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Il [[17 gennaio]] si incontrarono al quartier generale del Fronte del Don i comandanti delle armate con i generali Voronov e Rokossovskij; dopo accese discussioni venne respinta la proposta di sospendere l'offensiva per alcuni giorni per colmare le perdite e riorganizzare lo schieramento; i generali Voronov e Rokossovskij decisero di continuare subito l'offensiva in direzione di Gumrak per occupare l'ultimo importante aeroporto a disposizione del nemico. In realtà nei quattro giorni successivi i combattimenti rallentarono mentre le armate del Fronte del Don si riorganizzavano per l'attacco finale; nelle retrovie tedesche intanto cresceva la disorganizzazione a causa soprattutto del fallimento logistico, della mancanza di cibo, della mancanza di equipaggiamenti e riparti contro il freddo, della carenza di cure sanitarie<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 400-401.</ref>.
Il [[19 gennaio]] il maggiore d'aviazione Thiel raggiunse la sacca per verificare le condizioni dell'aeroporto di Gumrak e coordinare con il comando dell'armata il potenziamento del ponte aereo di cui aveva assunto la direzione da pochi giorni il feldmaresciallo Milch. Il maggiore trovò una situazione di caos e disorganizzazione; inoltre durante un colloquio con il generale Paulus, il comandante dell'armata apparve estremamente teso, molto irritato, pieno di recriminazioni per il fallimento del rifornimento aereo e per le mancate promesse della Luftwaffe<ref>W.Görlitz/F.Paulus, ''Stalingrado'', pp. 288-289.</ref>. In precedenza il comandante della 6ª Armata aveva respinto le proposte dei generali Hube e von Seydlitz-Kurzbach di autorizzare tentativi di uscire dalla sacca in piccoli gruppi ritenendoli irrealizzabili e non considerando possibile abbandonare i feriti; il [[20 gennaio]] inoltre venne diramato alle truppe un ordine per incitare la resistenza ed evitare diserzioni o rese prospettando un catastrofico destino nella prigionia sovietica<ref>W.Görlitz/F.Paulus, ''Stalingrado'', pp. 286-287.</ref>.
Al quartier generale del Gruppo d'armate del Don e dell'OKH il generale Paulus invece manifestò tutto il suo pessimismo ed in una comunicazione del 20 gennaio riferì del decadimento delle capacità combattive delle sue truppe, della penosa situazione dei feriti, dei segni di disgregazione, chiedendo inoltre libertà di azione per poter decidere autonomamente<ref>W.Görlitz/F.Paulus, ''Stalingrado'', p. 287.</ref>. Un rapporto scritto dettagliato nello stesso senso venne inviato al quartier generale di Hitler il [[22 gennaio]] tramite il maggiore von Zitzewitz, ufficiale di collegamento dell'OKH, uscito in aereo dalla sacca; negli stessi giorni i generali von Seydlitz-Kurzbach e Pfeffer avevano proposto al comandante della 6ª Armata di cessare i combattimenti ed anche il generale Schmidt e il colonnello Adam erano favorevoli ad una resa, mentre i generali Heitz, Strecker e Hube e il colonnello Elchlepp si opposero ancora a interrompere la resistenza senza ordini superiori<ref>W.Görlitz/F.Paulus, ''Stalingrado'', pp. 290-291.</ref>.
Il [[20 gennaio]] l'Armata Rossa aveva dato inizio al nuovo attacco generale contro la sacca della 6ª Armata ormai ridotta a meno della metà delle sue dimensioni iniziali; la 65ª Armata del generale Batov avanzò in direzione dell'aeroporto di Gumrak e la notte occupò la cittadina di Gončara; nella serata successiva i sovietici si avvicinarono a Gumrak e i lanciarazzi ''Katjuša'' aprirono il fuoco scatenando il caos negli aerodromi<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 406-407.</ref>. All'alba del [[22 gennaio]] le compatte fila delle divisioni fucilieri sovietiche comparvero sui margini dell'aeroporto; gli ultimi aerei tedeschi decollarono in fretta, mentre gli altri soldati, dopo una serie di duri combattimenti, si ritirarono verso est e i soldati della ; una parte dei feriti venne abbandanati nell'ospedale da campo dove i sovietici in un primo momento li lasciarono senza cure prima di trasferirli a Beketovka. La ritirata dei superstiti reparti tedeschi del 14° ''Panzerkorps'' e dell'8°, 4° e 11° Corpo d'armata in direzione est verso Stalingrado si stava trasformando in un ripiegamento disordinato per cercare un riparo dal freddo e dal nemico nelle macerie della città, la steppa era disseminata lungo il percorso da cadaveri congelati, feriti abbandonati, veicoli fuori uso, cannoni distrutti, materiali ed equipaggiamenti, cavalli morti<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 407-408.</ref>.
Prima della caduta di Gumrak il generale Paulus aveva abbandonato il suo posto di comando situato
==== Ultima resistenza ====
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