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Nella seconda metà degli [[anni 1970|anni settanta]] il [[Anni di piombo|clima di violenza politica]] che caratterizzava l’[[Italia]] si manifestò anche a Roma, dove si verificò una lunga serie di scontri tra fazioni politiche di destra e di sinistra, tra loro o con le forze dell'ordine, culminati con la sparatoria del [[21 aprile]] [[1977]] tra agenti di polizia e manifestanti dell'area di [[Autonomia Operaia]] che si concluse con l'uccisione dell'agente [[Settimio Passamonti]] e il ferimento di quattro suoi commilitoni.
{{Quote|Deve finire il tempo dei figli dei contadini meridionali uccisi dai figli della borghesia romana|dalla relazione al Parlamento del ministro [[Francesco Cossiga]], il [[22 aprile]] [[1977]]}}
Il giorno stesso, il [[ministro dell'interno]] [[Francesco Cossiga]] annunciò in [[Parlamento]] di aver dato disposizioni per vietare nella capitale, fino al successivo [[31 maggio]], tutte le manifestazioni pubbliche<ref>[ http://storia.camera.it/cronologia/leg-repubblica-VII/elenco Cronologia Camera dei Deputati]</ref>. Il provvedimento di Cossiga venne fortemente sostenuto dal [[Partito Comunista Italiano]], che riteneva di non trovarsi «più di fronte a turbamenti anche violenti dell’ordine, ma a un criminoso assalto armato allo Stato e alla società», apertamente chiedendo «fermezza, ordine, sicurezza nella democrazia»{{senza fonte}}.
Il [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]] decise di sfidare apertamente il divieto, indicendo un ''[[sit-in]]'' in [[piazza Navona]] per il [[12 maggio]], motivato dalla raccolta di firme alla proposta [[Referendum abrogativi del 1978 in Italia|dei referendum abrogativi]] e dal celebrare il terzo anniversario della vittoria nel precedente [[Referendum abrogativo del 1974|referendum sul divorzio]].
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