Vincenzo Macaluso: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Fu capitano di artiglieria. Nel 1848 nella guerra per l'indipendenza siciliana comandò la batteria "[[Sicilia|Trinacria]]" e si distinse nell'assedio di [[Messina]]. Venuta meno la rivoluzione, rientrati i [[Borboni]], fu esiliato.
 
Con un audace atto di sfida inalberò il 3 luglio [[1859]] il tricolore sul Monte La Pietra, "una rocca isolata bianchissima sorgente a cavaliere tra [[Grotte]] e [[Comitini]]", e diede così inizio a una rivolta che si espanse a macchia d'olio fino a [[Palermo]]. Per le sue ardite gesta patriottiche subì tre condanne a morte da parte dei [[Borboni]]: dalle prime due lo salvò l'intercessione dello zio Gioacchino La Lomia, ministro della Giustizia del re di [[Napoli]]; dalla terza lo liberò [[Garibaldi]], quando giunse a [[Palermo]]. Divenuto uomo di fiducia del generale, fu poi, per la sua integrità morale e l'ansia di giustizia, oltre che per le sue convinzioni repubblicane, contrastato dai luogotenenti piemontesi, che ne boicottarono sempre l'elezione al Parlamento.
Nel [[1861]] ad [[Agrigento]] fondò il periodico "La Pietra".
 
Nel 1885 diresse a Roma "Le Forche caudine", giornale stampato in 130 000 copie.
Nel [[1861]] ad [[Agrigento]] fondò il periodico "La Pietra". Nel 1885 diresse a Roma "Le Forche caudine", giornale stampato in 130 000 copie.
 
== Bibliografia ==
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==Scritti su Vincenzo Macaluso==
 
* Carmelo Sciascia Cannizzaro, Il Risorgimento di Macaluso, Agrigento, Centro Studi Giulio Pastore, 2005
 
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[[Categoria:Personalità del Risorgimento]]
[[Categoria:Personalità legate a Canicattì]]
[[Categoria:Personalità legate ad Agrigento]]