Democrito: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Gianreali (discussione | contributi)
Gianreali (discussione | contributi)
Riga 33:
Alla base dell'ontologia di Democrito c’erano i due concetti di [[atomo]] e di [[vuoto (fisica)|vuoto]]. Democrito per certi aspetti sostituì l'opposizione logica [[scuola eleatica|eleatica]] tra essere e non essere con l'opposizione fisica tra atomo e vuoto: l’atomo costituiva l'essere, il vuoto rimandava in un certo senso al non essere. Per Democrito un atomo costituiva l'elemento originario e fondamentale dell'universo, nonché il fondamento metafisico della realtà fisica; ciò significava che gli atomi non venivano percepiti a livello sensibile (realtà fisica) ma solo su un piano intelligibile, ossia attraverso un procedimento intellettuale che scomponeva e superava il mondo fisico-corporeo. C'è da precisare che l'atomo democriteo non costituiva in sé un'intelligibilità pura, come sarà l'idea di Platone, in quanto esso possedeva un'essenziale consistenza materiale: tuttavia era pur sempre una realtà intelligibile poiché sfuggiva ai sensi e si coglieva solo mediante l'intelletto. La realtà degli atomi costituiva per Democrito l'[[arché]], quindi l’essere immutabile ed eterno. Gli atomi erano concepiti come particelle originarie indivisibili: essi cioè erano quantità o grandezze primitive e semplici (ovvero non composte), omogenee e compatte, la cui caratteristica principale è l'indivisibilità<ref> La parola atomo deriva dal [[Lingua greca|greco]] ἄτομος (''á-tomos''): non divisibile.</ref>.
 
Democrito, quindi, contrappose alla divisibilità infinita dello spazio geometrico, sostenuta da [[Zenone]] con i suoi paradossi (celebre tra tutti quello della corsa tra [[Paradosso di Achille e la tartaruga|Achille e la Tartaruga]]), l'indivisibilità dello spazio fisico, che trovava appunto nell'atomo un limite invalicabile. Gli atomi dunque, in quanto principio primo di ogni realtà, erano eterni ed immutabili: essi non erano stati generati né potevano essere distrutti, ma esistevano da sempre e sempre sarebbero esistiti. Gli atomi, però, in quanto particelle quantitative (quindi del tutto diversi dai semi qualitativi di [[Anassagora]]), costituivano il pieno, che rimandava necessariamente alla realtà di un [[vuoto]] in cui potersi collocare, in cui poter esistere. Il vuoto infinito costituiva quindi anch'esso una realtà originaria analoga a quella degli atomi, poiché rendeva possibile la loro esistenza: infatti gli atomi non sarebbero stati nemmeno pensabili senza uno spazio vuoto infinito entro cui potersi muovere incessantemente. In questo illimitato vuoto spaziale non esistevano più punti di riferimento, tanto è vero che il filosofo greco, quasi anticipando il moderno concetto di infinito fisico, così affermò: «non esiste basso né alto, né centro né ultimo, né estremo». Fin da [[Aristotele]], atomi e vuoto sono stati variamente interpretati; infatti, lo stesso Aristotele così si espresse nella sua [[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]: «[[Leucippo (filosofo)|Leucippo]] e il suo discepolo Democrito pongono come elementi il pieno e il vuoto, chiamando l'uno essere e l'altro non essere».
 
Di fronte alla realtà di qualcosa (l'atomo), Democrito avrebbe ammesso l'esistenza di un "non qualcosa", il vuoto appunto, il nulla inteso come spazio. Quindi il vuoto di Democrito non stava ad indicare l'esistenza del non essere ma più semplicemente la mancanza di materia, coincidente appunto con lo spazio. Pieno e vuoto costituivano pertanto i due principi originari a cui ricondurre l’esistenza di tutte le cose: l’uno rimandava all’altro, lo implicava necessariamente, poiché la realtà era il risultato della loro sintesi.