Carmine Crocco: differenze tra le versioni

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==Le memorie==
[[File:Carmine Crocco (schizzo).jpg|right|thumb|150px|Crocco nel carcere di Santo Stefano, schizzo di [[Pasquale Penta]]]]
Durante la sua detenzione, il brigante iniziò la stesura della sua autobiografia, realizzata in due manoscritti (in realtà ne furono tre, ma uno di essi, in possesso del professor [[Pasquale Penta]], venne da questi smarrito).<ref>{{cita|Cinnella|p. 21}}.</ref> Il più noto è quello elaborato con l'ausilio di Eugenio Massa, un capitano del [[regio esercito]], interessato a farsi raccontare gli avvenimenti di cui era stato protagonista.
 
Massa pubblicò il racconto di Crocco, allegando l'interrogatorio di Caruso, in un libro denominato ''Gli ultimi briganti della Basilicata: Carmine Donatelli Crocco e Giuseppe Caruso'' ([[1903]]). L'opera fu ripubblicata più volte nel dopoguerra da diversi autori quali [[Tommaso Pedio]] (Manduria, Lacaita, [[1963]]), Mario Proto (Manduria, Lacaita, [[1994]]) e Valentino Romano (Bari, Adda, [[1997]]). L'altra versione autobiografica, che non subì alcuna revisione linguistica, venne pubblicata dall'antropologo Francesco Cascella nell'opera ''Il brigantaggio: ricerche sociologiche ed antropologiche'' ([[1907]]), con la prefazione di [[Cesare Lombroso]].