Metilde Viscontini Dembowski: differenze tra le versioni
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Forse, come sospettava Stendhal, Metilde aveva una relazione con il conte Giuseppe Pecchio, ed entrambi erano affiliati alla ''Società dei Federati'', un circolo cospirativo legato ai liberali piemontesi, che si proponeva di suscitare un'[[Moti del 1820-1821|insurrezione]] a Milano contando sull'appoggio del [[Carlo Alberto di Savoia|principe di Carignano]]. Federati erano quasi tutti gli amici di Metilde, Federico Confalonieri e la moglie Teresa Casati, Giuseppe Vismara, [[Giovanni Arrivabene]], Pietro Borsieri, [[Benigno Bossi (patriota)|Benigno Bossi]], Gaetano de Castilla, i cugini [[Emanuele Marliani]] e Bianca Milesi, Camilla Besana Fé, Maria Frecavalli. Le donne erano chiamate «maestre giardiniere».
A seguito della denuncia di Carlo de Castilla, fratello di Gaetano, Confalonieri fu arrestato il [[13 dicembre]] [[1821]] e fece i nomi dei complici, tra i quali figuravano Metilde e Stendhal, allora già rientrato in Francia. Metilde fu arrestata il [[24 dicembre]] [[1821]], la sua casa fu perquisita e vi furono trovate lettere di Giuseppe Vismara, allora rifugiato a [[Torino]], nelle quali lei risultava tramite di spostamenti di denaro tra un fratello di Giuseppe Pecchio e lo stesso Vismara. Non avendo ammesso nulla, fu rilasciata il giorno dopo ed ebbe così tempo per accordarsi con il Pecchio per dare un'innocua giustificazione alle contestazioni degli inquirenti, che la interrogarono nuovamente il [[26 dicembre]] senza poter raggiungere prove sufficienti di un suo coinvolgimento nella congiura. Fu messa comunque per un breve periodo agli arresti domiciliari.<ref>B. Pincherle, «Metilde nel processo dei carbonari», in ''In compagnia di Stendhal'', Milano 1967, p. 185</ref>
Durante gli interrogatori la Viscontini diede prova di grande coraggio e intelligenza, negando ogni coinvolgimento e premurandosi soprattutto di non mettere nei guai nessuno dei suoi amici. Il resoconto di Bruno Pincherle, che ha visionato e pubblicato i verbali, è l'emblema di una personalità forte, dotata di un acume e una maturità sorprendenti in una persona poco più che trentenne : «Nel corso dei due esami, Metilde è riuscita a non compromettere con una sola parola i suoi amici già arrestati [...] negando anche la conoscenza dei fatti più evidenti [...] Nelle sue risposte, è apparsa sempre guardinga e controllata, perfettamente consapevole del pericolo che ogni più piccola imprudenza comporta. A differenza di tanti altri inquisiti di questo processo, essa sa che tutte le circostanze hanno un peso».<ref>B. Pincherle, cit., pp. 184-185</ref>
Metilde morì di [[Tabe dorsale|tabe]] nel [[1825]], a soli 35 anni, in casa della cugina Francesca Milesi, e fu sepolta nel cimitero di San Gregorio. Quando questo fu dismesso alla fine dell'Ottocento, i suoi resti andarono dispersi come quelli di altri illustri cittadini, [[Andrea Appiani]], [[Vincenzo Monti]], [[Carlo Porta]].
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