Democrito: differenze tra le versioni

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Il nome di Democrito è rimasto legato alla sua celebre teoria atomista considerata, anche a distanza di secoli, una delle visioni più “scientifiche” dell'antichità: l'atomismo democriteo infatti fu ripreso non solo da altri pensatori greci, come [[Epicuro]], ma anche da filosofi e poeti romani ([[Lucrezio]]) nonché da filosofi del tardo medioevo e dell'età rinascimentale. Come è stato rilevato da [[Theodor Gomperz]] e da altri studiosi, Democrito può essere considerato il “padre delle fisica”, così come [[Empedocle]] lo era stato per la chimica. [[Ludovico Geymonat|Geymonat]] afferma che “l’atomismo di Democrito […] ebbe una funzione determinante, nel XVI e XVII secolo, per la formazione della scienza moderna”.
 
Alla base dell'[[ontologia]] di Democrito c’erano i due concetti di [[atomo]] e di [[vuoto (fisica)|vuoto]]. Democrito per certi aspetti sostituì l'opposizione logica [[scuola eleatica|eleatica]] tra essere e non essere con l'opposizione fisica tra atomo e vuoto: l’atomo costituiva l'essere, il vuoto rimandava in un certo senso al non essere. Per Democrito un atomo costituiva l'elemento originario e fondamentale dell'universo, nonché il fondamento metafisico della realtà fisica; ciò significava che gli atomi non venivano percepiti a livello sensibile (realtà fisica) ma solo su un piano intelligibile, ossia attraverso un procedimento intellettuale che scomponeva e superava il mondo fisico-corporeo. C'è da precisare che l'atomo democriteo non costituiva in sé un'intelligibilità pura, come sarà l'idea di Platone, in quanto esso possedeva un'essenziale consistenza materiale: tuttavia era pur sempre una realtà intelligibile poiché sfuggiva ai sensi e si coglieva solo mediante l'intelletto. La realtà degli atomi costituiva per Democrito l'[[arché]], quindi l’essere immutabile ed eterno. Gli atomi erano concepiti come particelle originarie indivisibili: essi cioè erano quantità o grandezze primitive e semplici (ovvero non composte), omogenee e compatte, la cui caratteristica principale è l'indivisibilità<ref> La parola atomo deriva dal [[Lingua greca|greco]] ἄτομος (''á-tomos''): non divisibile.</ref>.
 
Democrito, quindi, contrappose alla divisibilità infinita dello spazio geometrico, sostenuta da [[Zenone]] con i suoi paradossi (celebre tra tutti quello della corsa tra [[Paradosso di Achille e la tartaruga|Achille e la Tartaruga]]), l'indivisibilità dello spazio fisico, che trovava appunto nell'atomo un limite invalicabile. Gli atomi dunque, in quanto principio primo di ogni realtà, erano eterni ed immutabili: essi non erano stati generati né potevano essere distrutti, ma esistevano da sempre e sempre sarebbero esistiti. Gli atomi, però, in quanto particelle quantitative (quindi del tutto diversi dai semi qualitativi di [[Anassagora]]), costituivano il pieno, che rimandava necessariamente alla realtà di un [[vuoto]] in cui potersi collocare, in cui poter esistere. Il vuoto infinito costituiva quindi anch'esso una realtà originaria analoga a quella degli atomi, poiché rendeva possibile la loro esistenza: infatti gli atomi non sarebbero stati nemmeno pensabili senza uno spazio vuoto infinito entro cui potersi muovere incessantemente. In questo illimitato vuoto spaziale non esistevano più punti di riferimento, tanto è vero che il filosofo greco, quasi anticipando il moderno concetto di infinito fisico, così affermò: «non esiste basso né alto, né centro né ultimo, né estremo». Fin da [[Aristotele]], atomi e vuoto sono stati variamente interpretati; infatti, lo stesso Aristotele così si espresse nella sua [[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]: «[[Leucippo (filosofo)|Leucippo]] e il suo discepolo Democrito pongono come elementi il pieno e il vuoto, chiamando l'uno essere e l'altro non essere».
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<br />Come si è già accennato, gli atomi possedevano il movimento come loro caratteristica intrinseca: essi infatti si muovevano eternamente e spontaneamente nel vuoto, incontrandosi e scontrandosi. Il divenire del [[cosmo]] e della [[natura]] e la molteplicità degli [[ente (filosofia)|enti]] erano dovuti proprio a questo incessante movimento da cui tutto si formava per poi disgregarsi. Il movimento quindi costituiva una proprietà intrinseca e spontanea degli atomi e, come tale, non era generato da una causa esterna ad essi: spontaneamente, per loro natura, essi si muovevano<ref>[[Epicuro]], un filosofo atomista successivo, disse che gli atomi si muovevano a causa del loro peso</ref>.
 
In questo eterno e naturale movimento degli atomi di Democrito alcuni studiosi hanno visto una sorta di primitiva intuizione del [[principio di inerzia]]. È stato notato che «il [[principio di inerzia]], fondamento della [[Galileo Galilei|dinamica galileiana]], dice pressappoco la stessa cosa: afferma infatti che il moto rettilineo uniforme non richiede la presenza di alcuna causa che lo provochi; solo dove si ha accelerazione deve esserci una causa che lo produce» (Geymonat). In Democrito, come osservò Aristotele, era assente il concetto di una causa del movimento; non era chiaro «il perché del movimento, né di quale specie esso sia né la causa per cui il movimento avviene in un modo o in un altro»{{citazione necessaria}}.
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Come abbiamo già detto, gli atomi democritei, essendo definiti come quantità infinitesime, erano del tutto privi di determinazioni qualitative: sono fatti tutti della medesima materia, ma differiscono per quanto riguarda gli aspetti quantitativi, vale a dire forma, ordine e posizione. <br />