Cagli: differenze tra le versioni
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Anche se dovette essere in parte ripensato e non sempre fedelmente rispettato nei secoli, come rammenta lo stesso celebre giurista [[Bartolo da Sassoferrato]] quando asserisce che talune strade interne furono ristrette per questioni di difesa, la città entrava nel [[Rinascimento]], condividendo la felice stagione urbinate, con la razionale e anticipatrice geometria del suo impianto urbanistico. Ciò, secondo la tesi di Bresciani Alvarez e Filippini, non dovette passare inosservato agli occhi di quanti animavano culturalmente la magnifica Corte del duca [[Federico da Montefeltro]]. Lo spunto a tale ipotesi nasce dall'osservazione che la celebre [[Città ideale]], attribuita a [[Luciano Laurana]] su disegno di [[Leon Battista Alberti]] (conservata nella [[Galleria Nazionale delle Marche]]), presenta sullo sfondo un elemento paesaggistico dal profilo talmente caratterizzato da non sembrare fantastico ma decisamente reale visto che combacia con l'altopiano di monte Petrano ai piedi del quale è ancor oggi Cagli con la sua piazza. A questo si aggiunge l'arretramento di parte degli edifici posti sul lato destro della tavola urbinate e che è realmente presente su di un lato della via che fiancheggia il lato destro del Palazzo Pubblico cagliese. Quest'ultima strada veniva, inoltre, a concludersi di fronte ai fabbricati che compongono il monastero di San Nicolò che sopravanzavano nella sede stradale lasciando uno stretto passaggio al posto dell'odierna ampia via del torrione allineata, solo nella seconda metà del Novecento, in larghezza a via Leopardi proveniente dalla piazza maggiore. Il grande edificio a pianta centrale che compare al centro del dipinto, secondo la tesi citata, avrebbe occupato il posto del Palazzo Pubblico che nel 1476 il Comune di Cagli (esattamente un secolo dopo il suo ingresso volontario su piede di uguaglianza insieme ad Urbino nel nascente stato dei Montefeltro) aveva donato a Federico da Montefeltro, il quale si fece carico, in quegli anni, di far eseguire profondi lavori di ristrutturazione a [[Francesco di Giorgio Martini]], l'architetto senese che negli anni ottanta del Quattrocento è in Cagli impegnato per l'erezione della Rocca e del Torrione. Il dibattito su una Cagli destinataria o semplice ispiratrice di un superbo progetto, da leggersi secondo quanto già proposto da Zorzi nel 1976 come una città progettata, rimane ovviamente aperto e quelle che potrebbero apparire come delle coincidenze meritano, per la loro eccezionalità, successivi approfondimenti.
Esiste uno speciale rapporto tra Cagli i Montefeltro e la città di Urbino. Il 24 dicembre 1375 il conte [[Antonio II da Montefeltro|Antonio da Montefeltro]], con le armi della lega fiorentino-viscontea rientrava in Urbino e n'era "gridato" signore. Ma, scrive Gino Franceschini (''Documenti e Regesti'', Urbino, 1982, pp.
Furono soprattutto le manifatture, consistenti in particolare nella lavorazione dei panni di lana e più tardi della seta e nella concia delle pelli, che sviluppatesi notevolmente sotto i duchi d'Urbino sostennero la forte crescita economica della città e conseguentemente costituirono la base per quello culturale, al quale presero parte anche grandi artisti attivi presso la Corte urbinate o uomini di governo a quella legati.
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La devoluzione del ducato d'Urbino allo [[Stato Pontificio]], del 1631, comporta per Cagli l'inserimento in uno Stato dove le Marche dovranno votarsi principalmente all'agricoltura cerealicola, strategia economica che essendo poco remunerante per le aree appenniniche avrebbe, infine, comportato, a partire dal Settecento, un arretramento economico sempre più consistente delle stesse. L'[[Unità d'Italia]] se da un lato accende gli animi anticlericali che vagheggiano un progresso a portata di mano trovano in loco validi spunti nella costruzione della ferrovia Fano-Fabriano-Roma (distrutta e mai più ricostruita durante la [[seconda guerra mondiale]]) e del Teatro comunale. dall'altro apre il capitolo delle spoliazioni dei monasteri prima e delle confraternite dopo i cui beni demaniali servirono per l'ammodernamento del Regno. La politica della monarchia sabauda, a differenza di quella pontificia precedente che aveva lasciato ampia autonomia ai comuni, avrebbe ben presto mostrato il volto del "piemontesismo" anche nelle Marche vanificando, con il compimento dell'unificazione amministrativa del 1865, i disegni di decentramento.
Durante la [[seconda guerra mondiale]], nel periodo dell'occupazione tedesca e della [[Repubblica Sociale Italiana]], nel territorio del Comune di Cagli trovarono rifugio e protezione alcune famiglie di profughi ebrei, italiane e straniere. In quest'opera di solidarietà, che coinvolse molti abitanti del luogo, si distinsero in particolare la famiglia Alessandri, proprietaria di una pensione sul Monte Petrano, la famiglia Virgili nella frazione di Secchiano, e la madre superiora del Convento di san Nicolò, suor Nicolina Baldoni (con l'approvazione del vescovo mons. [[Raffaele Campelli]]). L'11 febbraio 1992, l'Istituto [[Yad Vashem]] di [[Gerusalemme]] ha conferito l'alta onorificenza dei [[Giusti tra le nazioni]] ai coniugi Virgilio e Daria Virgili e alle loro figlie Gianna e Mercedes e, il 29 febbraio 2004, a Spartaco Alessandri e sua madre Mimma Alessandri.<ref>Israel Gutman, Bracha Rivlin e Liliana Picciotto, ''I giusti d'Italia: i non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-45'' (Mondadori: Milano 2006), pp.9-10,88-89.</ref>. Qualche anno prima la stessa alta
Alla città di Cagli va affiancata la bellezza del suo territorio appenninico che per molti tratti si presenta pressoché incontaminato e del tutto simile al cuore verde dell'Umbria. È un territorio vasto, dove cresce il prelibato tartufo bianco, quello del comune di Cagli che con i suoi 226 km² è per estensione il terzo delle Marche.
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{{vedi anche|Cappella Tiranni}}
* Chiesa di San Filippo. Nel popolare quartiere di [[Sant'Andrea]] (nel quale si inseriva il [[ghetto ebraico]]) è l'omonima chiesa oggi detta di [[San Filippo]] che, con la sua facciata incompleta, attraverso i lavori di ammodernamento (per ospitare i [[Filippini]]) del 1644 e del 1728 assunse l'aspetto attuale, caratterizzato da un'architettura che risente del [[barocco]] mitteleuropeo e da una cupola a base ellittica alta 21
[[File:Cagli - Chiesa di San Filippo - luglio 2010 -.jpg|thumb| right | 250 px | Chiesa di San Filippo]]
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* Chiesa di San Francesco.
[[Immagine:Swc-s-fraok.jpg|thumb|right|250px|Chiesa San Francesco del 1234]]
Nell'omonima piazza con la statua bronzea di [[Angelo Celli]] dello scultore [[Angelo Biancini]], posta nel 1959 dinanzi al loggiato del 1885, sorge la chiesa di San Francesco che, edificata tra il 1234 e il 1240 extra-muros, è considerata l'emblema del gotico medioappennico ed è la più antica chiesa francescana delle Marche. L'elegante abside poligonale, dominata dallo slanciato campanile concluso da una guglia in cotto di 12
Gli affreschi del vasto interno ad aula unica occultati dalla scialbatura del 1579 riemergono oltre che nella controfacciata nella ritrovata abside duecentesca.
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* '''Chiesa di San Giuseppe'''.
[[File:Cagli - Chiesa di San Giuseppe - interno - 2011 -.jpg|thumb| right| 250 px|Chiesa di San Giuseppe]]
Dietro il Palazzo Pubblico è la chiesa di [[San Giuseppe]] (cara alla magistratura cittadina, sede dal 13 agosto 1576 della ''Ven. Confraternita del S.S. Crocifisso e San Giuseppe,'') con una volta a botte riccamente ornata da stucchi manieristici che nel 1635 dovevano essere dorati. Le pitture del [[Cialdieri]], alle quali mise mano successivamente il [[Patanazzi]], raffigurano i momenti fondamentali della vita di San Giuseppe correlati alle figure (re, patriarchi e personaggi biblici) ad altorilievo che, poste entro nicchie, ritmano lo spazio tra le scene dei grandi riquadri. La parte centrale della volta è dominata dalla Carità alla quale, fra telamoni, si uniscono le altre due virtù teologali. Mentre nei due altari laterali della seconda metà del Cinquecento, con ornati lapidei dei cagliesi Angelo e Filippo Finale, sono le statue in stucco di ''San Giuseppe'' e dell'
'''Storia'''(tratto da “LE CHIESE DI CAGLI” di Mons. Giuseppe Palazzini, Prelato Uditore della S. R. Rota, scritto in Roma nel 1968, poi creato Cardinale):
L’antica Cale, posta sui colli Banderuola e Venante, fu distrutta nel 1287 da una lotta fratricida tra Guelfi e Ghibellini, e nel 1289 fu riedificata sul piano dove ora si trova grazie al Papa Niccolò IV, primo Papa francescano originario di Ascoli Piceno. Sulla piana dove fu riedificata la città sorgeva una chiesa di monaci di Fonte Avellana dedicata a San Michele Arcangelo e il luogo veniva detto Mercatale di Sant’Angelo. Dalla chiesa si tentò di imporre un nuovo nome alla città dopo la riedificazione, chiamandola Sant’Angelo Papale (nome che fu usato per qualche tempo nei documenti ufficiali). Era un priorato; poi finì per essere dato in commenda. La prima memoria risale al 1072. Dalla chiesa prese nome anche un quartiere della nuova città. La chiesa è ricordata più volte negli elenchi di decime degli anni 1290-1299 e figura anche nell’elenco di chiese del contado di Cagli dell’anno 1468. Continuò ancora per un secolo ad appartenere al monastero di Fonte Avellana, dopo la cui separazione, avvenuta con la soppressione degli avellaniti, la chiesa passò al Capitolo della Cattedrale. Fu la ''Confraternita di San Giuseppe'', eretta nell’oratorio in Pian del Vescovo nella zona del quartiere di San Francesco, che nell’anno 1573, avendo preso notevole sviluppo e non potendo più adunarsi nel ristretto ambiente dell’oratorio, chiese al Cardinale Giulio Della Rovere, Commendatario dell’Avellana, la cessione perpetua della Chiesa: l’ottenne il 13 agosto 1576 e il trasloco avvenne l’anno seguente. Nel 1578 Antonio Benedetti, cagliese, già Capitano della Repubblica Veneta e più tardi signore di Finigli (1583) fece fare l’ornato dell’altare di San Giuseppe dallo scultore Angelo Finale di Cagli. Nel 1581 lo storico cagliese Jacopini faceva erigere l’Altare della Vergine Addolorata da Filippo Finale. La Confraternita di San Giuseppe l’11 febbraio 1617 ottenne l’aggregazione all’Arciconfraternita del SS. Crocifisso e San Marcello in Roma e si chiamò poi “Confraternita di San Giuseppe e del Santissimo Crocifisso”. Nel 1640 il pittore Girolamo Cialdieri di Urbino dipingeva
i sette dolori e le sette allegrezze di San Giuseppe; altri riquadri erano dipinti sulla fine del secolo dal cagliese Giambattista Gambarini. Quasi un secolo dopo, tra il 1732 e il 1741, il pittore cagliese Gaetano Lapis (1706-1776) dipingeva il quadro dell’Altare Maggiore, San Michele Arcangelo. La Confraternita ebbe i suoi beni demaniati, in base alle leggi eversive del Governo Italiano nel 1866. Il 30 aprile 1941 furono rivedute e approvate le nuove costituzioni della Confraternita dal Vescovo Raffaele Campelli.
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* Chiesa di San Nicolò.
[[File:Cagli - Chiesa di San Nicolò - 2009.jpg|thumb|right|250 px|Chiesa di San Nicolò, l'Altar maggiore]]
L'introduzione delle suore domenicane di clausura avvenne nel 1529 per volontà del vescovo di Cagli il card. [[Cristoforo del Monte]]. Le [[Ordine domenicano|Domenicane]] subentrarono alle monache [[Ordine benedettino|benedettine]] che nel 1388 si erano trasferite all'interno della cerchia urbana, nelle abitazioni che possedevano vicino alla chiesa di [[San Nicolò]]. La chiesa ad unica navata presenta una volta nelle cui decorazioni del 1758 compaiono i simboli del santo titolare. Nel 1746 la chiesa veniva profondamente rimaneggiata tanto all'interno quanto esternamente. L'altare maggiore, consacrato nel 1749, fu commissionato nel 1746 a [[Francesco Fabbri]] da [[Sant'Ippolito]] che lo eseguì su disegno di [[Biagio Miniera]] di [[Ascoli Piceno]]. Le statue poste nel timpano dell'altare rappresentano la [[Fede]] e la [[Speranza]]. La pala di [[Gaetano Lapis]] del 1739, trafugata dai napoleonici nel 1811, e raffigurante la Madonna del Rosario e San Domenico dal 2000 è tornata suo posto ricomponendo il dialogo estetico interrotto per 189 anni. L'olio su tela de ''La Madonna del Rosario'', copia dal [[Giovan Battista Salvi|Sassoferrato]] eseguita nel 1838 dal pittore cagliese [[Giambattista Castracane]] ha trovato collocazione all'interno del Coro superiore convento. Qui, dopo il restauro, è stata posta anche la pala cinquecentesca (opportunamente ricomposta ad unità) raffigurante [[San Nicolò]] che in precedenza era posta sull'altare maggiore. Ai lati dell'altare maggiore sono le statue di [[Santa Caterina da Siena]] (a sin.) e di [[Santa Rosa da Lima]]. Nei due altari laterali marmorei, del 1751, sono a d. la pala de ''Il Miracolo di Soriano'' (visibilmente allungata nella parte superiore) e a sin.
* Chiesa di Sant'Angelo Minore.
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La chiesa fa parte del vasto convento che le Clarisse eressero nel Quartiere di Sant'Andrea a ridosso della cinta urbica medioevale a seguito della rifondazione della città del 1289.
L'interno è impreziosito dall'imponente altar maggiore marmoreo, derivato per dimensioni e cromatismi marmorei dal pregevole modello presente nella [[Chiesa del Gesù|chiesa riformata del Gesù]] a Roma, con la pala di [[Giovanni Conca]] del 1739.
La volta che sovrasta l'aula della chiesa reca l'affresco di [[Gaetano Lapis]] (1706-1773) raffigurante la ''Gloria di Santa Chiara'' (10 x 3,60
[[File:Cagli - Chiesa di Santa Chiara - Coro inferiore - anno 2008 - 008.jpg|thumb | right |250 px | Coro inferiore delle Clarisse]]
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* Ponte Mallio.
[[File:Cagli, Ponte Mallio (Via Flaminia) - Marche, Italia - 01.jpg|thumb|right|250px|Ponte Mallio]]
Il nome a questo ponte deriva da un'iscrizione ove era citato il personaggio M. Allius. Il manufatto, costruito originariamente in epoca repubblicana, si presenta come una delle opere romane più imponenti di quelle esistenti lungo il tracciato della consolare Flaminia. Il grande fornice centrale (11,66
* [[Teatro comunale di Cagli|Teatro comunale]].
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==== Museo archeologico e della Flaminia ====
Il Museo, secondo il riordinamento attualmente in corso, si apre con due sale in cui sono esposti i materiali rinvenuti in varie località della zona di Cagli e databili dalla protostoria all'età romana; una sezione a parte è relativa alla storia delle collezioni di antichità a Cagli (tra le quali è la “Collezione Amatori” costituita da quaranta vasi etruschi e magno-greci). Per il loro particolare interesse ai materiali di epoca preromana è dedicata la sala centrale del Museo. Da una grotta sul Monte Nerone, in località Fondarca, provengono un grosso dolio, ricomposto in restauro, e frammenti di altri vasi d'impasto dell'età del Bronzo. Dalla zona di San Vitale-Col di Rigo, sempre sul Monte Nerone, si presenta vasellame in bronzo e fittile, tratto da corredi di tombe galliche. Si segnalano inoltre le tre bulle d'oro etrusche provenienti da Monte Petrano, recanti l'immagine a stampo di una biga e databili al IV secolo a.C. Il nucleo di gran lunga più noto e di maggior prestigio di antichità cagliesi di questo periodo (V-IV secolo a.C.) è, tuttavia, costituito dai tredici bronzi votivi [[etruschi]] e italici, fortuitamente rinvenuti nel 1878 nell'area di un ignoto luogo di culto in località Coltone e già esposti a Roma per decenni nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (dove influenzarono noti artisti contemporanei), prima che (dal 1970) nell'altrettanto prestigiosa Sezione Protostorica del Museo di [[Ancona]], dove tuttora si trovano gli originali. Per la stretta connessione tra Cagli, le sue origini romane e la via Flaminia, ai reperti di età romana è dedicata la seconda sala del Museo che apre con vasellame fittile a vernice nera ed acromo, da tombe di età tardorepubblicana rinvenute a Pian di Maiano. Più numerosi frammenti ceramici, in particolare da mensa, resti di anfore e frustuli di un pavimento a mosaico, tutti perlopiù della prima età imperiale, provengono invece da raccolte effettuate in superficie in varie località del territorio cagliese. Documentano, insieme ad un capitello in marmo proconnesio di fine III inizi IV secolo d.C. e nella pluralità dei loro contesti di provenienza, l'esistenza nelle campagne attorno all'abitato di Cale di un popolamento sparso piuttosto consistente, articolato essenzialmente in ville o fattorie. Notevole, inoltre, una piccola testa femminile in marmo, databile intorno al II secolo a.C. ed una raccolta di monete.
Di pregevole fattura è, poi, la cosiddetta ''Venere da Pitinum Mergens'' scoperta nel 1874 (donazione Enzo e Franca Mancini). Questa statua di Venere, databile al IV sec. d.C., era posta in origine in un edificio di culto di ''Pitinum Mergens'' ed il particolare medaglione la metterebbe in collegamento con il culto della Grande Madre [[Cibele]] e di [[Attis]]. Infine della medesima donazione è il cospicuo rubinetto bronzeo, forse di un perduto edificio termale della prima età imperiale.
Il museo è in fase di ampliamento (con dotazione di ascensore e scala interna) mediante l'accorpamento di un secondo piano.
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