[[File:Vilhelm Pedersen, Nissen 2, ubt.jpeg|thumb|left|200px|Illustrazione di Vilhelm Pedersen per una fiaba di Andersen]]
In fondo, anche il "lieto fine " dei racconti, quando compare, suona ambiguo, quanto meno volutamente duplice per il pubblico dei ragazzi e quello degli adulti: la gioia dell'anatroccolo mutato in cigno induce piuttosto il lettore a riflettere se la vera felicità del protagonista non risiedesse piuttosto nella sua vita precedente, quando nuotava nel fango a contatto con la più profonda essenza della natura, anziché nel superbo, appagante distacco della sua nuova condizione<ref>cfr. voce Andersen, in Enciclopedia Tematica, vol. 12, tomo I°, Letteratura, Garzanti, Milano, 2006</ref>. Allo stesso modo, in cui ambivalenti sono, all'occorrenza, gli "infelici" finali: edificante, e in ultima analisi tranquillizzante, è la morte drammatica la notte di Capodanno della "piccola fiammiferaia" che consuma a uno a uno i suoi cerini per scaldarsi le mani, i quali le procurano, per converso, visioni straordinarie in cui la nonna la chiama in Paradiso. Più di un critico ha trattato questo aspetto, dandone un'interpretazione di natura "ideologica", quale esito di una visione cristiana intrisa dei" buoni sentimenti" tipici della morale di una borghesia in ascesa, fiduciosa, ottimista, sicura di sé "a cui nessuno aveva ancora svelato con la critica la sua ipocrisia"<ref>cfr. Antonio Lugli, in ''Storia della letteratura per la gioventù'', Firenze, 1966</ref>. Ancora in relazione a "La piccola fiammiferaia", ma per esteso alla produzione fiabesca di Andersen, una osservazione di [[Luigi Santucci]]<ref>cfr. L.Santucci in ''La letteratura infantile'', Milano, 1958</ref>: (il bimbo che legge)" "assomma al suo ottimismo anche una fiducia finale, la certezza di un paradiso che non afferra bene in cosa consista, ma che comprende vada conquistato con un mansueto amore alla propria condizione. Ed è l'avvento di uno dei più preziosi sentimenti per vivere la vita (...) appunto una persuasione alla vita, un fornire sentimenti atti a conservare una felicità che resista ai mali dell'esistenza è il fondo dell'arte anderseniana". Scrive ancora [[Lina Sacchetti]]<ref>cfr. L. Sacchetti, in ''Storia della letteratura per ragazzi'', Firenze, 1962, pp. 153/164</ref>: " la conclusione è sempre vittoria o premio meritati per le qualità morali messe in azione dai protagonisti, oppure è punizione per i loro difetti e le loro colpe, spesso con duplice significato". Osservazioni sicuramente fondate, ma che in qualche modo danno conto, come suggerisce Gianni Rodari<ref name=autogenerato4>cfr. in ibidem, cit.</ref>, piuttosto della storia letteraria che non dell'essenza dei racconti.
=== "Il doppio": l'incertezza esistenziale in una "rivoluzione" epocale ===
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