Giosuè Carducci: differenze tra le versioni

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È questo il momento dell'inno "A Satana": un tributo alle conquiste della scienza e del progresso in genere; e di "Dopo Aspromonte", di "Ça Ira", di "Piemonte". Momenti fugaci che con l'andar del tempo e soprattutto con il sopravvenire di un maggior equilibrio interiore il poeta entra in un'area, forse più consona al suo io: la poesia dei ricordi e degli affetti, supportata da una cultura classica che in lui non era mai venuta meno. È questa l'epoca delle "Rime Nuove", dell'ammirazione della campagna toscana, degli amori giovanili mai dimenticati, degli affetti famigliari, dei sogni mitici dell'antica Ellade e della grandezza di Roma, dei desideri di un tempo e realizzati solo in parte. "Davanti a S. Guido" del [[1874]] e rivista nel [[1886]], segna l'avvio di un traguardo poetico che trova nell'antica poesia greca e nei ricordi più cari dell'infanzia il motivo più puro.
 
I cipressi costituiscono nell'intenzione poetica il coro della tragedia ellenica il quale intreccia con il protagonista, lo stesso poeta, un dialogo quanto mai problematico. Da un lato la tentazione di ritornare indietro nel tempo e assaporare nel paesaggio che lo videro fanciullo la dolcezza di sogni e di affetti, ormai perduta; dall'altro canto, da parte di Carducci che il treno sta trasportando lontano, il tentativo di resistere a quelle voci che gli fanno intravedere un sogno impossibile a realizzarsi, nonostante «vedi come pacato e azzurro è il mare/ Come ridente a lui discende il sol». E Pan, la divinità della solitudine campestre nell'ora assolata del meriggio, dissolverà tutte le sue pene. Da ultimo il personaggio della nonna dall'accento versiliese e che riposa nel piccolo cimitero alto sulla collina e gli vuole narrare, invano, ancora una volta, la novella della fanciulla che ha perduto il suo amato, vittima di un sortilegio. Ma nulla! Il poeta con il pianto nel cuore è trascinato via dal treno verso Bologna dalla sua Tittì, la cara bambina che l'aspetta.
 
Quelli della piena maturità sono gli anni della riflessione interiore, a seguito di lutti dolorosi che l'hanno colpito. "Pianto Antico" ricorda la morte del figlioletto Dante che, a sua volta, ricordava nel sacro nome del sommo Poeta, la tragica morte del fratello. L'uno e l'altro accomunati nel pianto di "Funere mersit acerbo"; e accanto a questi l'immagine della madre, rivivendola in "Sogno d'estate" tra i prati fioriti delle colline toscane assieme alla lontana visione del mare con nel cuore i sogni di un adolescente, attratto dalle letture omeriche. Il tutto immerso nella luce solare della prima estate, quando la vita promette ogni cosa.