Timone di Fliunte: differenze tra le versioni
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Timone riproduce fedelmente il pensiero del suo maestro e si deve a lui se conosciamo la dottrina di Pirrone poiché questi, seguendo l'esempio socratico, non aveva lasciato nulla di scritto. Secondo Aristocle non vi sono differenze tra il pensiero di Timone e quello del suo maestro ma c'è da considerare che egli mettendo per iscritto la sua filosofia fu costretto ad esporla in maniera più rigorosa e a confrontarla con quella degli altri filosofi rendendo così il pensiero scettico più organizzato sistematicamente e più ampiamente diffondibile.<ref>Giovanni Reale, ''Il pensiero antico'', Vita e Pensiero, 2001, p.207</ref>
{{Quote|Timone afferma che chi aspira alla felicità deve tendere a queste tre cose: in primo luogo a rendersi conto della natura delle cose, in secondo luogo ad assumere un adeguato comportamento nei confronti di queste, e, infine, a capire cosa accadrà a quelli che così abbiano agito. Aristotele osserva che, per quanto concerne le cose, Timone le dichiarava tutte quanti indifferenti, instabili e non-giudicabili e aggiungeva, perciò, che né i nostri sensi né le nostre opinioni sono nel vero o nel falso. Per questo motivo, allora, non si deve prestar fede né ai sensi né alle opinioni, ma dobbiamo essere privi di opinione, non essere inclini a nessuna soluzione e non lasciarci scuotere da nulla, ma dobbiano dire, a proposito di ogni cosa particolare, che essa esiste "non più" che non esista, oppure che essa "è e non è" e non semplicemente che essa non è. E Timone sostiene che a quanti si trovano in questa disposizione d'animo consegne anzitutto l'afasia e, in secondo luogo, l'imperturbabilità. <ref>Aristocle in ''Eusebio'', P.E. 758 d</ref>}}
Timone affermava che per essere felice l'uomo dovrebbe conoscere tre cose<ref>{{cita libro|Massimo | di Marco | Timone di Fliunte, Silli, Volume 10 di Testi e commenti| 1989| Edizioni dell'Ateneo}}</ref>,
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Secondo Timone è impossibile conoscere queste tre cose, quindi l'unico atteggiamento possibile è quello di non pronunciarsi su alcunché (''[[afasia]]'')<ref>{{cita libro|Guido | Voghera | Timone di Fliunte e la poesia sillografica, breve studio critico-espositivo| 1904 | Fratelli Drucker}}</ref>.
“Timone afferma che chi aspira alla felicità deve tendere a queste tre cose: in primo luogo a rendersi conto della natura delle cose, in secondo luogo ad assumere un adeguato comportamento nei confronti di queste, e, infine, a capire cosa accadrà a quelli che così abbiano agito. Aristotele osserva che, per quanto concerne le cose, Timone le dichiarava tutte quanti indifferenti, instabili e non-giudicabili e aggiungeva, perciò, che né i nostri sensi né le nostre opinioni sono nel vero o nel falso. Per questo motivo, allora, non si deve prestar fede né ai sensi né alle opinioni, ma dobbiamo essere privi di opinione, non essere inclini a nessuna soluzione e non lasciarci scuotere da nulla, ma dobbiano dire, a proposito di ogni cosa particolare, che essa esiste "non più" che non esista, oppure che essa "è e non è" e non semplicemente che essa non è. E Timone sostiene che a quanti si trovano in questa disposizione d'animo consegne anzitutto l'afasia e, in secondo luogo, l'imperturbabilità”. (Aristocle in Eusebio, P.E. 758 d)
== Note ==
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