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Il fenomeno del '''reimpiego''' in [[architettura]] e [[storia dell'arte]] è costituito dal riutilizzo di materiale antico in costruzioni più recenti.
Il riutilizzo di [[materiale edilizio]] tratto da costruzioni precedenti non più in uso, è comune in tutta la storia umana, ma il fenomeno del reimpiego assunse precisi caratteri artistici nell'ambito dell'[[architettura romana]] di epoca [[Impero romano#La tarda età imperiale|tardoantica]] e in seguito in tutta l'epoca [[Medioevo|
La pratica fu particolarmente diffusa a [[Roma]], ma anche a [[Costantinopoli]] (per esempio le sculture esterne della chiesa di [[Panagia Gorgoepikoos]] ad [[Atene]]), nell'occidente medievale (ad esempio i fusti in [[Porfido rosso antico|porfido]] della [[Carlo Magno|carolingia]] [[Cappella palatina di Aquisgrana|cappella palatina]] di [[Aquisgrana]]) e nel mondo [[islam]]ico
L'interpretazione del fenomeno si alterna tra l'ipotesi "ideologica" e quella "pragmatica". Il punto di vista "ideologico" descrive il riuso di elementi scultorei o architettonici tratti da monumenti di imperi o dinastie precedenti sia in senso "trionfale", come "spoglie" di nemici vinti, sia in senso di rinnovo, come riappropriazione delle glorie del passato, mentre il punto di vista "pragmatico" sottolinea l'economicità di riutilizzare materiali già pronti a confronto con la produzione di nuovi blocchi. Questi due aspetti, comunque, non si escludono a vicenda e ogni singolo caso deve essere valutato diversamente nel suo particolare contesto storico.
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Il materiale proveniente da edifici antichi iniziò ad assumere, in aggiunta al valore intrinseco della materia prima, il valore che gli derivava dalla sua antichità
==Il reimpiego in epoca
[[Immagine:San Giorgio in Velabro - Interno.JPG|thumb|right|250px|Interno della chiesa di San Giorgio in Velabro, con fusti e capitelli provenienti da diversi edifici romani.]]
In epoca
Le [[Chiesa (architettura)|chiese]] [[Cristianesimo|cristiane]] riadoperarono spesso nei colonnati fusti, capitelli e basi provenienti da edifici pagani.
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