensabile per quelle lavorazioni a più colori e in quadricromia.
 
{{cnCitazione necessaria|Molti tecnici in campo grafico, affermano che la qualità di stampa derivante, può competere in molti lavori con la definizione e la brillantezza della stampa [[rotocalco]]}}. I colori sgargianti di alcune confezioni alimentari, quelli di prodotti surgelati e non (come le confezioni di patatine), sacchetti in carta o in [[propilene]] con stampe brillanti e di buona qualità sono stampate sempre più spesso da macchine flessografiche su cui sono montate lastre digitali flexo prodotte dal relativo CTP flessografico.
Alcuni modelli di questi CTP sono poliedrici e più flessibili di quelli che realizzano lastre offset. Infatti, oltre alle lastre flexo rendono possibile la lavorazione di lastre digitali tipolito e pellicole termiche ad ablazione.