Attentato di via Rasella: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riepilogo delle sentenze: Aggiunta estretti rilevanti delle sentenze nelle note, per favorirne la tracciabilità
Riga 148:
[[File:Via Rasella (iscrizione).JPG|thumb|Via Rasella, dettaglio (aprile 2007)]]
 
*All’interno della sentenza di condanna del 20 luglio 1948, emessa contro Herbert Kappler e altri coimputati per la strage delle Fosse Ardeatine, il Tribunale Territoriale Militare di Roma negava la qualifica di legittima azione di guerra dell'attentato di Via Rasella, in quanto non commesso da "legittimi belligeranti"<ref>"''Secondo il diritto internazionale (art. 1 della Convenzione dell'Aia del 1907) un atto di guerra materialmente legittimo può essere compiuto solo dagli eserciti regolari ovvero da corpi volontari, i quali ultimi rispondano a determinati requisiti, cioè abbiano alla loro testa una persona responsabile per i suoi subordinati, abbiano un segno distintivo fisso e riconoscibile a distanza e portino apertamente le armi. Ciò premesso, si può senz'altro affermare che l'attentato di Via Rasella, qualunque sia la sua materialità, è un atto illegittimo di guerra per essere stato compiuto da appartenenti ad un corpo di volontari il quale, nel marzo 1944, non rispondeva ad alcuno degli accennati requisiti''" (Sentenza del Tribunale Territoriale Militare di Roma n. 631 del 20 luglio 1948. Vedi : [[http://www.difesa.it/GiustiziaMilitare/RassegnaGM/Processi/Kappler_Herbert/Pagine/02sentenza631.aspx]])</ref>. I partigiani autori dell'attentato non avrebbero infatti rispettato tutti i requisiti previsti dalla [[Convenzione dell'Aia (1907)|Convenzione dell'Aja]] del [[18 ottobre]] [[1907]] per il riconoscimento della qualifica di legittimi belligeranti anche ai civili organizzati in corpi di volontari, ossia essere comandati da una persona responsabile per i propri subordinati, indossare un segno di riconoscimento fisso riconoscibile a distanza, portare le armi apertamente e condurre le operazioni secondo le leggi ed i costumi di guerra<ref> Seconda Convenzione dell’Aia del 18 ottobre 1907 , articolo IV “"Leggi e costumi di guerra terrestre", annesso "Regolamenti relativi alle leggi ed ai costumi della guerra terrestre", sezione I, capitolo I, articolo 1. Vedi [[http://www.icrc.org/ihl.nsf/FULL/195?OpenDocument]] (in inglese) o [[http://www.icrc.org/dih.nsf/FULL/195?OpenDocument]] (in francese)</ref>. La mancanza di tali requisiti veniva confermata il 15 ottobre 1950 anche dal Tribunale Supremo Militare, all’interno della sentenza di rigetto del ricorso presentato da Kappler contro la condanna<ref> "''L'attentato di Via Rasella, alla luce delle norme di diritto internazionale, si pone in termini di rigorosa linearità: la sua qualificazione non può essere altro che quella di un atto di ostilità a danno di forze militari occupanti commesso da persone che non hanno la qualità di legittimi belligeranti''".(Sentenza del Tribunale Supremi Militare n.1950 del 15 ottobre 1968. Vedi : [[http://www.difesa.it/GiustiziaMilitare/RassegnaGM/Processi/Kappler_Herbert/Documents/sentenza_kappler_TSM_1714_1952.pdf]] (pagina 67) )</ref>.
*Con l'ordinanza del [[16 aprile]] [[1998]], il [[giudice per le indagini preliminari]] di [[Roma]] disponeva l'archiviazione del procedimento penale a carico di [[Rosario Bentivegna]], [[Carla Capponi]] e [[Pasquale Balsamo]], iniziato a seguito di una denuncia presentata da alcuni parenti delle vittime civili dell'attacco. Il Giudice escludeva la qualificazione dell'atto come legittima azione di guerra, ravvisando tutti gli estremi oggettivi e soggettivi del reato di [[strage]], altresì rilevando tuttavia l'estinzione del reato a seguito dell'[[amnistia]] prevista dal decreto 5 aprile 1944 per tutti i reati commessi "per motivi di guerra". Decidendo con sentenza n.1560/99 sul ricorso presentato da Bentivegna, Balsamo e dalla Capponi, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ribadiva la natura di legittimo atto di guerra dell'attacco di Via Rasella, inquadrabile ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale n. 194 del 1945, successivo all'amnistia, che ha escluso la natura di reato, inserendola tra gli atti di guerra ad ogni ''operazione compiuta dai patrioti per la necessità di lotta contro i tedeschi e i fascisti nel periodo dell'occupazione fascista''. La legittimità dell'azione, per la Suprema Corte, ''deve essere pertanto valutata nel suo complesso, senza che sia possibile scinderne le conseguenze a carico dei militari tedeschi che ne costituivano l'obiettivo da quelle coinvolgenti i civili che ne rimasero vittima, in rapporto alla sua natura di "azione di guerra"''.
*Il [[7 agosto]] [[2007]] la Cassazione ha confermato la condanna al risarcimento inflitta dalla Corte d'appello di Milano al quotidiano [[Il Giornale]] per diffamazione ai danni di Rosario Bentivegna<ref>[http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/rasella-condanna/rasella-condanna/rasella-condanna.html "Repubblica" ''online'' del 7 agosto 2007, "Cassazione: 'Via Rasella fu atto di guerra' - Il Giornale condannato per diffamazione"]</ref><ref>[http://www.eius.it/giurisprudenza/2007/104.asp la sentenza della Cassazione, 6 agosto 2007]</ref>. La Corte, partendo dalla qualificazione dell'attacco come legittimo atto di guerra rivolto a colpire esclusivamente i militari occupanti, ha ritenuto che alcune affermazioni contenute in articoli pubblicati dal quotidiano milanese nel [[1996]], per i Supremi Giudici tendenti a parificare le responsabilità degli esecutori dell'attacco di Via Rasella e dei comandi nazisti nella causazione della strage delle [[Fosse Ardeatine]], erano gravemente lesive dell'onorabilità personale e politica del Bentivegna. Le affermazioni del Giornale furono: