Intanto, parallelamente alla vita matrimoniale con la moglie Elfride, aveva intrapreso sin dagli anni di Marburgo una relazione sentimentale con la filosofa ebrea [[Hannah Arendt]], al tempo sua giovane allieva, caratterizzata dal forte ascendente del pensatore su di lei; la giovane studentessa riuscì a riconoscere solo molto più tardi il coinvolgimento di Heidegger col nazismo, e in ogni caso restò interiormente sempre devota al suo maestro, pur dissociandosi dalle sue idee politiche.
{{Citazione necessaria|Nel [[1987]] un libro di [[Victor Farias]] ha sollevato nuovamente la polemica}},<ref>Victor Farias, ''Heidegger et le nazisme'', Verdier, Lagrasse 1987; trad. it. di M. Marchetti e P. Amari, Bollati Boringhieri, Torino 1988.</ref> del resto mai sopita, sulla compromissione biografica e filosofica di Heidegger con la l'ideologia e la vicenda storica del nazismo. {{Citazione necessaria|Le tesi di Farias, tuttavia, sono state criticate a fondo da [[François Fédier]]}}, pensatore francese, allievo di Jean Beaufret, che ne ha denunciato la mancanza di basi documentali e l'intento esclusivamente diffamatorio.<ref>François Fédier, ''Heidegger e la politica. Anatomia di uno scandalo'', ed. it. a cura di Gino Zaccaria, trad. di Maurizio Borghi, Egea 1993.</ref> In ogni caso, {{Citazione necessaria|ancora oggi, molti ritengono che Heidegger non abbia mai pronunciato un'abiura esplicita riguardo al nazismo}};,<ref>Cfr. inAA.VV., realtà''Risposta a colloquio con Martin Heidegger'', trad. it. di Carlo Tatasciatore, pag. 5 e segg., Guida, 1992.</ref> sebbene egli hain realtà abbia fornito varie spiegazioni del suo coinvolgimento politico, come, ad esempio, in un'intervista al periodico tedesco ''[[Der Spiegel]]'',<ref>Parte dell'intervista è pubblicata ne ''Il colloquio di «Der Spiegel» con Martin Heidegger'', in AA.VV., ''Risposta a colloquio con Martin Heidegger'', ''op. cit.'', pag. 107 e segg.</ref> (pubblicata, per suo stesso volere, dopo la sua morte) .<ref>Si veda il [http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=796&Guid=b2c1be3496354d1e8d161db449ea3e64 Si veda un breve riepilogo nell'intervista a Nicolas Tertulian per l'Enciclopedia Multimediale delle scienze filosofiche].</ref>.
{{Citazione necessaria|Molte sono state le reazioni e le interpretazioni, in particolare di condanna, seguite al coinvolgimento politico del pensatore tedesco. Alcuni suoi allievi o discepoli, come ad es. [[Karl Löwith]] o [[Emmanuel Levinas]],<ref>Cfr. E. Levinas, ''Alcune riflessioni sulla filosofia dell'hitlerismo'' (1934), trad. it. Quodlibet, 1997.</ref> hanno preso le distanze sin dagli anni Trenta e Quaranta, sottolineando anche quanto l'esplicito anti-umanismo dell'opera heideggeriana abbia contribuito, in un certo senso, all'elaborazione di una un'ideologia [[totalitarismo|totalitaria]] negatrice dei [[diritti umani]], quale quella nazista. Altri, come [[H.G. Gadamer]], hanno preso le difese del maestro,<ref>Cfr. [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/05/22/heidegger-fu-un-gran-genio-senza-coraggio.html intervista a Gadamer], 22 maggio 2001.</ref> sottolineando la superficialità di molte accuse, spesso scarsamente documentate e tendenziose}},<ref>Cfr. Gadamer, ''Superficialità e ignoranza. In merito alla pubblicazione di Victor Farias'', in ''Risposta a colloquio con Martin Heidegger'', pag. 175 e segg., ''op. cit.''</ref> che non tengono conto di come Heidegger, nei suoi corsi degli anni '30, abbia anzi cercato di mostrare il fondamento nichilistico del nazismo, soprattutto in relazione al biologismo razziale.<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2011/aprile/16/Nelle_lezioni_del_filosofo_avvio_co_9_110416071.shtml Nelle lezioni del '33 il filosofo avviò lo strappo da Hitler].</ref>
Altri ancora, come [[Jürgen Habermas]], hanno preso una posizione per certi versi neutrale e maggiormente filosofica;<ref name="habermas">[[Jürgen Habermas]], ''Der Philosophische Diskurs der Moderne. Zwölf Vorlesungen'', Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1985. Tr. it.: ''Il discorso filosofico della modernità. Dodici lezioni'', Roma-Bari, Editori Laterza, 2ª ed. 2003, p. 159. ISBN 88-420-5239-6; ISBN 978-88-420-5239-5.</ref> {{Citazione necessaria|secondo [[Derrida]] il cosiddetto "«silenzio di Heidegger sul nazismo"» sarebbe scaturito dalla consapevolezza, da parte del filosofo, della propria inadeguatezza nel misurarsi criticamente con lo spirito di questa ideologia}}.<ref>Cfr. Derrida, ''Il silenzio di Heidegger'', in ''op. cit.'', pag. 183.</ref> Recentemente, l'intervista di Heidegger allo ''Spiegel'' è stata analizzata dal punto di vista filosofico e psicoanalitico, sulla base dei principi della decostruzione: in particolare, l'intervista è caratterizzata da una serie di lapsus che tradirebbero la "cattiva coscienza" del filosofo di fronte alla "questione ebraica".<ref>F. Dal Bo, ''La lingua malata. Linguaggio e violenza nella filosofia contemporanea'', Bologna, Clueb, 2008. ISBN 978-88-491-2841-3</ref>
La posizione di Heidegger nei confronti del nazismo rimane un argomento controverso, la cui discussione tra gli studiosi è ancora aperta.<ref>Così George Sans, ''Al crocevia della filosofia contemporanea'', Gregorian & Biblical Press, Roma 2012, pag. 208. ISBN 978-88-7839-160-4</ref>
===La "svolta" e gli ultimi anni===
[[File:Grab Heidegger.JPG|thumb|250px|La tomba]]
Alla caduta del regime nazista, per un'interdizione accademica predisposta dalle potenze occupanti nel periodo post-bellico, per alcuni anni fu allontanato dall'insegnamento, al quale {{Citazione necessaria|verrà riammesso nel [[1949]] su sollecitazione di [[Jaspers]], il quale era al corrente della compromissione di Heidegger col nazismo, ma ritenne ugualmente di prendere le sue difese}}.<ref>Cfr. AA.VV., ''Risposta a colloquio con Martin Heidegger'', trad. it. di C. Tatasciatore, pag. 44, Guida, 1992.</ref> Cessata l'interdizione, nel [[1947]] Heidegger pubblica ''[[Lettera sull'umanismo|La dottrina platonica della verità, con una lettera sull'umanismo]]'', in cui prende le distanze dall'[[esistenzialismo]] [[umanismo|umanistico]] in primo luogo di [[Sartre]], in quegli anni molto diffuso in [[Francia]]; a differenza di questo, infatti, la sua filosofia è volta principalmente alla riflessione sull'[[essere]].
Del resto è proprio in questo periodo che egli comincia a tracciare, attraverso una serie di saggi e conferenze poi riuniti in varie raccolte, i temi di una "svolta" intellettuale (''Kehre'') che sposterà la sua ricerca dai temi più prettamente esistenzialistici a quelli riguardanti la [[verità]] dell'[[essere]]; per adeguarsi a questa svolta, anche il linguaggio delle sue opere diverrà sempre più vicino a quello della [[poesia]] e dunque più oscuro e ambiguo. D'altra parte proprio il tema del linguaggio e della poesia sarà centrale in quest'ultima fase, come testimonia lo scritto ''In cammino verso il linguaggio'' del [[1959]], nonché gli incontri, avvenuti in quest'ultima fase della vita di Heidegger, con poeti come [[René Char]] e [[Paul Celan]]. Nel [[1969]] Heidegger, a 80 anni, accetta un'intervista televisiva, svolta da Richard Wisser per la Zdf; in questa intervista ed in altre conferenze ed interviste giornalistiche di questi ultimi anni, centrale è la questione della [[tecnica]], come evento dell'essere che scuote nel profondo l'uomo, minacciandolo nel suo stesso fondamento.<ref name="intervista">Heidegger, ''Ormai solo un Dio ci può salvare. Intervista con lo «Spiegel»'', a cura di A. Marini, Guanda, 1988.</ref> A ottantasette anni morirà a Friburgo, nel [[1976]].
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